Il casato della famiglia Orsomondi da Fioraldo

La grotta dove viveva la famiglia Orsomondi da Fioraldo era linda e curatissima, nulla era fuori posto.
Era l’orgoglio di quell’angelo del focolare che si stava affaccendando in cucina; mamma Orsilia era una perfetta padrona di casa: ogni mattina preparava la colazione ai suoi orsetti, aiutava papà Orsone a radersi per benino, poi gli dava una mano a scegliere gli abiti del giorno nell’armadio, e lo seguiva passo passo nella vestizione, per evitare che uscisse con un calzino blu e l’altro nero, come spesso accadeva quando lei non vigilava.
Davanti alle tazzone, piene di latte e miele, si scambiavano i soliti commenti mattutini, con gli occhi dei suoi orsetti gonfi del sonno perso a giocare alla playstation.
Quando tutta la famiglia era pronta, il marito sulla sua bear-mobile che lei lavava ogni sabato, passandoci per bene la cera a lucidarla come nuova, fatti salire gli orsetti sullo scuolabus coi loro cestini della merenda sotto il braccio, Orsilia poteva dedicarsi alla prima fumatina della giornata.
Quanto se la gustava, quella sigaretta…
Si sedeva sul comodo divano di pelle umana, aspirava lentamente il catrame fino a che non lo sentiva entrare bene e riempirle i polmoni, per poi gettarlo fuori in una nuvoletta azzurra che si disperdeva verso il soffitto lindo.
Dopo di quello andava a farsi una doccia, si metteva la divisa azzurra da colf ed iniziava con le pulizie.
Era così da venti anni, ogni mattina lo stesso rituale.
Quel giorno però la sua prima sigaretta non l’aveva quietata, era nervosa, non riusciva a capire cosa non funzionava.
Guardò il calendario e vide che il cerchietto rosso che controllava il suo ciclo era ancora lontano, quindi poteva tranquillamente scartare il tipico nervosismo premestruo.
Pensò poi a mamma Orsomanda, non si era fatta sentire in quei giorni, quindi non era neppure un’ansia dovuta ad un’ennesima performance della sua adoratissima suocerina sprint.
Eppure….
I peli sul corpo le si rizzavano, quelli sulla nuca parevano essere stati caricati d’energia elettrica, tanto le stavano ritti.
Quelle sensazioni lei le conosceva bene, negli anni passati ogni volta che si era trovata così era poi successo qualche cosa: ricordava la volta che avevo dovuto chiamare i pompieri perché il nonno Orsovaldo si era chiuso dentro al bagno ed aveva gettato la chiave nella tazza, in uno di quei giorni che era particolarmente presente e che la testa vagava chissà dove.
Poi quella volta che Orsolino, il sua cucciolo, si era arrampicato sopra un albero e non riusciva più a scenderne: Orsone aveva dovuto abbattere quella bellissima quercia… Quanto aveva pianto, quel giorno: era la quercia che l’aveva vista crescere, quella dove aveva scambiato il primo timido bacio con Orsone.
Ricordando questi episodi della sua vita, iniziò a rassettare le camerette degli orsetti.
Il caos regnava incredibile come sempre, roba sporca assieme a quella pulita.
Sospirando, divise la biancheria e l’ammucchiò in un angolo, nell’attesa di andare a preparare la prima lavatrice della giornata.
Finite le camere si diresse nel bagno.
Qui un urlo che non aveva nulla d’umano, infatti, era un esemplare bellissimo d’orsa, salì dalla sua pancia alla gabbia toracica, da lì alla gola per poi uscire prepotente dalla bocca, facendo tremare il lampadario finto liberty che pendeva dal soffitto.
La visione che si apriva ai suoi occhi era terribile, non la sopportava proprio: l’ascia del water era tutta bagnata, ancora una volta non l’avevano sollevata!!!!
Ogni giorno lo diceva, aveva pure stampato un cartello, con disegnato un bersaglio, che citava “O miei amati orsi, siate bravi quando qui venite, prendete in mano la situazione e vedete di fare centro”.
Ma quello non era niente: nel vedere il lavandino e quello che c’era sopra, capì che cosa erano tutti quei segni premonitori.
In bella vista, con il tappo da una parte ed il tubo dall’altra, stava il dentifricio inaugurato quel mattino e…….. piegato a metà!!!!
Era la cosa che la faceva infuriare, quella, la faceva diventare una belva feroce, non lo sopportava quel tubetto nuovo pigiato a metà!
Non potevano spremerlo da basso? No, non potevano, troppa fatica….
Riportando alla mente tutti gli insegnamenti del suo maestro yoga, respirando profondamente, inspirando, espirando, inspirando, espirando, inspirando, espirando… riuscì a tranquillizzarsi un attimo.
Si arrampicò sull’armadio di noce massiccia che copriva la parete della sua camera, prese il Winchester di nonno Orsovaldo, con una calma incredibile scese in cucina, sistemò una sedia di fronte alla porta-finestra e, con fucile tra le gambe, attese.
Orsone, Orsolino e Orsoprimo non capirono quando le pallottole si ficcarono al centro della loro bella testolina, cosa aveva irritato la loro adorata Orsilia.