SOLITARIO VIRTUALE
Il gioco è, spesso, una simulazione della vita. I problemi cominciano quando la vita simula il gioco.
Il Solitario è un gioco , una sfida nella solitudine- per forza di cose. Quando la solitudine diviene il mondo reale, il solitario si fa archetipo della vita, realmente totalizzante. Si perde sempre, comunque. 1°°pausa
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Avvio
open
schermata
doppio clic
opzioni
play
Il gioco ha inizio
Sette file di carte. Una scoperta,
quella in basso di ogni fila
2° pausa
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Si può viaggiare per uno scopo
Si può viaggiare facendo finta di avere uno scopo
Si può far finta di viaggiare per raggiungere uno scopo
Si può far finta di viaggiare facendo finta di avere uno scopo
Si può stare fermi, fingendo tutto ciò
E' come un rito: doloroso, necessario, gratificante. Seduto davanti allo schermo dimentico tutto il resto. Ogni disagio è rimosso, ogni preoccupazione limata. E gioco; gli occhi perduti nel monitor sempre più grande
Asso di cuori nella griglia
Asso di picche nella griglia
Otto di quadri su nove di fiori
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Un inizio, una fine. Dentro il divenire
Le variabili appartengono al presente, così le scelte
Il presente vive e muore continuamente
La fine - il risultato - è la verità
la verità di un condizionamento biologico
più la verità di contaminazioni culturali
Non volevo giocare ma eccomi pronto.
Non volevo sedermi ma sistemo la spalliera
Trepido osservando lo schermo
E' grande, più dell'ultima volta e ne sono felice
Tre carte scoperte
Cinque di fiori, due di quadri, fante di cuori
Tre carte da scoprire, tre clic
Cinque di quadri sul sei nero
3° pausa
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Dipende da altri, da altrove viene il segno
Alcune scelte sono obbligate
e allora è vita, imprecando di soddisfazione
La colonna dei gregari avanza,
Un piede avanti all'altro, solo per necessità di equilibrio
Eppure...neppure eppure riesce ad aprire il presente
Tutto è fermo, tranne il segnatempo digitale; durerà all'infinito
Il gioco è sospeso, il presente annullato
Punti in movimento appaiono sul monitor. Lo schermo illumina la stanza
I dorsi delle carte sembrano copertine di seriosi volumi
Le scritte giganteggiano. Debbo allontanarmi per una migliore definizione. Non male da quaggiù!
Scopro una carta dal mazzo, una seconda
Otto di picche su nove di cuori
Impasse, scopro ancora
Quattro di picche su cinque di quadri
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La città occupa l'orizzonte
Vortici di polvere incrociano nuvole inquiete nella sosta del sole
Oggi si fermerà, il sole, per poco più di un attimo
Tutto è diverso, finalmente, se c'è tempo e voglia
Mi accompagnano, queste sinusoidi di maltempo, da sempre
Ora il segnale è piatto: una linea bianca di demarcazione tra il buio e il buio
Il mezzo dovrà cavalcare questa monorotaia, cercando ancora le onde di un segnale
Eccole! In alto sulla parete. L'intera parete è lo schermo. Curioso, divertente
Scopro un re
Ho due re rossi sulla griglia
Inutili perché senza regno né discendenza
4° pausa
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Centinaia di corde imbracano l'immaginazione
Ogni oggetto ha un nome
Ogni nome una corrispondenza convenzionale
Ogni riferimento è un mattone della città
L'umore cambia le cose, le stravolge
Il sole si è alzato su geometrie consuete
Ora disegna grigi e neri profondi sul bianco vitale
Le mani vanno veloci, dalla tastiera al mouse
Basta un'occhiata per comprendere
Sono in sintonia con il mondo, gli occhi persi nel soffitto
Una carta, enorme, sovrasta il lampadario.
Ecco, è un piccolo seme del gioco, il lampadario,
mentre la finestra è un dorso colorato
Scopro. Tre di cuori su quattro di picche
Scopro. Donna di picche su re di cuori
Sposto il fante di cuori sulla donna di picche
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Il bambino guarda il giostraio, con gli occhi lucidi di promesse mancate
Ogni uomo, nel parcogiochi, è il giostraio. Capelli neri, ricci e folti. Barba incolta. Vestito senza età. Unto e le mani nere di grasso, le unghie spezzate
Il bambino sta col piccolo braccio sollevato. La mano infilata in altre promesse. Esce dal parco, trainato, volgendosi indietro
Dovrei prendermi sul serio, ma fuori non c'è altro
Devo giocare, per necessità. Debbo farne virtù, vincendo
Sopra, dietro, davanti: la stanza è uno schermo
Come potrei fuggire da qui?
Finalmente scopro una colonna
Donna nera, inutile. Scopro quattro carte,
l'ultima è il fante di fiori, sulla donna rossa
5° pausa
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Piccoli fuochi sostano ai margini della città
Anche il tempo sosta
Giovani esche cantano tra sguardi rincorsi - sconosciuti
I passi s'incrociano con la speranza di una sollecita separazione
Il gioco ha preso corpo, mi possiede
Rincorro la stanza, da una parete all'altra
Anche il pavimento è una griglia del gioco
Toglierò ogni oggetto per avere più spazio e migliore visione
Scopro ancora, una, due volte. Asso di fiori in sede
C'è un tre di fiori nel mazzo, inutile
Metto il quattro di cuori sulla prima colonna, sotto il cinque di fiori. Sposto il tre di fiori dal mazzo
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Le prime case appaiono incomplete
Odori consueti riempiono la memoria
Le urla dei giochi evocano antichi terrori
La pioggia, il fuoco, il gelo, la fame, la violenza,
stagnano su ogni lembo di pelle,
dentro le viscere, spappolando i cervelli
La stanza è vuota, totalmente spoglia,
eppure luminosa in ogni angolo
La tastiera è andata, anche il mouse
e il monitor è inutile, inadeguato
Ne scopro altre tre ed ecco l'asso di quadri
Lo metto nella griglia alta (ho tutti gli assi a disposizione)
e scopro la seconda colonna, dove c'era il due di quadri
6° pausa
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Aiuole verdi e colorate affrescano i passi
E' un divenire lento, incompreso
I muri regolari - o quasi
Le strade diritte - o quasi
Persone, consapevolmente occupate,
sono atomi laboriosi di una molecola ordinata
Potrei allungare una mano, entrare
Ma sono già dentro, nell'isolamento di un frastuono visionario
Sento la mia voce chiamare le carte
Rispondono, dal pavimento, dal soffitto, dalle pareti
Devo scoprire l'ultima carta della seconda colonna
Se sarà buona avrò una colonna libera per un re
Inutile, è un nove rosso
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La noia è un processo insondabile
Giovani donne spingono vecchie carrozzine
Vecchie donne trascinano nuove sporte
Uomini senza età leggono giornali senza parole
Su panchine verniciate di fresco
giovani coppie baciano l'idea dell'amore
Credevo di giocare, di comandare il gioco
Ma è solo apparenza. Il giocattolo di un geniale chip
Io stesso virtuale
La mano verso la luce, non riesco a fermarla
Scopro un dieci di quadri, lo sposto e libero la terza colonna
Un altro fante. Il due di cuori, del mazzo,
mi consente di mettere in griglia anche il tre di cuori
7° pausa
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Tutto sembra vero, ancora una replica
Qualcuno improvvisa con entusiasmo
altri applaudono senza passione
Ancora una volta occorre uscire
Ancora andare avanti
Ancora la trama, già scritta
Accarezzo il dorso della carta. Mi risponde
La mano è fosforescente
e il polso sembra amputato sul muro
Sto perdendo peso e statura, risucchiato
Un tre inoffensivo. Poi il sette di quadri
Lo sposto sotto l'otto nero
e libero la quarta colonna
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Uomini importanti dentro case importanti
La via è alberata, brilla d'insegne ammiccanti felicità
Sagra per etilisti adulti
Luminarie per bambini petulanti
Un ciuffo d'erba, sintetica,
pende da un vaso di coccio, autentico
Sono dentro il gioco
Correnti d'impulsi mi percorrono
Tra carte ubbidienti, cartaio giocato,
mi scopro terminale
Scopro. Il sette di fiori va sotto l'otto rosso
Scopro l'ultima carta della quarta colonna
Il tre di quadri va in griglia
8° pausa
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Una mandria di animose cravatte
intreccia silenzi tra rumori di fondo
Ancora un piano, un altro
La porta scorre,
aprendo i tormenti quotidiani
Cartine sciolte sghignazzano attorno
La Donna di cuori ride
il Fante di picche sguaina la spada
i Re, seri, non scendono dai troni
La quarta colonna è vuota
Ci colloco il re con la sua corte
e giro la prima carta coperta
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Esserci è essenziale
Rappresentarsi un dovere
Ascelle sudate occhieggiano espressioni maleodoranti
La sosta è obbligata quassù
Qui c'è tutto, di più
Indietro non si torna,
né ci riesco, dura trasparenza
Devo giocarmi, almeno in questo gioco,
fingendo il vero. E fingo dubitando
Sei di cuori sotto il sette nero e, a seguire,
libero la prima colonna. Cinque nero sotto il sei di cuori
Non ho un re da spostare e mi rivolgo al mazzo
9° pausa
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Un'antenna parabolica sparge sudditanze
Appena sotto fumano tazze di the
Cristalli ovunque, polarizzati. Trasparenti in un senso
Da basso si vede male, non serve
Di là, dall'altra parte, ancora io
Vedo me stesso che me stesso vede
laggiù, nei bassifondi del reale
Ecco il re di fiori. E’ l'ultima carta del mazzo
Libero la colonna terminale con la regina rossa e scopro
l’otto di fiori sotto il nove di quadri
Scopro il nove nero. Impasse
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Dialoghi scarni
Ordini ferocemente sussurrati riempiono il vano dell'ascensore
I numeri scendono
Il portiere, estrema finzione, sembra l'inquilino dell'attico
Il Re ha mutato volto, sembra il Fante
Il Fante il Re. La Donna cortigiana
Non sorride guardando la mia lama
Azzero il mazzo e ricomincio la scelta
Sei, re, fante, dieci di cuori. Va bene per l'ultima colonna
La libero e scopro la donna di quadri
10° pausa
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Un cameriere sfiora tavoli, volando
Ballerina di un flamenco gastronomico
Coppe dai lunghi colli bevono sorrisi opachi
Discorsi solenni incrociano menù del giorno
L'uscita in fondo a destra, come il bagno
Il sole è dietro, avanti poche insegne
Cambia la Corte dei complotti
Ora chi regna è il ballo cortigiano
C'è una porta sul regno della guerra
Libero la terza colonna spostando il fante nero
Scopro l'ultima carta della terza colonna
La donna nera e recupero dal mazzo il fante rosso
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Le stesse case
Ordine speculare dei ritorni, con gente vista, frasi già sentite
I muri regolari, ancora
Le strade dritte, ancora
La Donna giace sul mio corpo nudo
Il Re, il padre, stringe il mio coltello
Dal petto scende sangue di vendetta
Le cartine mi chiamano sovrano
Il Fante giura fedeltà, per sempre
Scopro dal mazzo. Otto rosso sotto nove nero
Ancora. Quattro di quadri in griglia
Quattro nero dalla sesta alla quinta colonna
Metto in griglia il cinque di quadri
11° pausa
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Il cantiere macina gli odori
tra urla e pioggia e bisogni sognati
Lembi di cervello scorrono su rigagnoli in salita
Non c'è tempo
Il sole ha fretta di tornare
Il gioco è cambiato, ancora una volta
E' l'esilio del despota rimosso
Mi scaravento nell'imbuto nero
cercando pace dove pace è guerra
Scopro l'ultima del mazzo. Sette nero sotto otto rosso
Sei nero dalla quinta alla sesta colonna
Si ricomincia con gli scarti
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Il bambino si volge indietro
Le mani in tasche troppo grandi, senza più promesse
Accende sogni, luci, melodie
Il gioco è suo e lui sarà il giostraio
Ancora qua, il gioco ancora in corso
Ancora io, tra pensieri scostati
Ancora una partita da finire
Sei di quadri in griglia. Scopro il mazzo
C'è rimasto un re e due cartine a picche
Il gioco è finito. Ho perduto
Sono finite le pause