Concentrato sulla mia distrazione,
cammino preoccupato.
I miei passi non hanno occhi
e davanti a me,
improvvisamente, una donna
con pensieri montati a neve
e una parola stretta in pugno,
per la sua collezione di poesie.
Mi distraggo nell’osservarla
e la urto.
Lei è sorpresa,
la sua mano è vuota
aperta e sudata
chiede aiuto all’aria.
La sua parola cade in terra,
va in pezzi.
Le chiedo scusa,
(imbranato che sono)
raccolgo goffamente quei pezzi,
provo a ricomporli
cercando di scrivere qualcosa di sensato,
lei si china per leggere,
si meraviglia,
piega il collo
di nuovo,
dall’altra parte,
aggiusta qualcosa,
sembra giocare con le parole
mentre canta una nenia,
si passa una mano tra i capelli,
cambia ancora posto a qualche lettera.
La osservo,
custodisco quei suoi gesti
di bimba, a terra,
che gioca con un puzzle.
Solleva la testa,
mi sorride e mi chiede.
“ti piace?”
"dici a me?”
replico spiazzato
“certo sciocco”
mi risponde lei
senza guardarmi in faccia.
Si accomoda sulle ginocchia,
io leggo quei pensieri,
pezzi ricomposti di una parola,
penso “non era infrangibile”.
Lei scuote la testa, si alza,
raccoglie il tutto e va via
di nuovo sta cantando.
Le cadono alcune lettere
Troppo piccolo il suo pugno
le raccolgo,
tra le dita avverto
che trama hanno.
Le metto nel mio diario,
e confido al nulla tra le righe
“lei ancora non lo sa
ma scrive storie bellissime…”