IL BASTARDO - ALDO REINA

I brusii della notte, lievi e indistinti, lo svegliarono dal torpore degli ultimi istanti come un richiamo delicato della natura. Schiuse lentamente gli occhi e con un movimento impercettibile del viso scorse ciò che lo circondava. La stanza era riccamente arredata, luminosamente drappeggiata concedeva conforto alla vista per i colori morbidi che s’intersecavano. Sulla poltrona di fronte, ai piedi del baldacchino, una suora si era abbandonata al sonno, con le mani congiunte in preghiera. Il tepore del camino rinvigoriva l’attenzione: ogni disposizione dei mobili, ogni suppellettile, e persino l’aria che si respirava magnificava l’amicizia regale da cui traeva origine. La tela gli stava accanto sopra un tripode, coperta da un velo di seta scarlatta.
Sentì forte la voglia di alzarsi dal confortevole giaciglio, ma il corpo vetusto non rispondeva al desiderio. Voleva vedere la sua Donna, rimirare per l’ultima volta l’arcana idealità del proprio credo in lei compreso. La difficoltà di muovere le membra era insormontabile, sospese quindi l’azione abbandonandosi alla piacevolezza del momento.
Nella stanza imperversava un meraviglioso silenzio, appena cesellato dai versi armonici delle creature della notte. La sua mente cominciò a fibrillare immagini circolari evocate dai ricordi. Amava la vita che pulsava in quel momento dentro di sé e nei segnali della natura.
La natura lo aveva affascinato sin da bambino, aveva esplorato gli estremi sentieri della sua intimità perché fosse svelata al suo intelletto, nella complessità degli elementi palesi e nelle verità occulte. Ripercorreva le orme del suo passato e si sentiva bene, euforico, sentiva appagata la propria curiosità fino all’orgasmo interiore, e sentiva che la vita gli zampillava ancora dentro, come gocce di mercurio di sensazioni esaltanti. La natura comprendeva la vita e nel disegno incomparabile delle sue grazie e disgrazie esprimeva l’ordine e il destino di ogni creatura vivente: l’universo del  suo ideale religioso.
Follemente immerso in questi pensieri, librò dolce il braccio nell’aria e mosse svelta e leggera la mano disegnando invisibili creature. La fantasia montava freneticamente e con ampi gesti dell’arto tratteggiava l’esistenza stessa del proprio vissuto, dall’inizio fino ai confini della propria vita. E tutto sembrava convogliare verso la sintesi della sua fede, e fu così che, con un’ampia volta del braccio, fece cadere il tessuto dalla tela e scoprì il dipinto: dove tutto era compreso.
Adesso la Donna lo guardava con un sorriso imperscrutabile, tenue e ironico, irresistibile, che solo lui, il creatore, sapeva comprendere. La celia ideale, il proprio credo universale, la natura e la vita, madonna e donna, una e tutte, Caterina, Maddalena, se stesso: la somma massima del suo genio.
Voleva toccarla per l’ultima volta e, seppur perfetta, il desiderio di un ultimo tocco lo faceva ansimare come un neonato all’odore del seno materno. La vita scivolava velocemente, ne era pienamente cosciente e per niente scosso, anzi l’idea di oltrepassare le frontiere della vita per l’oscura morte, nell’istinto inesauribile per la conoscenza, lo entusiasmava. Voleva toccare per l’ultima volta la vita, la raffigurazione assoluta dell’umanità, e proprio quando stava per sfiorare i colori del viso, la carezza morì sul nascere e con essa il braccio, spossato dallo sforzo, cadde penzoloni.
Prima di trapassare, pose lo sguardo sul dipinto, e con gioconda ambiguità ne emulò il sorriso.
E allora, per un attimo, gli parve di udire una voce di donna - la saggezza delle età passate - sussurrare fino a lui la sua benedizione, dal profondo della terra.