Era d'agosto. Si era proprio d'agosto. Era quel periodo dell'anno,in cui si verificava la sincronia
tra grilli e pipistrelli.
Erano le quattro del mattino, l'aria calda l'aveva svegliata anzitempo.
Si alzò. Prese il kimono da camera e lo mise nel congelatore. E' un rimedio antico, pensò. La
trama sottillissima del kimono avrebbe imprigionato anche se per poco, un fresco illusorio, lenendole la pelle.
Si preparò un caffè.
Che buffo, borbottò tra se, kimono e caffè.
Il caffè era pronto e anche il kimono.
Per una seconda volta borbottò: il caffè bollente e il kimono freddo.
Le contraddizioni la eccitavano, ma ultimamente sentiva il bisogno di verità false.
Con il kimono si sarebbe ben sposato un tè. Ma lei non amava il tè.
Forse sarebbe stato meglio indossare una leggera vestaglietta, il caffè avrebbe sicuramente ringraziato...
Indossò la fresca veste, prese la tazzina del caffè, e andò a sedersi in balcone, vicino alle sue orchidee.
Godeva di quella bevanda bollente nella stessa misura in cui sentiva il fresco del tessuto accarezzarle la pelle. Cercava ritagli ancora intonsi.
Li spostava sulle cosce, sui seni, giù sino ai piedi.
Era quella l'ora in cui la coscienza del mondo non si era ancora svegliata, permettendo così piccole esibizioni di quella propria.
Un po' come la parte recitata da un attore e quella di una comparsa.
La veste iniziava a cedere la sua frescura, la pelle il suo calore.
Accidenti alle leggi della termodinamica, pensò.
Fu in quel preciso istante, che un'ombra inquietante si proiettò sul muro del suo studio.
Non vi erano dubbi. Era entrato un pipistrello.
Terrorizzata si rifugiò nella sua camera da letto.
Rimase prigioniera della paura per circa un'ora.
Poi assicuratasi della sua " dipartita", decise di informare Garcia dell'avvenuto.
Gli scrisse, con dovizia di particolari, informandolo anche, sul gelato che il giorno prima aveva mangiato, in una villa posta sul bivio di Ballao-Dolianova.
Mangiare gelato in una villa, non è di per se un evento meritorio, ma la straordinarietà consisteva nel fatto che il gelato gli era stato servito da un turcocurdo.
Con svolazzamenti arabescati, il gelato aveva prima eseguito delle evoluzioni per poi atterrare con eleganza, neanche a dirlo, da mille e una notte, sul suo tavolo, insieme a dei fichi, che per l'occasione erano scesi dall'albero.
Garcia, le rispose subito, basito dalla coincidenza.
Anche lui si era svegliato alle quattro, ( ma lui poteva...era un attore a qualunque ora.Cosa questa che gli permetteva di fregarsene della coscienza del mondo) un grillo si era incuneato in una cassa acustica, provocando un rumore che aveva allarmato il gatto.
Bisognava dare una spiegazione al gatto. o quantomeno prendere una decisione.
Il grillo intanto produceva dei solfeggi involontari, tanto involontari che lo stesso Garcia pensò di annotarli in un pentagramma.
Ecco si era verificata la famosa sincronia di grilli e pipistrelli e non solo.
Da quell'evento straordinario ne nacque un altro.
Lui decise di chiamarla Firmina Daza, in osservanza per il suo Garcia.
Fu uno scambio epistolare intenso.
Il famoso carteggio " Il non amore ai tempi della tonsillite"
Si confidarono molte cose da quel momento.
Lei gli disse che aveva comperato una lavatrice in seconda mano da un suo amico tenore.
Lui la invidiò affettuosamente, aveva sempre desiderato dei panni centrifugati da overture rossiniane.
Lui dormiva poco o niente, ossesionato dai risparmi energetici.
Aveva stilato un diario dove annotava scrupolosamente le minime variazioni di
potenza, tra consumo diurno e notturno.
Lei lo mise subito in guardia: -Attento Garcia, è tutto falso! E' solo un lurido complotto-
Vedeva complotti ovunque da quando aveva letto il " Pendolo di Foucault " trasferendo
la sua raison d'être nella coltivazione delle melanzane.
Un giorno lui le confidò timidamente di aver soganto di essere quel turcocurdo che le aveva servito il gelato e non solo.
Vincendo ogni ragionevole pudore le disse: - Firmina, non esistono più le mezze
stagioni ( motto della famiglia Garcia ), ed io non so più che katz mettermi.-
Lei si sentì morire.
Un giorno a causa di una assunzione glucidica smodata, lui l'apostrofò in siffatto modo:
"Moi crépe melange de douce femme, tipe anfame size king."
Basita da tanto, non rispose. Decise di consulatare i sacri testi, per via della linguaggio
babilonico.
Un brutto giorno a causa di una massiccia inavasione da parte del mercato asiatico
di " Melanzane e Mattatoio", Firmina si trovò disoccupata e depressa.
Lui con fare barzotto cercò di tirarla su ipotizzando per lei diverse occupazioni:
dallo stropicciamento delle piastrelle sino agli stendini dopoBucateria.
Il suo spirito biodegradabile non si smentiva mai.
Firmina pianse tanto.
Pianse lacrime " viola " a causa della lunga esposizione ortaggina.
Con un colpo da Maestro, lui mise in una ampolla le lacrime viola, il famoso
lacrimatoio di Firmina, spacciandolo come un reliquario.
Fecero soldi a palate.
Il peggio era passato. Ora bisognava investire tutto quel denaro ( ovvero come non
pagare le tasse).
Lui esperto cartografo nonchè marinaio, ( possedeva un'intera flotta di barche di carta)
decise di puntare verso Perdasdefogu, il più ambito ed esclusivo paradiso fiscale.
Tutti i miliardari che contano si stabiliscono lì vestendosi allegramente da mammutones.
Anche Garcia decise di adottare le usanze del luogo.
Era veramente un paradiso.
Lei aveva ripreso la coltivazione delle melanzane, assumendone anche la consistenza.
Da una taglia X S, era passata ad una XXL.
Erano veramente felici. Lei impersonava in maniera impressionante la sua
Raison d'être ortaggina, lui se la godeva in giro, spaventando ( si fa per dire )
le ninfe di Aritzo dedicandosi lussuriosamente a Baccanali a base di miele e castagne.
Fu questo il perido più lussurioso e spensierato della loro vita.... che i biografi chiamano
della " Divina Meraviglia"