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 Lo strano caso del signor R.

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DarioR
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Lo strano caso del signor R. Empty
MessaggioTitolo: Lo strano caso del signor R.   Lo strano caso del signor R. Icon_minitime29/1/2008, 11:17

“Cosa desidera?”
Possiamo immaginare lo stupore del signor R. non appena sentì rivolgersi questa domanda.
Ovviamente la domanda in sé non ha nulla di sorprendente, è anzi piuttosto comune, ma se a portela è chi ti conosce da anni, non può che turbare. E non poco, se consideriamo che questa fu soltanto l’ultimo una serie di eventi inspiegabili in cui rimase coinvolto il signore in questione, nel breve spazio di pochi minuti.
Ma facciamo un passo indietro per chiarire l’intera vicenda.

La domanda piuttosto comune fu rivolta al signor R. da una sua collega d’ufficio nello stesso istante in cui lui si ritrovò, suo malgrado, impegnato a cercare le parole per esprimere lo stupore e il risentimento nel vedere la propria scrivania occupata da un giovane collega – un biondino piuttosto esile assunto da meno di una settimana - che si muoveva con sicurezza tra le sue carte, con il chiaro intento di completare una pratica per la concessione di un finanziamento ad una coppia di futuri sposi. Il signor R. conosceva la giovane coppia perché era stato lui stesso a curare la loro pratica nei giorni precedenti, e quindi il quadretto che si presentò ai suoi occhi fu talmente sorprendente da lasciargli le parole tra le corde vocali.
Tra l’altro, ad aggravare la situazione vi fu l’atteggiamento dei tre, che, pur vedendolo, finsero di non riconoscerlo.
Non vi dico lo stupore dunque, quando gli fu rivolta la domanda di cui sopra.
Ma tre indizi fanno una prova, si dice, quindi, dopo aver sperato inutilmente in un sorriso rivelatore e rassicurante da parte della donna che l’aveva appena interrogato, fu lui a sorridere, rispondendo alla domanda.
Tre indizi, dicevamo. E allora è necessario fare un ulteriore passo indietro. Che ci porti esattamente ai primi passi della giornata del signor R.

Come ogni mattina, infatti, il signor R. stava andando al lavoro a piedi e come sua abitudine, entrò in un bar lungo la strada per fare colazione. Come ogni mattina chiese un cornetto alla marmellata, un caffé ed un bicchiere d’acqua. Ma diversamente da ogni altra mattina, né il giovane barista, né tanto meno il proprietario seduto alla cassa si rivolsero a lui con un saluto caloroso. Essendo il signor R. una persona particolarmente discreta al punto da lambire la timidezza (a volte addirittura scambiata per superbia), non disse nulla, ma rimase sorpreso dalla loro freddezza. Continuando a camminare verso l’ufficio si interrogò sul perché di questo comportamene e si chiese se non li avesse in qualche modo, seppur involontariamente, offesi.
Trovò la risposta dopo una decina di minuti, prima nell’assistere all’inspiegabile scena del biondino impegnato tra le carte della sua scrivania e subito dopo nella sorprendente domanda della sua collega.
Ripercorriamo quindi, questa volta in avanti, i passi che sono stati necessari per chiarire lo stupore del Signor R., e torniamo all’inizio del racconto.

“Un prestito, mi serve un prestito”, rispose, adattando la piega delle labbra in un sorriso
Ed allora la sua collega, che col tempo era anche diventata un’amica, gli spiegò tutto quello che già sapeva e aveva a sua volta spiegato decine, se non centinaia di volte. La sua mente era però altrove: “Non mi riconoscono” pensava. “Com’è possibile?”
Continuò a ripetere le due frasi in silenzio anche dopo aver abbandonato il suo ufficio, da dove si era congedato con uno sbrigativo: “Tornerò tra un paio di giorni con i documenti necessari.”
Tornando invece verso casa, i suoi pensieri rimanevano attaccati alla dolorosa scoperta. “Non riesco a crederci”, furono le prime parole che interruppero il ripetersi delle due frasi iniziali. Ed ancora: ”Ho premuto la chiave di casa sul palmo della mano, ma ho sentito un forte dolore, piuttosto che ritrovarmi appena sveglio sul mio letto.” “Mi ha visto ma non mi ha salutato” si disse passando ancora davanti al bar ed incrociando lo sguardo del giovane impiegato.” “Che il mio volto sia completamente cambiato senza che io me ne renda conto?” si chiese infine davanti allo specchio del bagno di casa.

Considerò questa ipotesi: “Sono cambiato per tutti, magari non solo il volto, anche la voce, l’altezza, la carnagione.” Nel pensarlo fece una smorfia verso lo specchio e piegò le ginocchia di qualche centimetro immaginandosi un altro uomo negli occhi di chi lo guardava. Pronunciò lentamente anche il suo nome variando il tono della voce: “Mauro” disse, fingendosi un tenore. “Francesco” aggiunse subito dopo, cambiando nome ed alzando la voce di un paio di toni.
Poi ci pensò: “Però nessuno mi ha cercato oggi. Nessuno si è stupito della mia assenza dal lavoro. Almeno una telefonata me l’avrebbero fatta. Figuriamoci se il capo non mi faceva chiamare. Allora no, non è questo. Non sono io a vedermi sempre uguale pur essendo cambiato. Deve essere qualcos’altro.”
“Ma cosa? Com’è possibile che nessuno più mi conosca?”

Tornò in strada. Sperava di trovare un conforto in un saluto o almeno in uno sguardo di qualcuno. Sarebbe bastato che anche uno solo dei tanti conoscenti del suo quartiere lo guardasse, mostrando nel farlo di riconoscerlo, per ridurre quella sensazione di smarrimento che si stava sempre più impadronendo di lui.
“Mi confiderò, chiederò aiuto, mi basta uno sguardo” pensava. “Anche solo uno sguardo.”
Camminò per un paio d’ore incrociando una decina di persone che abitavano nel suo stesso palazzo, ma nessuno fece il minimo cenno nel vederlo. Tirarono tutti avanti per la loro strada.
Testa dritta, sguardo fisso, bocca muta.
Ogni volta era una delusione, un dolore che partiva da una fitta allo stomaco per salire alla testa.
“Devo stendermi” pensò, quando tutto intorno a lui iniziò a girare.
Era esausto. Il dolore alla testa era ormai costante, le tempie pulsavano. La fitta al ventre era diventata qualcosa di nuovo, un vuoto che riempiva lo stomaco per estendersi alla gola, trasformando il respiro in rantolo.
Sentendosi venir meno decise di tornare a casa. Raggiunse l’ingresso del suo stabile camminando con andatura incerta, la terra sotto i piedi aveva una diversa consistenza, come se il cemento fosse gomma e lui vi sprofondasse ad ogni passo.
Dopo aver premuto il tasto dell’ascensore che lo riportava al suo piano, che lo riportava a casa, si sentì un po’ meglio, allora si voltò verso lo specchio e disse un nome ogni quattro secondi, salendo ogni volta di un tono: “Mario – Francesco – Davide – Claudio – Andrea - Fabio!”
Tra il sesto e il settimo piano riuscì a ripeterli tutti molto velocemente, con un unico tono di voce: “MarioFrancescoDavideClaudioAndreaFabio!”
Sorrise prima di lasciare lo specchio, ma qualcosa nell’espressione del volto lo non lo convinse.
“No, no. Non è possibile. Sono sempre lo stesso. Mi avrebbero chiamato”, pensò rassicurandosi.

“E ora?”
“Cosa mi succederà ora?”, si chiese.
Se lo chiese guardando il tetto della sua camera da letto. “Ha la forma di un trapezio isoscele. E’ un trapezio isoscele quasi perfetto. Non l’avevo mai notato prima. Sembra una casetta disegnata su un foglio di carta da un bambino.”
Per un attimo dimenticò la scoperta principale di quella giornata e si concentro sulla forma del tetto. Gli occhi gli si chiusero. Un paio di secondi. Poi ricordò tutto. “Esisto solo per me stesso.” Una doccia gelida. Si sollevò di colpo, fissando lo sguardo sui suoi piedi e su quelli del letto. Pochi secondi, poi si lasciò ricadere senza forze.
Ma non provò a dormire. Pensava sul da farsi. Si rigirò nel letto decine di volte. Girava il buio dentro gli occhi chiusi. Gli veniva da vomitare. Allora si alzò. Tutto girava ancora. Tornò a letto. Buio in movimento. Alzò il busto, lasciando soltanto le gambe distese. Strinse le ginocchia con le mani, quasi a cercare un contatto col reale.
“Così va un po’ meglio”, disse.
Respirò profondamente. Più volte.
Rimase in questa posizione per diversi minuti. Riuscì a non pensare.
Poi si alzò definitivamente.
“Bisogna reagire!”
“Acqua e zucchero, se è la pressione troppo bassa che non mi fa sentire il pavimento sotto i piedi.”
“E’ necessaria una reazione” pensava appoggiandosi alle mura del corridoio mentre andava in cucina per bere.
Ma sprofondava ad ogni passo. Gomma sotto i piedi.
Conati trattenuti a stento.

“Mi chiamerò Fabio, da oggi” disse dopo aver bevuto.
Alcune ore dopo aver bevuto.
Dopo aver vomitato.

Disteso sul pavimento. Poi seduto.
“Una nuova vita. Mi si apre questa possibilità.”
“Sono Fabio.”
“Condurrò io il gioco adesso.”

La sera andò a cenare in un ristorante vicino casa. Era un cliente abituale, tanto che il proprietario ormai non gli chiedeva più quale cottura preferiva per la carne.
Fabio, per il gusto del grottesco che nonostante tutto non aveva ancora perso, ordinò quello che ordinava quasi sempre lì.
“Una tagliata di manzo, con rucola e scaglie di parmigiano.”
“Che cottura?” chiese il proprietario.
“Al sangue.”
“Da bere?”
“Una bottiglia di rosso, nero d’avola.”
“Quale cantina?”
Fabio continuò il suo gioco: “Non so, è stato il signor R. a consigliarmi di venire qui e mi ha anche detto che avete un vino molto buono, ma non ricordo il nome. Però lei dovrebbe ricordare cosa prende da bere, viene molto spesso.”
“Il signor R.? Non ricordo, sa, qua fortunatamente ne vengono tanti, magari se lo vedessi in viso lo riconoscerei, ma il cognome non mi dice nulla. Può dirmi il nome?”
“Mario.”
“E’ un nome piuttosto comune. Sinceramente non so individuarlo.”
Fabio si descrisse: “Alto circa un metro e ottanta, bruno, occhi verdi. Un po’ mi somiglia.”
“Ah sì,” mentì il proprietario “credo di aver capito. Ma non ricordo cosa prende da bere.”
“Mi fido di lei allora”, disse Fabio.
“D’accordo. Poi mi dirà” e si congedò con un sorriso.

La mattina dopo, il primo giorno vissuto interamente da Fabio, si svegliò di buon umore.
Doccia. Colazione. Moglie.
Dopo una doccia calda, un’abbondante colazione, decise di andare a trovare la sua ex moglie.
L’ex moglie del signor R., era la titolare di un negozio d’abbigliamento maschile al centro della città. Dopo aver guidato per circa un’ora, la metà impiegata a cercare parcheggio, Fabio entrò nel negozio.
In un terzo del tempo necessario ad arrivare, acquistò due paia di pantaloni e tre camicie. Nel momento di pagare col bancomat ebbe paura. Ma tutto andò liscio. “Almeno i soldi ci sono ancora”, si disse.
Uscendo dal negozio non riuscì a non pensare: “E’ stata molto gentile e carina, come all’inizio tra noi” poi amaramente: “siamo tutti degli ottimi venditori all’inizio, cosa diventiamo dopo?”
“Ma voglio ricordarmela così. Gentile e carina.”
“E adesso basta con la nostalgia. Mi si apre una nuova vita. Avrò molte difficoltà da affrontare. Un lavoro da trovare, nuovi documenti. Dovrò inventare che non ricordo più nulla. Che non so da dove vengo. Sarò un caso mondiale”, qui i suoi pensieri si interruppero per un attimo, lasciando spazio ad un sorriso. Solo un attimo, però.
“Lascerò la casa. Appena finiranno i soldi, lascerò la casa. Andrò a piedi in questura e inventerò che non ricordo nulla di me, che non so chi sono. Dirò di ricordare solo il nome. Fabio. Bel nome. Semplice, comune. Anche Mario lo era, ma bisogna cambiare. Fabio, va bene.”
“Una nuova vita. Una nuova opportunità. Lasciarmi alle spalle.”
“E se poi un giorno le cose cambieranno ancora e qualcuno mi riconoscerà, ci sarà ridere. Allora sì, che diventerò davvero un caso mondiale. Parleranno di me nei libri di storia ed anche di scienza.”
“Lo strano caso del signor R.”
“Perché ho avuto tanta paura all’inizio? Forse era soltanto il naturale timore che ogni cambiamento porta con sé. In quanti vorrebbero cambiare vita? Si dice spesso così: da domani cambio vita. All’inizio dell’anno. Quando si vuole lasciare un brutto periodo alle spalle. Definisci periodo, dicevo fino a due anni dopo la separazione, quando mi chiedevano se era un periodo no.”
Sorrise, e parlò ai passanti che andavano rapidi, verso uno scopo: “Signori, da oggi, per tutti, sono Fabio.”
Qualcuno si fermò a guardarlo, allora chinò il busto, e portando una mano davanti e l’altra alle spalle, concluse:
“Che la recita abbia inizio!”


Ultima modifica di il 3/2/2008, 16:40 - modificato 1 volta.
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Massimo Guisso
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MessaggioTitolo: Re: Lo strano caso del signor R.   Lo strano caso del signor R. Icon_minitime29/1/2008, 12:37

... imperdibile racconto nello stile più unico che raro di DarioR: uno dei miei Autori preferiti... Ed io ne ho lette tante, di cose, che voi umani non potete nemmeno immaginare...
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Daniela.Micheli
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Daniela.Micheli


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MessaggioTitolo: Re: Lo strano caso del signor R.   Lo strano caso del signor R. Icon_minitime3/2/2008, 11:35

E ti ritrovo, con il taglio che sempre contraddistingue la tua prosa, questa poi meriterebbe davvero una messa in scena, uno, nessuno e centomila. Bello pensare di svegliarsi un giorno e non essere più Mario ma Fabio oppure scegliere di essere Davide. Bello pensare di avere altre chance. O forse le abbiamo già, meno surrealisticamente le potremmo toccare ma non le riconosciamo.
Ciao, Dario, torna Smile
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DarioR
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MessaggioTitolo: Re: Lo strano caso del signor R.   Lo strano caso del signor R. Icon_minitime3/2/2008, 16:41

gocciadisplendore ha scritto:
ti ho letto per la prima volta. bene. una bella lettura. in questa frase ti è sfguggito un refuso "ma se ha portela è chi ti conosce da anni,£
Che figura! Grazie
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MessaggioTitolo: Re: Lo strano caso del signor R.   Lo strano caso del signor R. Icon_minitime4/2/2008, 00:18

Ottima la costruzione che rende spedita e piacevole la lettura della tua pagina. Lentamente, leggendo, avanza un sorriso ma poi a ben pensarci è amarezza. Infine stupore.
Certo, ricominciare da capo, come non averci pensato prima...
Bravissimo.

clelia
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MessaggioTitolo: Re: Lo strano caso del signor R.   Lo strano caso del signor R. Icon_minitime8/2/2008, 18:28

Un "Fu Mattia Pascal" visto dall'altra parte, per così dire...
Molto piacevole leggerti: le tue storie sono sempre interessanti e ben costruite, sia come "architettura" che come scrittura!
Complimenti. Almitra.
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Massimo Guisso
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MessaggioTitolo: Re: Lo strano caso del signor R.   Lo strano caso del signor R. Icon_minitime8/2/2008, 19:41

Ma anche... (congiunsione alla Balter Beltroni)...
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MessaggioTitolo: Re: Lo strano caso del signor R.   Lo strano caso del signor R. Icon_minitime8/2/2008, 20:15

Massimo Guisso ha scritto:
Ma anche... (congiunsione alla Balter Beltroni)...

ANCHE nel senso di ossa del bacino (non di carenaggio), cioè dei fianchi?
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MessaggioTitolo: Re: Lo strano caso del signor R.   Lo strano caso del signor R. Icon_minitime

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