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 Fieri i tuoi occhi grigi

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Roberto Tenore
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Roberto Tenore


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MessaggioTitolo: Fieri i tuoi occhi grigi   Fieri i tuoi occhi grigi Icon_minitime16/1/2008, 20:41

Erano tutte lì, ferme in piedi, sotto un sole feroce che ammazzava anche le mosche. Grandi foulards in grossi cappelli di paglia calcati, arginavano sudore e povertà. L’arrivo di un carro a motore con la sua polvere a rendere una scena unica, carica di vita. Davanti a loro un bancone di legno grezzo con cinque sedie; quasi ruderi di cascinale abbandonato. Seduti in fila c’erano quelli che comandavano, quelli che potevano, con un gesto, dare o negare dignità. Era la chiamata stagionale; reclutavano mondine da inviare in risaie pronte alla semina. Volti già consumati ancor prima di una fatica, attendevano di sentire il loro nome scandito forte. Un segnale quello di lavoro duro, chinato a piedi nudi su zolle sommerse, ma anche certezza di fami spezzate. C’era anche un piccolo gerarca lì seduto, con la faccia tonda da abbondanza. Godereccio nelle forme, grondava sudore come un maiale sul fuoco cola il suo grasso. Si diceva di lui che avesse figli sparsi mai riconosciuti, avuti da donne piegate o abusate da un bisogno, dalla fame. Assisteva scomposto e compiaciuto allo spettacolo di miserie vere. Stivali neri da comandante ed espressione strafottente di chi viveva il momento, perché forse il domani sarebbe stato di altri, con altre divise e a lui sarebbe rimasta solo quella polvere che ora seccava gole di donne offese votate al dovere. C’era anche mia madre non ancora ventenne ed una sorella in mezzo a quella forza, perché le altre, cinque per l’esattezza, erano troppo giovani per quel compito duro. Sbrigavano faccende in cascina loro, aiutando L’Assunta e il Silvio, genitori d’altri tempi già vecchi prima di esserlo veramente. Tante le bocche da sfamare in quei luoghi, poche le risorse. Quella chiamata portava con sé un inverno di stenti dimenticati, due sacchi di riso e poche lire per quelle giovani donne messe al mondo da un gesto spiccio, l’unico appiglio ad un calore buono dentro vite semplici, contadine. Così via, via, le arruolate salivano sul carro a motore. Anche sua sorella, ma non mia madre, non ancora lei. Non c’era più posto su quel pianale, zeppo com’era. La paura di non poterci salire fu impeto inarrestabile nei suoi grandi occhi grigi. Uno scatto deciso l’avvicinò avvilita al bancone: - Come mai avete chiamato soltanto lei? Abbiamo bisogno di lavorare, siamo sette sorelle e solo noi due lo possiamo fare – Fu soltanto il maiale con gli stivali neri da comandante a parlare: - Non è che se tuo padre ha fatto sette figlie, gliele dobbiamo mantenere noi – disse con disprezzo. Mia madre sapeva di quel piccolo gerarca puttaniere e vigliacco. Quante le misere donne lasciate sole con i loro fardelli non riconosciuti. Così apparve un segno di follia dentro ai suoi occhi di ghiaccio per quelle parole di scherno. Un’offesa insopportabile per il suo giovane, ma già inarrestabile temperamento. Erano poveri contadini, ma la dignità, l’amore per la famiglia erano valori insegnati, intoccabili. Fu un lampo il suo; prese per la cravatta quel piccolo maiale con una mano, L’altra strappava, tirando con forza, due bottoni della camicia. Lo graffiò sul collo, poi uno schiaffo su quella faccia unta e sfigurata placò la sua ira. - Ricordati che mio padre è povero, ma ha sette figlie e sono tutte a casa, tutte sue, non come te che non sapresti neppure riconoscerli quelli che hai lasciato in giro brutto porco! – . La staccarono a fatica mia madre da quella camicia strappata, poi la accompagnarono a casa. Il piccolo gerarca rimase lì, muto, rosso in volto, stravolto da quella furia improvvisa. Quel gesto di rabbia, dettato soltanto dall’amore, avrebbe potuto costarle la vita. Sarebbe potuta sparire nel nulla un giorno qualsiasi. Non si scherzava in quei tempi, soprattutto con certe cariche. La vita di un uomo valeva nulla, giusto il tempo di togliergliela. Non fu così per lei. Non si comprendono a volte certi eventi, accadono e basta. So soltanto che il giorno dopo, un messo andò nel loro umile casamento per consegnarle “il foglio”. Mia madre sarebbe partita per le risaie, forse un premio a quell’insano gesto, donato per devozione alla vita dei suoi cari. Solo fatica vera in mezzo che non si può raccontare mai fino in fondo. Tornarono a casa poi, quando fu il loro tempo, con mani e piedi provati, consumati dall’acqua e dalla terra di un bisogno. Due sacchi di riso e poche lire da mostrare come trofeo d’amore. Una certezza di sostentamento, di fame spezzata ancora per un po’, in cambio di un sorriso buono e dell’orgoglio di essere state mondine, irriducibili strumenti d’esistenza.
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: Fieri i tuoi occhi grigi   Fieri i tuoi occhi grigi Icon_minitime17/1/2008, 11:09

La fierezza di chi lavorava con la schiena piegata ma che avevano una tale dignità da farle tutte apparire dritte come fusi, eleganti e fiere. Sempre. Grazie di questa pagina, Rob.
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