l'uomo che guarda passare i treni
non dispera di raggiungere l'irraggiungibile.
(Luca Curatoli)
Il ticket non l’aveva pagato. Né lo avrebbe pagato mai.
Stava lì, l’uomo che guardava passare i treni.
Da quanto era lì, non lo sapeva nemmeno lui. Unico viaggiatore in un sala d’aspetto che non aspettava nessuno, tranne quelli come lui.
Una sala d’aspetto calpestata da millepiedi umani, che come insetti frettolosi viaggiavano davvero, vivevano davvero o perlomeno lo supponevano, e si salutavano e sostavano e ripartivano e ogni volta alla ventura della loro vita.
No, il ticket era una cosa di lusso, lui non lo avrebbe pagato mai il ticket.
Il ticket delle cose finite, degli scopi, dei desideri, supponeva una mèta, un nome, un luogo.
Non ce l’aveva un luogo lui, o se lo aveva lo percepiva come spazio, lo spazio di una sala d’aspetto che aspettava anche essa un tipo come lui, chissà.
Una specie di signor Godot, dove l’irraggiungibile a volte non ha nome, né luogo, né definizione.
Solo la speranza di sentirlo e concepirlo. L’irragiungibile.