IL SESSO DELLE MARGHERITE - DIGITAMAN LUCA CURATOLI

L’uomo domandò alla donna se c’era vento abbastanza a far piegare i gambi dei fiori. Lo fece con l’indice verso fuori, ma intanto lei lo scrutava, approfittando di quella attesa che le permetteva di guardarlo meglio. Cosa aspettava a crepare, a finirla con quella farsa, ora che era gli rimasta solo la testa e il naso. Uscì nel giardino come una ricercatrice, con le istruzioni imparate a memoria dal suo professore. Prese il viottolo alla destra di quell’albero d’ulivo, con quel ramo giovane fatto apposta per piegarsi nella posizione che solamente lei conosceva. Quando accadeva, chiudeva gli occhi, immaginandosi come dovesse essere la vita di un cieco. Lei poteva vederle le margherite cresciute a ciuffi dietro casa. Lui invece viveva  soltanto del loro ricordo; e non rassegnandosi di quella menomazione, usava il fiuto per avvicinarla, l’esistenza.

Gli disse che il vento era quello giusto. Lo aiutò a mettersi la giacca. Lui prese il bastone e le ordinò di aprire la finestra. Doveva solo accompagnarlo dove lei detestava di stare. Quel posto ritornava a farle del male, esattamente come le fantasie di quel vecchio. Meglio di un’infermiera lo aiutò a sedersi. Poi scomparendo dalla sua vicinanza, lo lasciò sprofondare nel silenzio. Se ne andò con la sua scia di acqua di colonia. Con i suoi pensieri di donna dell’est, si rintanò a piangere in una stanza. Questo lui lo sapeva. Ma non gliene importava nulla. Non la teneva presso di se  per consolarlo e neanche per compagnia; piuttosto per il segreto la teneva. Perché ci fosse almeno una persona a sopportare quel pensiero fatto carne, oltre lui. Anche gli assassini invecchiano, le diceva probabilmente con gli occhi. E finiscono per riposarsi. Lui aveva violentato e ucciso la giovinezza più volte, quando gli altri ancora giocavano a spennare le corolle dei fiori.
- Bisognava arrivare alla soglia di quest’infamia, per ritrovare il giusto posto –
Disse l’uomo, sorprendendosi dopo giorni di assiduo mutismo. Forse sorrise. Poi lo raggiunse quel profumo acerbo. Sentiva la terra, l’erba, perfino l’acqua melmosa del fontanile. Gli arrivava come da un sogno, quell’odore di corpi impollinati dalla stagione nuova. Essi rifioriscono, vogliono continuare disperatamente a vivere, seppure sono destinati a prendere quel tanfo che lui conosceva: simile all’odore della ruggine.