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 quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria

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Roberto Miano
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MessaggioTitolo: quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria   quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria Icon_minitime23/10/2008, 17:25

Era tardi, tornavo a casa con lo scooter.

Roma di notte è compagna assolutamente elegante. Riesce a farti gradire anche la grigia vestaglia delle borgate, i ponti sono slanci su quadri nascosti, ogni sguardo un attimo rubato all’ignoto.

Non c’era nessuno in giro.

Anzi, c’era lei. Esile, "bionda senza averne l’aria"*, bella senza dubbio, mortificata da un trucco volgare e da vestiti succinti ma male assortiti.
Rallentai fino a fermarmi affianco al suo marciapiede.
Lei, infreddolita e sospettosa, si tirava dietro passi e pensieri.

Non ero mai andato a puttane, e in sostanza non ne avevo mai avvicinata una, per cui iniziare una conversazione era la cosa alla fine più difficile. Mi rendevo conto che comunque potessi esordire, in quell’incipit ero comunque un potenziale cliente per lei.

Poteva avere per lo più diciott’anni, due gambe esili scendevano a terra da una minigonna di similpelle bianca, calze a rete nere e un top verde acido.
Mi feci coraggio, girai la chiave per arrestare il motore dello scooter, e banalmente dissi
“Ciao! Volevo chiederti… sì, insomma… ti andrebbe di far due chiacchiere? Se ti va, io prenderei volentieri un caffè…a te va un caffè?”
L’idea del caffè mi sembrò da subito una cretinata, ma oramai l’avevo lanciata e tornare indietro avrebbe palesato ulteriormente la mia goffaggine. Lei disegnò qualcosa con la punta del piede destro, poi finalmente alzò lo sguardo, quindi si guardo intorno e senza mai guardarmi in faccia, anzi evitando accuratamente il mio sguardo, disse
“Non mi posso allontanare da questo marciapiede, e se non l’avessi capito non sto passeggiando perché a casa mi annoiavo…ma poi… si può sapere che cazzo vuoi?”
Uno a zero per lei. Replica inoppugnabile. Decisi di rispondere con schiettezza “Non lo so! Ti confesso che non lo so, ho semplicemente voglia di parlarti, così come potrei aver voglia di parlare con una ragazza che mi piace, che mi è simpatica, ma la risposta più esatta è che non lo so… ho voglia di parlarti e basta”. Un fumetto confuso della mia bocca tradì un po’ d’ansia. Lei se ne rese conto, si avvicinò e mi disse sottovoce “Vabbè, tanto stasera nun se batte chiodo e lo-stro-nzo non sta neanche in giro. Ma niente caffè, non mi piace, né il caffè, né il barista.” Guardò un’insegna blu dall’altra parte della strada.

Ci mettemmo seduti su un muretto, quindi mi chiarì subito quelle che definirei delle regole inderogabili a quel nostro “poter parlare”.

“Non farmi domande del cazzo, tipo…mhh… chiedermi perché faccio la mignotta..."
“Non rompere i coglioni con blablabla sull’amore..."
“Non provare a farmi la morale e…”
qui improvvisamente il suo modo di parlare divenne più ponderato e l’aggressività scemò
“Non farmi domande tipo se ho dei sogni o se sono stanca…”.
Poi, uscendo però dal suo decalogo, continuò “Io mi chiamo Dana, sono di origine rumena, forse, ma sono nata a Roma, forse, ho quasi diciannov’anni, forse, e ho alle spalle troppe… esperienze…”. Non aggiunse alcun forse. Il suo sguardo diventò di nuovo cattivo e le parole le uscivano dalla bocca quasi strappate dai denti.
“Mi hanno fatto conoscere smanie, perversioni, tristezze e schifezze che perdio io mica lo so quante donne le proveranno in tutta la loro vita e sono sicura che tu neanche te l’immagini… te lo vedo in faccia che sei un ragazzo semplice, tu non hai malizia; se hai visto qualche film porno allora poi vagamente immaginare la merda che io maneggio ogni giorno. Ma tu… “ sorrise con una strana smorfia di affetto quasi materno ”… dico, guardati, stai impicciato forte, te vergogni pure solo de sta qui di fronte a me. Tu non ci sei mai andato co’ una puttana… Bono! Non risponde, non dì bugie, non era una domanda. Lo so che no! Peccato però! Peccato per me, dico. Peccato perché… ogni tanto capita qualcuno come te, sapessi che tenerezza che mi fate, così ansiosi di scoprire com’è a fare l’amore. Così agitati prima ancora di chiedermi quanto, come una lattina di coca sgrullata bene bene, si tirano giù le mutande e quasi non riescono nemmeno a scoparti che vengono subito! E vedessi che faccia poi! Poveracci… Sono venuti al circo e lo spettacolo è durato neanche un minuto… Io mi tiro su le mutande e per loro cala il sipario. Triste no? Eppure, non si fanno mai problemi, pagano e vanno via, zitti zitti, in punta di piedi, forse anche un pochetto innamorati di questa mignotta che li ha abbracciati per un minuto.
Mi fanno una tenerezza. Qualche volta ritornano e mi cercano. E quando mi rode il culo li tratto male. Allora li vedo delusi, ma mica della scopata, perché non li ho mai guardati in faccia durante quel minuto “d’amore”.
Ecco, quelli sono alcuni dei pochi momenti in cui veramente mi vergogno di quello che faccio. Sono ragazzi, ragazzini, anche se magari hanno dieci anni più de me, e ogni volta mi auguro, e se non ci credi non me ne frega un cazzo, che non tornino e che trovino una che gli e la da gratis, nel senso una che… sì, insomma una fidanzata.
C’è una canzone che mi piace tanto…” si fermò un attimo e cercò di ricordarla “...si è lei, quella che dice ” Sorrisi, conoscevo bene la canzone, interruppi il mio silenzio con un una didascalia istintiva “Baglioni!”
Lei fece spallucce “Si mi sa di si! Guarda però che la frase non riguarda a me… ma riguarda a quelli come te… Svegliati! Tu, t’affacci dalla finestra e se pure vedi tutto ‘sto grigio, ‘sto schifo, ‘sti paesaggi, ‘ste strade piene di mondezza, puttane, papponi e sorci, beh c’hai l’occhi ottimisti che vanno su a cercare le nuvole e fanno finta di non vedere cosa c’è sotto.
Sai qual è il tuo problema? Come si chiama quella malattia… ah sì, tu sei come un daltonico, ma però al contrario. Vedi i colori dove non ci sono. Se vuoi un parere di una che dalla vita se ne intende, beh, la vita è un film serio, non sempre bello, te lo posso dire io… con tutte le immagini rovinate e in bianco e nero…”.

Mi chiese se fumavo, e si accese una sigaretta. La sua bocca era decisamente sensuale e questa cosa mi inquietava. In quel gesto, compresi la sua condanna, era diventata una donna di mondo a soli vent’anni, sarebbe invecchiata e forse si sarebbe arresa alla vita prima ancora della mia età.

Una boccata di fumo le ridiede la parola.
“Eppure ci stanno cose che io non conosco, fino a cinque anni fa ero una ragazzina, in cinque anni sono diventata mia madre, la moglie di mio padre, l’amante di qualche fratello, il giochetto di vari cugini, ma soprattutto sono diventata una donna forte e coraggiosa. Eppure, ho paura. Ho sempre tanta paura! In cinque anni la mia vita…” la sua bocca tracciò un sorriso sincero “è decisamente andata a puttane!”.

Faceva fresco e lei poggiò le sue mani sulle cosce che aveva accavallato con grazia, questa cosa mi incuriosì perché era un segno, la donna che era in lei di tanto in tanto riprendeva il controllo dei suoi gesti, peraltro ridotti al minimo in un ambiente dove per sopravvivere devi fare poco, poi continuò a parlare.
“Ogni giorno un porco, almeno uno, ti ansima addosso, ti sporca… ”
I suoi occhi ora erano lucidi e tremanti, la sigaretta era strozzata dalle dita e violentata dalla sua bocca nevrotica, mi trovai in palese imbarazzo di fronte a quel cenno di lacrime e fu lei che addirittura mi tirò fuori dal pantano umorale prendendomi le mani, non prima di avermi chiesto il permesso con gli occhi. Il mio impaccio diventò pudore.
“Ricordati… sono gli altri che mi scopano, io in quei momenti non sto con loro, tradisco il mio corpo, lo lascio per cinque lunghissimi minuti al suo disgraziato destino, io devo salvarmi l’anima, devo farlo, per non sentrimi umiliata, per non vedermi lì a terra e comunque sempre sotto a qualcuno… la cosa peggiore però…” mi strinse più forte le mani “…è vedere da vicino lo sguardo vuoto di quelle persone sudate, che ridono di me e godono sopra a me, e riescono a malapena a vergognarsi un po’ quando si tirano su i pantaloni con un pudore strano, come se non m’avessero già fatto vedere… “ fece un tiro di sigaretta, soffiò fuori il fumo, trattenendo invece tra i denti “…’sto cazzo che me se frega!...” Altra pausa “...unico metro di misura dell’orgoglio di certe… persone…!”.

Riprese un po’ di spirito e tornò in sé, anche con lo sguardo che mi cercò di nuovo. “E’ proprio in quei momenti di sdraiata umiliazione che capisco che qui dentro…” si indicò la tempia destra e poi subito dopo il seno “…c’è qualcosa. Io devo credere in me, non ho tempo per sperare che primo poi qualcazzo di qualcosa mi succede di buono. Io, almeno io, non devo fottermi …”.
Dana fece silenzio e mi lasciò le mani. Quindi, sospirando rassegnazione mi strattonò la camicia, quasi scherzando “Allora? Che mi dovevi chiedere?”

[...]

“Un bacio!” le dissi trattenendo una ingombrante ansia in petto, lei si irrigidì un attimo, quasi delusa, “...sulla fronte…” aggiunsi. Allora, abbassò gli occhi, distese un sorriso e si avvicinò. Le diedi un bacio che voleva poter significare mille auspici e forse ripagare qualcosa di cui ancora non avevo chiari i contorni.

Salii sul motorino e le augurai buona fortuna, accesi il walkman e andai. Dana mi fece un cenno ch’io percepii vagamente dallo specchietto. Feci un respiro profondo e abbandonai i miei pensieri correndo via velocemente su una strada che bollai come bastarda.
In tasca avevo il calore delle sue mani, in testa le sue parole, in faccia l’aria fresca di una notte appena iniziata, nelle cuffie i versi di una canzone che sembravano appena scritti per lei



Bella, d’ una sua bellezza acerba, bionda senza averne l’ aria,
quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria,
il silenzio era scalfito solo dalle mie chimere
che tracciavo con un dito dentro ai cerchi del bicchiere... *




*Francesco Guccini, Autogrill
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MessaggioTitolo: Re: quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria   quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria Icon_minitime23/10/2008, 19:51

Lei, infreddolita e sospettosa, si tirava dietro passi e pensieri.


Qual bel racconto, Miaghi.
quanta condensata liricità,
quanta emozione!
C.
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rubinia
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MessaggioTitolo: Re: quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria   quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria Icon_minitime23/10/2008, 20:35

Ho letto una foto e il suo negativo.
Ho letto di una piccola lei che ha una vita che vale per tre.
Ho letto una grande lei che non ha niente(se non qualcosa nella mente e nel cuore) e che spiega e consola chi nella vita ha molto più di lei(o no? altro contrasto foto- negativo).
E ho letto di un uomo che parla di,a e per una donna.
E ho letto questo:

tu sei come un daltonico, ma però al contrario. Vedi i colori dove non ci sono.

Bellissima
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Daniela Micheli
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Re: quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria   quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria Icon_minitime23/10/2008, 20:57

Citazione :
“Un bacio!” le dissi trattenendo una ingombrante ansia in petto, lei si irrigidì un attimo, quasi delusa, “...sulla fronte…” aggiunsi. Allora, abbassò gli occhi, distese un sorriso e si avvicinò. Le diedi un bacio che voleva poter significare mille auspici e forse ripagare qualcosa di cui ancora non avevo chiari i contorni.

Sei tu, sì.
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MessaggioTitolo: Re: quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria   quasi triste, come i fiori e l’ erba di scarpata ferroviaria Icon_minitime23/10/2008, 23:45

Citazione :
tu sei come un daltonico, ma però al contrario. Vedi i colori dove non ci sono.

in fondo Dana dice come dovrebbe essere l'arte dello scrivere... mettere i colori laddove la distrazione ne distoglie... ovvero darci di china dove si vuole truccare lo schifo con colori volgari...


questo testo nasce da tante sere passate di corsa su strade dove ho visto tante ragazze... tante, troppe in cui mi sono chiesto "cosa direbbe una ragazza se mi fermassi per parlare con lei?"

ovviamente non lo ho mai fatto, perché sono timido, perché sono vigliacco, perché sono un uomo da nascere, perché non si sa mai...

questo testo è il mio risibile tributo all'inerzia di fronte all'abitudine di poter constatare quante strane realtà ci attraversano la strada per un attimo...

non credo che in questo caso un bel testo, ammesso lo sia, arrivi a scagionare l'indifferenza reale opposta alla rabbia intellettuale...

noi lottiamo tra le righe, loro debbono prostituirsi sopra le righe...

mi sarebbe piaciuto darglielo quel bacio daniela, ad una qualsiasi, mi sarei sentito, mi sentirei, oggi, meno colpevole di indifferenza...

ma io so appena scrivere... vivere con giustezza è arte diversa, rara assai...


rob
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