A THEO
Carissimo Theo,
no, no, no,
io vivo in un altro mondo, un altro mondo, un altro mondo, un altro mondo,
come dice Gachet, chiaro, voglio imparare a mistificare la morte,
perché tante volte c’è troppa luce, inesorabile.
C’è davvero!
Lancinante quando sono sordo in ginocchio vicino al Signore e dipingo,
arrotolo, mordo anche il sole che m’acceca, grido sono pronto Gesù,
girando, girando, vorticosamente con un sogghigno, lo so,
brucio il mozzicone della sigaretta gialla quaggiù,
fino in fondo alle labbra febbrili con rabbia,
vedo il fuoco, specchi ustori, spari, teschi
che senza tregua raccontano delle sirene,
ricordano il volto di un amore, ma…
solo fraterna somiglianza adesso.