Il mio tempo si firma in piccolo

Era il tempo dei girasoli.
La mano di un dio sempre in ritardo ne aveva stabilito solo ora la semina, chè di stagioni lui è il padrone, del tempo il momento dell’accadere.
Mi trovò impreparata, abituata a vivere tra fili d’erba a ricciolarne le fragili punte, chè non sono petali e corolle a impreziosire radici.
Ad annusare chinandoti, ne senti anche il profumo e non occorre pioggia nè taglio secco per chi si nutre di sguardi e ascolta il silenzio dei fruscìi.
Olfatto e i suoi compagni raffinano il sentire di ciò che rimane offuscato, nascosto, trascurato.
Così penso di questo dio,distratto e dimentico di piccole anime e di speranze fragili,di fili che cuciono strappi al suo infinito,
di punti attenti e abbandonati in uno sguardo sfuggevole, di piccoli giardini che sono praterie in cui correre e rincorrere e che non saranno mai zona protetta.

Era il tempo dell’inseguire,ed io il tappeto su cui dare passi al sole.
Incastri fortunati in cui manca a volte il fiato nella scalata al cielo e dove nel continuo rigiro di luce e tepore rischi di perderne la direzione.
Colpa forse delle nuvole che si intrufolano tra il tempo e il tuo spazio, tra l’invisibile e la meta, tra il bersaglio ed il tuo centro.
Necessario è quindi trovare l’abitudine a certe altezze,e i riccioli occorrono per la difficoltà di certe salite.
Scale a chiocciola a tentare, molle per eventuali cadute.

Per il resto, il sole è sempre stato un atto di fiducia al domani e dalla mia postazione, ringraziai dio per quella semina inattesa e desiderata,sentendomi gigante in quelle mani che accarezzavano l’erba.

Un consenso ancora tacito alla mia custodia di piccoli cuori che forse un giorno saranno pilastri a cattedrali di querce eternali.