CIAO, A DOMANI/TRAMONTI - SELVA

Ciao, a domani
(l'udito)  

Che ore sono? Accidenti,  solo le cinque, mi sarò svegliato per qualche motivo strano. No,  è la persiana che sbatte senza tregua. Oggi il vento urla, resto affacciato un poco ad ascoltarlo, ma è freddo
Mi fermo ancora alla finestra, intontito dal sonno e affascinato dai mulinelli di cartacce in strada. Temporeggio,  ondeggiando come le fronde di quel salice, resto a sbattere nei panni ancora stesi… mi sei tornata in mente: mi hai detto  "ciao, a domani"  e oggi è già domani.
Me lo hai detto come fosse  un - ti amo -  ed io so che lo era. Risento la tua voce sicura che nasconde bene paure e dubbi e sa farsi carico dei silenzi  interrotti.
Nessun timore  e neppure incertezze:  tu sai di non parlare al vuoto, sei la mia donna, sai che non perderei neppure il sibilo d'un tuo respiro, non più.
Ho freddo, questo vento mi trattiene a morir di te nel gelo mattutino. Tornerò a dormire.
"ciao, a domani" non mi lascia, sorrido al fruscìo delle lenzuola che i miei continui movimenti producono nel buio solitario.
Vorrei che la mia mente non dimenticasse la tua voce, vorrei vederci vecchi a una panchina e ancora sentire questo "ciao, a domani"  che scambierei con un'onda irripetibile del mare,  unica come ogni tua parola pronunciata. Sì, scambierei quell'onda, fosse anche l'ultima della mia vita.
Ripasso la tua voce, la custodisco tra il cuscino e la mia pelle "ciao, a domani" .

Mio padre sta già trafficando in cucina tra tazzine  e caffettiera.
Mi ripeterà anche oggi  "da quando mamma se n'è andata questa casa è troppo silenziosa".  
Si dispera, non vuole sentire le mie parole e neppure la mia voce. Non vuole più affacciarsi ad ascoltare i bambini giù in strada, non vuole nessuna carezza dalla vita che resta.
Ieri, tra una mozzarella e un'insalata mangiate senza voglia, si è fermato con la mano sospesa a mezz'aria,  il boccone ancora infilzato alla forchetta,  gli occhi persi nel vuoto  "sai, ci pensavo prima, non riesco a risentire la voce della mamma, non so immaginarmela.  E' tutta colpa mia, sono un vecchio inutile anche nel suo ricordo".

Il vento si è calmato, sono già le sette:  mi alzo.
Forse il nostro domani renderà mute di stanchezza le tue labbra o forse il mio udito sarà affievolito e l'attenzione sbiadita, ma ritroverò ancora la tua voce che mi dirà  "ciao, a domani"  intatta nella mente.

"Gennaro,  sei sveglio? Vieni,  il caffè è pronto. Dai, vieni a sederti qui in cucina… c'è già troppo silenzio , anche oggi".

Papà mi chiama, tra mezz'ora vengo a prenderti,  oggi è già domani.

 

(il tatto)

Luisa è al volante, le tremano le mani. Ha paura.
Come si è potuta tradire così? Lui ha letto…  ha scoperto tutto!
Ora andrà a casa ma ha paura, paura di quel che troverà:  valige pronte, porte chiuse, vita spezzata, cosa?
Squilla il cellulare:  un tonfo al cuore,  legge al display "Dario".  E' lui, dio mio è lui.
"si, pronto"
"stai tornando a casa? E' meglio di no, sono troppo incazzato, potrei farti male"
"pazienza, Dario, succederà quel che deve ma io devo spiegarti che tu lo voglia o no"
"sei una puttana!"
"…arrivo tra dieci minuti"
Semaforo rosso.  Luisa ripensa al corpo di Dario, alle sue mani.  Ha paura, sa che potrebbe farle male davvero, se solo lo volesse. Ha paura anche se quelle mani  per lei hanno avuto solo carezze, sono state riparo per il suo viso coperto di lacrime e culla per i loro figli.

"Pronto,  mamma? Puoi  tenere tu i bambini questa notte?  Io e Dario questa sera dobbiamo restare da soli,  abbiamo un problema.  Grazie, mamma, a domani allora. Dai un bacio a papà , salutami i  bambini,  li chiamo per la buonanotte. Ciao"

Svolta a destra, garage, ascensore, chiavi, paura.
Silenzio.
Luisa tace, i suoi occhi saettano alla ricerca della figura che presto  vede stagliata contro la finestra e lo chiama:
"Dario…"
Ma lui non si volta, non parla, ha le braccia abbandonate ai fianchi e l'aspetto smarrito.
Luisa  non sa cosa dire, cosa fare.  Come giustificarsi, come non perderlo?
Si avvicina a lui, posa la sua mano su quella spalla così imponente rispetto a lei.
"leva quella mano e non toccarmi, mi fai schifo"
"ti prego Dario, parliamone almeno, poi deciderai ciò che vuoi"

Questa è la scena, questi  i presupposti.
La donna malgrado lui abbia inveito aspramente verso di lei non stacca la sua mano, lui si siede rassegnato e lei parla, continua a parlare. Instancabili le mani accarezzano i capelli di quell'uomo, il viso.
La sera scende e alla finestra l'azzurro si fa acceso di rosso, poi viola e cede al bruno mentre la figura femminile si dispera e piange. Ora è lui ad accarezzarle il volto, asciuga le lacrime con i polpastrelli,  delicatamente segue i contorni del suo viso.
Si abbracciano e le mani si fanno corpo, respiri e indumenti a volare.  Pelle da accarezzare, istinto di vita e conoscenza intima.
E' mattino, nell'aria il profumo di corpi innamorati e carezze ritrovate. L'alba rischiara un angolo della stanza.
Li troveranno quando nuovamente il viola tingerà la finestra:   lei sembrerà addormentata.
Lui,  seduto ad osservare le sue mani, dirà soltanto "l'avevo già persa".

1) Ciao, a domani - (l'udito)
Una promessa di un appuntamento, oggi che è già domani. Gennaro si sveglia e le parole di lei le sente, in mezzo allo sbatacchiare delle imposte e allo sbattere dei panni stesi. La sua voce, la voce di colei che lui ama, che tiene dentro di sé, la custodisce, se la fa rotolare dentro per non dimenticarla e per non perderla. A differenza del padre, che non riesce a ricordare la voce della moglie, della quale sente solo la voce-assenza e si incolpa, accusa se stesso di questa dimenticanza attribuendola alla vecchiaia. Non ci dici, PDG, se la moglie è morta o se è semplicemente andata via, ci dici solamente che la sua assenza ha fatto sprofondare la casa nel silenzio. Ma Gennaro è convinto che la voce di lei, della sua donna, mai potrà diventare voce silenziosa, perchè quel sussusso "ciao, a domani" sarà per sempre nella sua mente, a ricordarle la promessa per un futuro. Futuro che nel racconto sarà di lì a mezz'ora, perchè oggi è già domani. Una chiusa splendida, PDG.
Di questo racconto mi piace l'impostazione: il presente, il ricordo del passato, il ritorno al presente, al quotidiano, tra l'altro perfettamente "visto" con quella mozzarella e insalata mangiate senza voglia, descrizione perfetta, a mio avviso, dell'arrendevoleza, dell'apatia, del padre.

2) Tramonti - (Il tatto)
Una pagina per la quale ho l'invidia formale di non averla scritta io. Ti basta, PDG?
Perchè hai preparato la scena, mi hai fatto sentire l'agitazione di Luisa a seguito della scoperta del suo tradimento. Luisa che è madre prima di tutto, che tutela i propri figli da quella che sa essere per certo un chiarimento non facile con Dario. Non facile perchè le mani di Dario possono fare male quanto possono regalare carezze. Nella telefonata alla madre ci leggo tutta la complicità tra una madre e una figlia: una madre che comprende che il tenere i bambini quella sera è necessario a Luisa...
Svolta a destra, garage, ascensore, chiavi, paura.
Sette parole, solo sette parole: una scena intera, piena dello stato d'animo di Luisa, che ora è in casa, osserva Dario di spalle mentre cerca le parole per non perderlo. Lei ama Dario e non vuole che una storia qualsiasi che le ha valso l'appellattivo di puttana, getti alle ortiche il suo matrimonio. Il tatto delle mani di Luisa a carezzarlo, instancabili, poi le mani di Dario ad accarezzare lei: un sospiro di sollievo! Hanno trovato le parole giuste, hanno fatto l'amore e nell'aria il profumo del loro corpi.
No.
Il coup de théâtre finale, il tramonto è tornato a dipingere nuovamente il cielo al di là delle finestre, ci fai capire il tempo che è passato e che ha fatto sì che qualcuno, i genitori di lei forse, li vada a cercare e trovano Dario, seduto, a guardarsi le mani che hanno dato sì il tocco dell'amore ma anche il colpo finale della morte.
Da standing ovation, PDG, complimenti di cuore e grazie.