Sono caduta per la prima volta nella mia vita e mi sono rotta un pollice, non me ne sono neanche accorta, reggo bene il dolore, entrai in sala parto con dieci centimetri di dilatazione la prima volta, del tutto inconsapevole che a quel punto avrei dovuto soffrire, mi attardavo nel corridoio e ridevo con il mio ginecologo, non potevo crederci che quei lamenti in sala travaglio fossero veri.
“Spingi! Spingi!” ma anche li ridevo, avete mai provato a spingere con le gambe per aria?
“Luigi, dai smettila non si può spingere in questa posizione! Ho sonno è tardi, dai, continuiamo domattina.”
E’ nata, scivolata letteralmente fuori, senza che neanche me ne rendessi conto.
“Complimenti, bella soglia del dolore.”
Se la mano non si fosse gonfiata durante la notte ed avesse preso a dolermi, forse mi sarei anche tenuta un pollice spezzato.
La mia vita è piena di uomini dai pollici diversi e spezzati. Mio padre a causa di un’infezione presa in guerra si tagliò da solo mezzo pollice, Tu, come mi raccontasti, ti tagliasti i tendini della mano aprendo una bottiglia e durante la ricostruzione, nel ricucirli te li strinsero troppo, il risultato fu un buffo pollice che pende sempre verso l’interno della mano. Mio figlio piccolo è nato con entrambi i pollici spezzati sulla seconda falange, nessuno se ne accorse e sono cresciuti così, semplicemente storti. Ed ora anch’io avrò il mio pollice storto, sarà forse un segno delle cose che a me ritornano e riconducono.
Volevo spezzare le cose, spezzare il cerchio di ciò che ogni volta si ripete, sostituire un’abitudine con un’altra, ma non pensavo di spezzarmi un dito. Semmai poi sarebbe dovuto essere un indice, quello con cui nell’aria è facile disegnare un cerchio.
Ma viene il tempo in cui pare che le cose vadano fatte, ed è appunto giunto. La risposta sembra venire da lontano, ma ce la siamo portata sempre dietro in verità. Era li, ma non volevamo neanche scorgerla.
Un giorno Tu tornerai a dirmi quanto è capitato, stringerai per mano la verità come se fosse una bimbetta che allegra saltella al tuo fianco. Me la presenterai con le sue scarpette rosse, i capelli biondi ben pettinati in due treccine, avrà un sorriso sdentato forse che appartiene alle cose trascorse da poco. Ed io abbasserò il capo fra i capelli annuendo, ma sarà tardi ed il suo sorriso non mi apparirà tanto bello, avrò voglia di dirti che sapevo da tanto che questo incontro un giorno ci sarebbe stato, ma forse non dirò niente. Ti lascerò parlare, guarderai il mio pollice, lo sfiorerai con il tuo e mi chiederai quando è successo come l’ho rotto. Ti guarderò e avrò voglia di dirti che non importa come sia accaduto, che non voglio sentire le parole della bimbetta allegra.
Mio figlio mi chiamerà da un’altra stanza ed io ti lascerò li “Scusami ha bisogno di un cerotto, devo andare, si è tagliato un pollice”.
Sarà la vendetta delle cose ignorate, che tornano indietro, perché a lungo evitate, in cui verità inciampa e traballa, e in avanti cade a terra derisa.
E lascerò andare allora gli opposti, e zittirò una musica antica, metterò da parte una tematica logora, e tesserò un nuovo filo rosso di seta, che sia movente per andare al di là dell’istante, facendolo scorrere attraverso le dita, sperando possa guarnire qualcosa, magari, la mia vita.