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 TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo

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Vittorio Fioravanti
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Vittorio Fioravanti


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TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Empty
MessaggioTitolo: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime17/9/2008, 13:09

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Tre uomini in treno
Racconto di Vittorio Fioravanti
Epilogo
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I TRE UOMINI IN TRENO / 4

Mandato in tutta fretta da suo padre, José tornò dal vagone ristorante con una splendida bottiglia di spumante Berlucchi. Papà Garibaldi voleva che si brindasse tutti insieme, per augurare al figlio un grande avvenire all’Inter. L’amico Olzi gli aveva confermato per telefono che ad attendere suo figlio alla stazione centrale di Milano ci sarebbero state le telecamere di Mamma Rai e di Mediaset, e i microfoni d’una decina di giornalisti sportivi, poiché a Moratti gli era scappato detto in un pranzo privato al "Don Lisander" in via Manzoni, d’aver appena comprato un "crack" argentino, e la voce era corsa di redazione in redazione come una miccia in cerca d’esplosivo. La verità era un’altra: qualcuno, seduto ad un tavolo vicino, tra una portata di scampi con borlotti freschi e una maestosa faraona en escabeche, aveva capito male: in effetti si trattava dell’acquisto d’un’impresa argentina in bancarotta. Un particolare questo che passò del tutto inavvertito. Per Garibaldi ad attendere suo figlio a Milano c’era la Gloria.

- Brindo al nuovo centravanti dell’Internazionale di Milano!
...esclamò con negli occhi il biancorossoverde dello scudetto di Campione d’Italia. E con lui brindarono sorridendo sia l’uomo in grigio che quello in nero, e naturalmente anche José, suo figlio, il festeggiato.

L’uomo in grigio apprezzò il colore paglierino dello spumante, e ancor più il profumo ed il gusto, sorseggiandolo con piacere. Brindando aveva colpito il calice del giovane siciliano guardandolo con simpatia negli occhi. Per un breve istante i loro sguardi s’erano fronteggiati, specchiandosi l’uno nell’altro.

- Se lei è d’Agrigento, deve conoscere mio padre, don Calogero Loblanco.
...disse calcando sulla parola "deve" il giovane, togliendosi la giacca. E si sorprese leggendo nel volto dell’altro un inatteso irrigidimento.
- Lo conosce, è vero?
...volle insistere. E il Rossi - come aveva detto di chiamarsi - riacquistando il controllo fece un lento segno affermativo col capo. E aggiunse:

- Mi sembra d’averne sentito parlare. Bene.
...rispose. E continuò:
- Ma è da molti d’anni che manco da Agrigento, dove del resto ho abitato per brevi periodi.
E nel dirlo, fece uno sforzo tremendo per non chiedergli se conoscesse la fine che aveva fatto sua madre a Genova. Meglio cambiare discorso. Così tirò fuori la trita storia degli abusi edilizi nella valle dei templi. E finirono col parlare del ponte sullo stretto di Messina.


L’UOMO IN NERO / 4

Binario sette, si cambia motrice a Firenze. Sulla banchina a destra c’è movimento di passeggeri che scendono e d’altrettanti che salgono. Ci sono i parenti venuti ad accompagnare chi parte. Ci sono baci ed abbracci per chi arriva. E c’è un uomo vestito di verde che va in fretta lungo il treno in sosta, mettendo l’occhio in ogni scompartimento. Cerca lui, e lui se n’accorge, e gli grida:
- Rocco, eccomi! ...aspetta che scendo!

Lui s’era presentato come Lombardo, ma era figlio di don Calogero Lobianco, e si chiamava Franco, il nome che gli aveva dato sua madre, quand’era nato "in esilio" a Genova. Don Calogero gli mandava a dire che là dove doveva andare c’erano già due o tre picciotti mandati in aereo da Palermo. Lui che "si tenesse" in disparte, che la cosa la lasciasse nelle mani loro. Poi, se quei due coglioni... Beh, allora avrebbe dovuto pensarci lui. Da solo.

- Ma non prima ...hai capiiito?
...gli soffiò nell’orecchio Rocco, uomo di fiducia di don Calogero, sicario di stanza in Toscana. Il giovane con la testa rapata che era sceso dal vagone quando l’aveva riconosciuto, rientrò nello scompartimento con un’occhiata all’astuccio. Poi, mentre il treno aveva ripreso a muoversi, s’affacciò al finestrino e allungò la mano per un ultimo saluto d’intesa. E fu in quel momento che a Rocco proprio là dentro - minchia!.. - gli parve di vedere la faccia di quella carogna di Franco Caruso.

- Miiiinchia! ...non è possssibile!
...gli scappò detto mentre il vagone stava ormai allontanandosi. Lo rincorse per un tratto, gridando. E il giovane colse in quegli strilli qualcosa d’incomprensibile. Dentro invece c’era uno che aveva capito tutto. Stava in silenzio con la mascella indurita. Cercando di pensare. Non era Rossi, e neppure Nicola Esposito, era quel Franco Caruso, che s’era pentito e aveva rotto il silenzio, fottuta la regola dell’omertà.


I TRE UOMINI IN TRENO / 5

- Ce l’hai lì deeeentro!
ripetè Franco Lobianco sedendosi, e dentro di sé si chiese "...cosa ci ho lì dentro? ...cos’è che ci ho dentro? ...dentro dove?", e diede un’occhiata all’astuccio, e guardò poi in faccia a Giuseppe Garibaldi, ch’era seduto di fronte a lui, accanto al finestrino rimasto aperto, senza però vederlo, immergendosi nei suoi problemi. Il giovane invece ricambiò quello sguardo con un sorriso d’intesa, e mentre stava aiutando a richiudere il finestrino gli disse appena:
- Bella canzone quella! Di Lucio Dalla, no?..
Ma l’altro non lo stava proprio ascoltando, pensava a Rocco, a cosa mai avesse dimenticato di dirgli da gridargliela dietro in quel modo, e poi a Bologna e ai picciotti in missione a Trebbo, a come avrebbe dovuto arrivarci.

Anche Franco Caruso, l’uomo in grigio, stava muto pensando. L’uomo in blu, il padre di Giuseppe Garibaldi, gli stava raccontando d’una partita dell’Inter a Firenze contro la Fiorentina, dove giocava Gabriel Omar Batistuta, e come un giorno a Baires gli avesse tagliato i capelli troppo lunghi. Ma quello non lo seguiva, diede un’occhiata al figlio di don Calogero, e decise finalmente d’alzarsi. La situazione era improvvisamente cambiata e il maggiore avrebbe dovuto saperlo. Si scusò ed uscì nel corridoio per poi sparire nel gabinetto sanitario, tirando fuori - guizzo argenteo - il telefono cellulare.

- Batigol li portava lunghi fin sulle spalle. Te lo ricordi?..
concluse il suo aneddoto il barbiere, rivolgendosi ora al figlio. E il figlio fece sì con la testa, mentre il treno andava via come un forsennato attraverso tutte le gallerie che dividevano Firenze da Bologna.


L’UOMO IN GRIGIO / 4

La conversazione col maggiore era stata sconvolgente. Preso atto della situazione ed avvertito immediatamente il comando dei carabinieri della stazione centrale di Bologna, l’uomo che aveva in mano la gestione del pentito, ritenne fosse venuto il momento di chiarire un aspetto segreto del caso. Un risvolto mantenuto insabbiato dai giudici istruttori per non complicare quel prezioso rapporto di collaborazione.

Franco Caruso da quella donna aveva avuto un figlio, e quel figlio gli era stato carpito da tale Lobianco Calogero, che l’aveva accolto nella sua casa e ne aveva fatto il suo primogenito. A Roma il destino aveva voluto sciogliere un vecchio nodo, facendo capitare l’ignaro padre nello stesso scompartimento dell’ignaro figlio. Un figlio ch’era stato inviato in maniera perversa da don Calogero affinché avesse l’opportunità d’uccidere a sua insaputa il proprio padre. Una vendetta maturata attraverso gli anni, e giunta finalmente all’epilogo. Una vendetta personale, perfidamente tramata al disotto dei meccanismi quasi automatici di quella mafiosa ordinata direttamente da Palermo.

Il maggiore non aveva risparmiato parole. Franco Caruso aveva ascoltato ogni cosa, accasciato sul "water closet", scrollato dal movimento impietoso del vagone. Quelli del Ministero avevano analizzato ogni aspetto della situazione, e deciso di mettere al corrente il malcapitato "pentito", che si doveva assolutamente portare in salvo.

La messa in scena di Trebbo non aveva ormai più ragione d’essere, giacché a quest’ora Rocco avrebbe già lanciato l’allarme. La stazione di Bologna sarebbe stata nel giro d’un’ora il punto focale del caso. Vi sarebbero corsi come cani rabbiosi i picciotti sguinzagliati dalla cosca palermitana. E ad attenderli c’erano già i carabinieri ed alcuni agenti. L’operazione di prendere in consegna il "pentito" senza causare una sparatoria era tremendamente difficile, ma non impossibile. Ci sarebbero stati disponibili due elicotteri, e tutta la zona sarebbe presto sotto controllo.

Il problema era però un altro: cosa sarebbe potuto succedere da un momento all’altro in quello scompartimento...


I TRE UOMINI IN TRENO / 6

Franco Caruso decise che cambiare scompartimento e vagone - così come gli era stato ordinato dal maggiore - sarebbe stata una vigliaccata ridicola. D’improvviso era venuto a sapere d’avere un figlio, ed era sorto in lui quasi un bisogno fisico di vederlo, di parlargli, di sapere quali fossero le sue vere intenzioni. Asciugò il sudore sulla fronte, diede un’occhiata attraverso il vetro dello sportello, ed entrò.

Il giovane in nero stava conversando con quello sudamericano, ma si vedeva che era distratto da altri pensieri: rispondeva guardando fuori, attratto dai fili elettrici che piombavano giù con una curva, di palo in palo.

L’uomo in blu - il Garibaldi - disse qualcosa, ancora con quella rivista tra le mani, ma Franco Caruso non gli prestò attenzione: guardava suo figlio, cercando l’approccio, la frase da dirgli. Gli assomigliava. Ora che lo sapeva, gli trovava nel viso i lineamenti sfuggitigli. In parte erano di sua madre, donna Lobianco, ma c’era la curva del naso e poi quei sopraccigli folti e neri, e probabilmente i capelli, simili ai suoi.

Sentendosi gli occhi addosso il giovane gli si rivolse:
- Cu ffu? gli chiese in dialetto.
- Assomigli a tua madre... gli venne di rispondere. E lo disse con una certa dolcezza, che colse il figlio sorpreso, e d’improvviso attento. Che sapeva lui di sua madre...

Così cominciò il discorso. Un dialogo portato avanti con coraggio da parte del padre, cercando di sapere più che di dire, nascosto dietro reticenze e mezze verità. Il giovane ascoltava senza immaginare d’avere lì vicino suo padre. C’era uno sconosciuto che gli diceva come sua madre fosse bellissima, fiera del suo lignaggio. La nobile, orgogliosa figlia primogenita del casato dei Butera. Cosa aveva spinto don Calogero ad inviare un sicario a Genova a toglierle la vita?..


I TRE UOMINI IN TRENO / 7

Il treno correva senza tregua alcuna verso l’epilogo di una delle sue incredibili storie. Il giovane covava in seno una crescente simpatia per lo sconosciuto, che gli aveva riaperta dentro la piaga della madre. Ma chi era questo Rossi, che gli aveva raccontato tanti particolari di lei e dei Butera? E glielo chiese:
- Ma non sarà per caso uno dei Butera, vussia?.. E lo guardò, gli occhi negli occhi, che avevano l’iride uguale, le stesse palpebre sotto sopraccigli quasi identici...

Lui non ritenne che fosse giunto il momento di rivelare la sua identità. La missione che aveva quell’uomo non si poteva cancellare con un colpo di scena incredibile. Soltanto un miracolo avrebbe potuto risolvere la difficile situazione. Per fortuna, per togliergli le parole di bocca, intervenne il Garibaldi.
- Butera no, il signore è il signor Rossi! ...non è vero? E lui s’affrettò maldestramente ad assentire. Chissà se gli avrebbe creduto Franco, suo figlio...
- Sì, Rossi. Sono il ragioniere Franco Rossi. Risiedo da molti anni nella Capitale. Ad Agrigento ho i parenti di mia madre.

E con questo credette di poter guadagnare tempo. Avrebbe raggiunto a Bologna i carabinieri, che l’avrebbero tratto in salvo, caricandolo sull’elicottero per portarlo via. Ora che sapeva d’avere quel figlio, da Caracas gli avrebbe scritto decine di messaggi, e gli avrebbe poi rivelato tutto, cercando di riconquistarlo. Questione di tempo.

Ma il destino incalzava. "Il Gari" prese al balzo l’assist di suo padre ed intervenne a gamba tesa, rovinando tutto dicendo:
- Rossi? ...ma è forse parente di Rossi? ...di Pablito Rossi? ...o di Valentino Rossi? ...oppure di Vasco Rossi?
- No, di nessuno dei tre. Li ricordo bene ...con un certo orgoglio per il cognome. Soprattutto Vasco Rossi, il mio cantante favorito. Con Lucio Dalla...
- Lucio Dalla! esclamò l’italoargentino. Ed aggiunse:
- Vado pazzo per quella canzone di Dalla ..."Caruso". E si rivolse d’improvviso al giovane siciliano che li stava ascoltando:
- Ce l’hai lì dentro "Caruso", non è vero? ...nell’astuccio con il violino? ...scusa sai, ma te l’ha anche gridato quel tuo amico a Firenze. Non te lo ricordi? ...Caruso, ce l’hai lì dentro!

E l’uomo in nero finalmente se lo ricordò...


I TRE UOMINI IN TRENO / Epilogo

Il treno stava entrando su uno dei cento binari della stazione centrale di Bologna. Era così come gli stava penetrando di nuovo in testa quel grido incompreso di Rocco a Firenze:
- Miiiinchia! ...Caruso ce l’hai lì deeeentro!..

Si alzarono insieme nello stridore dei freni: il figlio cercando d’afferrare l’astuccio e il padre impotente, le braccia aperte, pronto ad arrendersi, giacché ormai sapeva cosa gli stesse per accadere. I due Garibaldi restarono esterrefatti, soprattutto quando tra le mani del giovane siciliano apparve nera-lucente un’arma corta. Fu una questione di pochi secondi, né l’uno né l’altro articolarono parola alcuna. Si guardavano in faccia con sentimenti incontrati. Il dito del giovane era però già sul grilletto, e l’arma appuntava al petto di Franco Caruso, il nemico che gli era stato indicato da suo padre. L’uomo più odiato da tutti i Lobianco. Missione compiuta, ormai ...

Fu in quel momento che riapparvero le rotelline dell’automobilino rosso, e il bimbo penetrò ancora una volta innocentemente nello scompartimento. Aveva gli occhi ridenti guardandoli tutti dal basso verso l’alto. L’immagine d’un piccolo angelo. Per il giovane sarebbe bastato premere il meccanismo e sganciarlo, ma fu preso da un dubbio, quasi una connessione inattesa tra lui, il bambino e quella che avrebbe dovuto essere la sua prescelta vittima. E inavvertitamente tolse il dito dall’arma.

Il Caruso prese allora il bimbetto tra le sue braccia con un gesto paterno, e disse al giovane con fermezza:
- Franco, tu sei mio figlio! Ho amato tua madre, e tu sei il frutto da lei voluto. Sono io tuo padre, Franco. Credimi...

E Carletto fece il miracolo: il giovane abbassò l’arma confuso. Poi apparve trafelata la madre dell’angioletto, ed apparvero due carabinieri e un capitano in divisa da campo, facendo un secco saluto. E tutto prese il verso voluto sia dal caso che dal destino.

Su quel treno c’era stato davvero uno splendido miracolo, e la Vita aveva trionfato sul Male e sulla Morte.

FINE

* * *
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Giuseppe Buscemi
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MessaggioTitolo: Re: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime19/9/2008, 02:46

Finalmente l’ho letto. E dico: no che non devi tralasciare la narrativa. Qui c’è l’intreccio, la parola, il ritmo, la struttura.
L’esperimento di sezionare il racconto in brevi capitoli specifici è riuscito e asseconda la tensione, i segreti, i conti in sospeso, i palpiti dei personaggi. Che il grigio e il nero fossero padre e figlio s’intuisce prima che venga ufficializzato, così si potrebbe asciugare la spiegazione che ne dai a un certo punto (io personalmente eviterei anche la frase di chiusura, che potrebbe suonare didascalica).
Tanto gli aerei quanto il treno, poi, contribuiscono a creare quella sorta di sospensione, prima, e di claustrofobia, in seguito, quell’aria pesante che si sposa per bene con l’incalzare degli eventi.
Dolcissimo è il ruolo del bambino, simbolico e meccanico al tempo stesso. E, del resto, il rapporto padre-figlio è il tema che unisce tutti i 3 (anzi 4) protagonisti.
In qualche modo, si può dire che è la storia di un riscatto.
Un saluto
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Vittorio Fioravanti
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MessaggioTitolo: Re: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime19/9/2008, 04:14

Gibbì ha scritto:
Finalmente l’ho letto. E dico: no che non devi tralasciare la narrativa. Qui c’è l’intreccio, la parola, il ritmo, la struttura.
L’esperimento di sezionare il racconto in brevi capitoli specifici è riuscito e asseconda la tensione, i segreti, i conti in sospeso, i palpiti dei personaggi. Che il grigio e il nero fossero padre e figlio s’intuisce prima che venga ufficializzato, così si potrebbe asciugare la spiegazione che ne dai a un certo punto (io personalmente eviterei anche la frase di chiusura, che potrebbe suonare didascalica).
Tanto gli aerei quanto il treno, poi, contribuiscono a creare quella sorta di sospensione, prima, e di claustrofobia, in seguito, quell’aria pesante che si sposa per bene con l’incalzare degli eventi.
Dolcissimo è il ruolo del bambino, simbolico e meccanico al tempo stesso. E, del resto, il rapporto padre-figlio è il tema che unisce tutti i 3 (anzi 4) protagonisti.
In qualche modo, si può dire che è la storia di un riscatto.
Un saluto

Detto con tutta sincerità, ti sono molto riconoscente per questo tuo finale commento, Gibbì. Hai cristalizzato in mirate parole la critica necessaria ad inquadrare il mio frammentato racconto. "Tre uomini in treno" l'avevo scritto virtualmente proprio su un treno. Un paio d'anni fa in un altro sito, intervenendo insieme ad altri partecipanti - ma ognuno per suo conto - in un congiunto, articolato, multiple racconto a puntate... Uno degli accenni che mi fai è senz'altro giusto, ho notato anch'io qualche anticipazione di troppo. Inoltre l'epilogo della mia storia era alquanto differente, ma ho dovuto stringere i tempi e trovare un finale adeguato più o meno buonista.

Accetto i tutti i tuoi appunti che trovo logicamente fondati.
Davvero, grazie!..

Vittorio Fioravanti ***
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime23/9/2008, 14:02

Ti avevo lasciato un commento, segno del mio passaggio e della mia lettura che avevo apprezzato, anche se, personalmente, avrei tagliato un poco in qualche passaggio.
Che l'uomo in nero e l'uomo in grigio fossero legati, lo avevo intuito sin dal primo capitolo e non solo per la gradazione dei colori, in scala, che hai scelto per loro.
Non abbandonare la prosa.
Continua, Vittorio.
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Natascia Prinzivalli
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Natascia Prinzivalli


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MessaggioTitolo: Re: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime28/9/2008, 15:37

Letto con piacere ed interesse.

Bravo


_____gin
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Vittorio Fioravanti


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MessaggioTitolo: Re: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime30/9/2008, 23:00

Daniela Micheli ha scritto:
Ti avevo lasciato un commento, segno del mio passaggio e della mia lettura che avevo apprezzato, anche se, personalmente, avrei tagliato un poco in qualche passaggio.
Che l'uomo in nero e l'uomo in grigio fossero legati, lo avevo intuito sin dal primo capitolo e non solo per la gradazione dei colori, in scala, che hai scelto per loro.
Non abbandonare la prosa.
Continua, Vittorio.

No, no la abandono! ...me encantan las hembras!
Cioè: no, non l'abbandono, giacché m'affascina tutto ciò che sia femminile!
Beh, più o meno: la prosa, la poesia, la lettura e perfino l'intuizione...

Grazie,
Vittorio ***
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Re: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime30/9/2008, 23:05

Grazie a te, hombre Wink
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Vittorio Fioravanti
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MessaggioTitolo: Re: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime24/10/2009, 13:04

Terza ed ultima parte...
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Giampiero Pieri
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MessaggioTitolo: Re: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime25/10/2009, 00:13

Ciao Vittorio.
Sono felice che tu abbaia riproposto qui questo tuo racconto.
Non conoscendoti come autore di prosa l’ho letto per la prima volta con vera curiosità, conscio comunque che alla fine il risultato non mi avrebbe deluso.
Il tuo preferire lo scrivere in versi è evidente, lo si percepisce fin dalle prime righe, dal modo diretto di andare al cuore del discorso. A tratti, si ha quasi la sensazione di stare leggendo niente altro che una lunga poesia, appena stemperata dalla logicità dei periodi narrativi. O forse addirittura una lunga fiaba (io alla fiaba attribuisco – è soltanto un mio personalissimo metro, ovviamente – un valore almeno pari alla poesia: tutte e due queste forme di espressione, poesia e fiaba, vanno ad agire su fili capaci di coinvolgere direttamente l’inconscio, e qualche volta le seconda ci riesce addirittura meglio delle prima). Gli ingredienti per una scrittura di successo ci sono tutti, intreccio, fantasia, conoscenza delle cose del mondo e bella forma letteraria.
Mi ha colpito, non poco, l’ambientazione del racconto, il suo svolgersi quasi completamente in non luoghi, il treno, l’aereo, le stazioni – fatti salvi i riferimenti solo descritti a paesi o città. Soprattutto per quanto riguarda il treno, che qui diventa perfetto come scena teatrale per la rappresentazione di un dramma basato su pochissimi ben riusciti personaggi.
Finestrini ad azione manuale non certo più presenti da tempo sui treni a lunga percorrenza, la presenza degli scompartimenti. Come i protagonisti della storia, anch’esso è qui caratterizzato da qualcosa di antico. Sembra viaggiare in una Italia ancora esistente fino a pochissimi anni indietro, in una piega senza tempo ormai stirata via da un incerto progresso.
Conoscendoti attraverso il tuo scrivere come uomo uso a viaggiare il mondo, mi viene da pensare che questa scelta non sia casuale, e neppure imposta dalla visione romantica, un po’ nostalgica, di un autore italiano che da lunghi anni risiede all’estero. Mi viene invece da credere che tutto sia finalizzato a rendere possibile l’agire dei personaggi principali dentro una piccola scena, appunto, intensissima, al limite del confine temporale della sua stessa epoca.
Questa caratterizzazione, come dicevo, ricorre anche nelle descrizioni dei quattro uomini, arrivando a far proferire quel “cu fu?” ad un giovane e brillante siciliano che difficilmente, nella realtà, userebbe oggi questa espressione (o solo due tre anni fa) su un treno diretto al nord parlando, ancora, con uno sconosciuto.
Una piccola chicca è la sporadico comparire del bambino, sicuramente elemento livellatore dei picchi di tensione che gravano sui personaggi. Quella che sembrerebbe una figura marginale la scopriamo invece addirittura determinante verso il finale, capace di risolvere in lieto fine (e qui secondo me si connota la natura fiabesca del racconto) una situazione divenuta drammatica al massimo livello possibile.
C’entra Edipo in questa successione di rapporti tra padri e figli? Non ne ho idea, non sono così ferrato in materia da poterlo affermare, o da affermare l’esatto contrario. Sicuramente però si intuisce un accenno alla sfera dei sentimenti irrisolti. Accenno vago e garbato quel tanto che basta e che, come nelle fiabe appunto, è li disponibile a farsi scoprire solo da un lettore dotato di speciale sensibilità.
Se posso dare un consiglio, snellirei le varie descrizioni iniziali a favore delle parti centrai e finali -ad esse funzionali, lo so – ma che rischiano di essere anche tropo descrittive (se pure prese separatamente siano esse stesse interessantissimi spunti).
Per il resto il racconto si legge tutto d’un fiato, proprio perché come dicevo prima il detto, in questo caso, è troppo più importante di come lo si dice.
Insomma, a me è piaciuto molto. Mi auguro che se hai altri di questi “lavori” nel cassetto tu non li tenga nascosti e prima o poi tu venga a proporceli.
P.
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MessaggioTitolo: Re: TRE UOMINI IN TRENO *** Epilogo   TRE UOMINI IN TRENO  ***  Epilogo Icon_minitime

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