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 raccontino - terzo di tre

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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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MessaggioTitolo: raccontino - terzo di tre   raccontino - terzo di tre Icon_minitime19/3/2008, 01:51

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-Lei è cieco?- provai a chiedere. Non rispose. -Non può essere sordo!- mi dissi, quasi ridendo dell'idea. Lo presi per una spalla e, nuovamente, ebbe una specie di sussulto: -Non capisco cosa stia accadendo- Per un attimo mi guardò negli occhi, come se mi vedesse per la prima volta. Ero certo che mi avesse veduto, ma il suo sguardo si perse nuovamente dietro di me.
Gli andai alle spalle, per vedere una qualche reazione. Non ce ne furono. Infilò la chiave, con estrema tranquillità, quindi entrò nella stanza e richiuse la porta, senza una parola.
-Pazzesco, pazzesco...è un manicomio!- sbottai. Dovevo fare qualcosa, tutto ciò era incredibile e cominciavo ad aver paura. Mi sentivo come perso, isolato. Mi avviai verso l'ascensore, poi mi fermai davanti ad una delle prime porte e bussai:
-Avanti, prego- rispose una voce dall'interno. La tensione si scaricò di colpo. Entrai nella stanza: era grande, con pochi mobili, arredata tipo ufficio, con scrivania, poltroncine, divani, schedario e quant'altro necessario allo scopo.
-Buongiorno- dissi, carico di speranze. Speranze che morirono all'istante. L'uomo era seduto dietro la scrivania. Guardò un attimo verso di me, con uno sguardo sorpreso, poi abbassò gli occhi e si mise a scrivere.
Provai a parlare ma senza risultato; solo scuotendolo fisicamente ottenevo un minimo di attenzione che durava, però, pochi secondi.
Così fu con tutti gli altri.....impiegati? Sbattei le porte, urlai, imprecai, ma senza alcun risultato. Non sapevo se essere depresso, disperato o angosciato, anche se provavo una gran voglia di ridere:
-Ma che posto è questo? E voi chi siete, cosa volete?- Mi avvicinai all'ascensore deciso ad andarmene per la stessa via con la quale loro erano arrivati. D'altra parte non c'erano altre vie, tranne la scala, che andava al piano superiore. Pigiai ripetutamente, ma l'ascensore non si mosse. Battei i pugni sulle porte, senza risultato.

-Bene- dissi -Vediamo cosa c'è di sopra- Salii velocemente la rampa di legno ed arrivai sul piccolo soppalco. Ora avevo davanti una sola porta. Mi apprestai ad aprirla...
-Si accomodi- anticipò un voce dall'interno, calda e tranquillizzante. C'era un uomo nella stanza, un uomo sulla sessantina, vestito di bianco, canuto e sorridente.
-Si segga, prego- continuò. Entrai, quasi sospirando di sollievo. Il locale era enorme, troppo pensai. Era un ufficio e un laboratorio insieme. A destra del divano, dove l'uomo sedeva, si stagliava un grande macchinario per la tessitura. Rocchetti di filo erano accatastati in terra e numerosi fili colorati scendevano dalle mensole a muro. Una vetrata, in fondo al locale, occupava l'intera parete, circa dieci metri per quattro, inondando la stanza di luce, tanto che dovetti socchiudere gli occhi. C'erano anche scrivanie, tavoli da disegno e altre macchine che non riconoscevo. L'uomo stava sopra un divano, al centro del locale. La sistemazione degli oggetti e dei mobili sembrava casuale, fuori posto. Non sapevo da dove cominciare, fermo davanti a lui e in piedi, fuori posto anch'io:
-Credo di essermi perduto...non capisco.... e tutte quelle persone che...-
-Lo so- m'interruppe. -So chi è lei e cosa cerca. Ora stia tranquillo. Capisco che è turbato, ma è sulla strada giusta. Non ha ancora trovato ciò che cerca, ma ora sa che esiste la strada, la vede insieme alle altre; deve solo imboccare quella giusta-
-Ma dove sono? E lei chi è?-
-E' a casa sua, non vede?- Mi guardai attorno e, come un flash, mi trovai circondato dai miei oggetti, dalle mie cose, ma fu un attimo e tutto tornò come prima.
-Io sono l'Osservatore. Curo che tutto proceda e funzioni-
Non è che queste parole mi aiutassero più di tanto. Sentivo, dentro di me, crescere una reazione forte, un vortice di domande incontrollate, che si spegnevano subito, come se conoscessi le risposte e non volessi sentirle.
-Posso aiutarla. Immagino le sue perplessità. Gli Interlocutori, gli uomini grigi, come lei li ha definiti. E' questo?-
-E' questo e tutto il resto. Passavano senza vedermi...... eppure esisto! Lei mi vede!- esclamai, toccandomi con forza i polsi, quasi a dimostrare quanto asserivo.
-Esiste? E' certo di ciò? Lei ha perduto qualcosa o non l'ha mai avuta e questa mancanza la rende, per così dire, una Assenza-Presente. Nessuno può vedere ciò che lei non vede, né credere a ciò cui lei non crede. La latenza è una condizione personale che viene recepita all'esterno e, allora, prende forza e diviene reale. Finché resterà latente per sé stesso, l'esterno si adatterà a questa situazione, escludendola. Gli altri non possono vederla, non possono cogliere la sua presenza, finché lei non avrà ricomposto i frammenti dispersi-
Ebbi la precisa sensazione di stare nel mio letto, nel momento stesso in cui aprivo gli occhi. La poca luce della stanza mi rimandava pezzi di memoria. Sentivo che quello era il mio letto, quelli i miei due cuscini, gettati a caso....
-L'Osservatore!- esclamai con angoscia.
Allungai la mano verso il comodino, sentii la corda e spinsi il pulsante. Si accesero tutti i neon dello stanzone. Davanti a me splendeva, di riflessi lucidi, la porta nera. Stavo in piedi, a circa un metro dalla maniglia, neanche troppo meravigliato.
-Ci risiamo- mi dissi, chiedendomi quale fosse il sogno.
Entrai, proprio nel momento in cui l'ascensore scaricava altri Interlocutori. Tutto si ripeté compostamente: i miei gesti e loro indifferenza. Imboccai la scala di legno e salii. C'era una donna nella stanza, intenta a filare.
-Dov'è l'Osservatore?- chiesi senza frapporre indugi. La donna si voltò sorridente. Aveva un'età indefinibile, né giovane, né vecchia. Sembrava una foto dei vecchi tempi che, all'improvviso avesse preso corpo e vita.
-Bentornato- disse la donna. -Sono la Tessitrice. E' con me che devi parlare- Ero stanco e non avevo voglia di spiegare ancora. Mi buttai sul divano, rimanendo silenziosamente a guardarla. Mi ricordava qualcuno, ma non sapevo chi.
-Hai ricomposto i frammenti dispersi?- sussurrò, quasi con pudore, la donna, seguitando a manovrare la macchina.
-Quali frammenti?- chiesi esasperato, più a me che a lei. -Perché? Che significa tutto ciò?- La donna avvolse un ultimo filo, spense la macchina e si sedette sul divano, al mio fianco:
-Cambiare vita? Cambiare noi stessi? No! Non è facile. Ci si può smarrire, perché quando si decide di cambiare, di affrontare la verità, coglierla e risolverla, si devono vedere le cose in modo diverso. Tanto diverso che si arriva a credere di vivere in un mondo anch'esso diverso e incomprensibile, colmo di oggetti e persone sconosciute-
-Io sto vivendo tutto ciò!- esclamai a confermare le sue parole.
-Si, certo! Lo so e conosco i turbamenti, i passaggi, i necessari dolori e le paure. Questo è cambiare se stessi. Se si vuole cambiare è necessario che, insieme a noi, si trasformi tutto il resto. Devi accettare ciò!-
Ero sconcertato. Sapevo di vivere questa diversità, ma mi vedevo, al contempo, uguale a prima, ero sempre lo stesso. La Tessitrice prevenne la mia domanda:
-Forse non vuoi cambiare del tutto. Qualcosa ti lega ancora al passato. Vorresti, ma sei in contraddizione con la speranza di riuscire in ciò. La paura...che terribile involucro! E la speranza ci tiene legati al passato ed al futuro, facendo marcire il presente-

Ero nuovamente sdraiato sul mio letto, al buio. Lo sapevo, lo percepivo. Non accesi la luce per il timore di ritrovarmi davanti a quella porta nera. Rimasi a lungo sdraiato, finché la calma e la memoria furono complete. Ripensai alle parole della Tessitrice e i dubbi si fecero risposte... -Solo con la
morte si cambia, altrimenti sarò condizionato dalle esperienze e dalla cultura...Tornare indietro? Eliminare il proprio passato, fisicamente? Tranciato il cordone ombelicale, entrerò nel nuovo ambiente, finalmente anch'io rinnovato. Affrontare se stessi, quale entità reale in contrapposizione con l'altro io, con quello che vorresti essere? E' un po' come morire, per propria mano-
Il pensiero di tornare al piano terra mi terrorizzava: il buio contaminante e quel respiro…
-Entrerò! Questo è già un cambiamento culturale-
-E che farai?-

Accesi la luce. Questa volta avevo dinnanzi la porta del mio studio. Allungai una mano, ma la ritrassi immediatamente. La Tessitrice si insinuò tra i miei pensieri:
-Puoi entrare ed eliminarlo...ed eliminarti anche. Poi? Poi, chi può dirlo? Forse girerai nel buio, per sempre, incapace di trovare l'uscita. Forse? Troppo possibilismo, troppa incapacità di razionalizzare il pensiero, troppa poca immaginazione, non credi? Oppure...oppure puoi cercare di comprendere le ragioni dell'altro, ma dovrai saper comprendere le tue, prima e bene, altrimenti sarà come mutilarsi: rinunciare alla violenza, senza approfondire se stessi, è un accostamento superficiale alla verità. Infine.... -
Potevo tentare una sintesi nella quale, dalla completa negazione di tutto il precedente me stesso e alla esaltazione della possibilità di essere diversi, passare alla constatazione che per essere tali è necessario essere senza storia. -No! Devo recuperare me stesso e l'altro!- Aprii la porta, deciso ad affrontare il problema per capirlo e risolverlo. Il buio invase immediatamente l'esterno e con esso tornò il respiro pesante dell'altro. Entrai, colmo di timori, e chiusi la porta alle mie spalle. Il buio oleoso di prima si dileguò in una nebbia densa che lasciava, però, intravedere l'intera stanza. -E' il mio studio! C'è tutto-
-C'è tutto!- ripetè una voce. In fondo, vicino alla finestra accostata, vidi una
forma alzarsi lentamente dalla mia seggiola, venirmi incontro.
-Chi sei?- chiesi.
-So chi sei. So chi sono, ma tu non sai chi siamo noi due. Finalmente potrò esprimerti la mia interezza e tu svelarti. Dimmi, cosa vuoi veramente?- Io pensavo le parole e la presenza le pronunciava, anticipandomi e scandendole lentamente. Spesso, in quei brevi attimi, ripeté la stessa domanda: -Ma tu, cosa vuoi?- Provai a rispondere. Le mie parole si unirono alle sue, le stesse: -Io...io voglio...devo...devi...-
Stentavo ad esprimere tutto quello che sentivo. Le idee mi esplodevano dentro, mentre l'altro pronunciava le mie stesse parole. Unicamente quelle, non altre. Poi fu silenzio, rotto solo dai miei singhiozzi. L'altro si avvicinò, poggiò le braccia sulle mie spalle. Sentivo la pressione delle sue mani sulla mia pelle e il suo corpo aderire al mio, con sempre più forza. Percepivo i suoi organi pulsare e il battito del suo cuore aumentare, sino ad avvolgermi completamente, ritmico e martellante. Infine l’altro si dissolse dentro di me, in un silenzio assoluto.

Mi svegliai lucido e consapevole di me stesso. Le membra erano intorpidite e una stanchezza estrema contrastava, stranamente, con il pensiero vigile ed attento.


Nell'istante stesso in cui si pose la prima domanda, le risposte cominciarono a crescere nella sua mente e ne colse tutti gli aspetti e le implicazioni.

Fine 3/3

Finisce qui….stava diventando un tormentone.
Appena possibile risponderò privatamente ai commenti. Grazie
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Luca Curatoli
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Luca Curatoli


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MessaggioTitolo: Re: raccontino - terzo di tre   raccontino - terzo di tre Icon_minitime19/3/2008, 02:39

sì sì hai ragione te illustrissimo, altissimo e sprofondissimo. sì. però non andartene di nuovo. non scomparire come fai sempre tu. insegnaci la via. insegnamela! (mentre kafkianamente nella mia mente che ancora non possedeva forza tale per credere a se stessa, si popolava di interlocutori, osservatori, tessitrici, domande e risposte, come chiavi da cercare, come porte che si aprono troppo facilmente, come di scritti, scritti... con la mano sinistra) sì sì hai ragione te illustrissimo, altissimo e sprofondissimo. sì. però non andartene di nuovo. non scomparire come fai sempre tu. insegnaci la via. insegnamela!
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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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MessaggioTitolo: Re: raccontino - terzo di tre   raccontino - terzo di tre Icon_minitime19/3/2008, 10:38

ah...Luca... chissà perchè leggo un passaggio dall'ironia divertente al sarcasmo istrionico. Forse sono io che non capisco....Comunque non sono un maestro nè un guru...al massimo, da non credente sbattezzato, vedo dio come figura di riferimento....
Ora vorrei divertirmi, dopo tante spiacevolezze.
Mi auguro di risentirti e rifare qualche altra epistolata.
Ciao e stammi bene, devvero marcello
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Natascia Prinzivalli
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MessaggioTitolo: Re: raccontino - terzo di tre   raccontino - terzo di tre Icon_minitime19/3/2008, 12:34

L' Osservatore e la Tessitrice, archetipi, figure mitologiche dell'inconscio. Il grande Architetto del mondo, demiurgico osservatore, deus ex machina, del prestabilito, osservatore silente, immanenza del prestabilito.

La Tessitrice, ponte dialogante, traduttrice psichica, tra il manifesto e il non.



". Le mie parole si unirono alle sue, le stesse: -Io...io voglio...devo...devi...-
Stentavo ad esprimere tutto quello che sentivo. Le idee mi esplodevano dentro, mentre l'altro pronunciava le mie stesse parole. Unicamente quelle, non altre. Poi fu silenzio, rotto solo dai miei singhiozzi."

Complimenti.

___gin
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MessaggioTitolo: Re: raccontino - terzo di tre   raccontino - terzo di tre Icon_minitime23/3/2008, 16:59

Uggioso pomeriggio pasquale che assomiglia di più al pomeriggio Natalizio: momento adatto per prendere in mano le tue pagine e leggerle.
Gli occhi vedono ciò che il cervello immagina ed infatti mi fai immaginare, pur non vedendola, la location ove inizi il tuo viaggio onirico con una descrizione minuziosa. Location che diventa spaventosa, come in un film dell'orrore, che tiene alta la tensione e che ti fa leggere una riga chiedendoti se ora, finalmente, udranno ed ascolteranno l'uomo che è piombato nell'incubo di se stesso, ad essere un'assenza presenza per la mancanza di qualche cosa mai avuto o forse perduto. Ed è con la volontà, nonché con la voce della Tessitrice che l'uomo alla fine si ritrova, fondendo il suo non io in sé a ricongiungersi, a vivere, ad essere presenza. Il coraggio qui, non è essere sceso nell'incubo, ma l'aver ascoltato una voce, un aiuto esterno.
La lunghezza ne penalizza certamente la lettura a monitor, e leggerle staccate farebbe perdere il filo del tutto. Mi è piaciuta molto e mi hai ricordato, per l'ansia crescente e in parte anche per i nomi scelti, un romanzo breve che avrebbe potuto avere la firma di Stephen King, solo che lui difficlmente usava la forma diretta.
Complimenti Flussodiparole...
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MessaggioTitolo: Re: raccontino - terzo di tre   raccontino - terzo di tre Icon_minitime

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