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Presagi di buio terrore
Lirica di Vittorio Fioravanti
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Fosse scavate
da mani umide di pianti
cento sepolcri aperti
ancora vuoti
nei riverberi chiari
che scendono lungo i fianchi
delle colline intorno
Si attende la fine
guardandoci in faccia
sappiamo bene
ogni cosa ha i suoi limiti
l’esistenza di uno
un lungo viaggio l’amore
come la morte
e anche star qui ad aspettare
mentre ci spiano dall’alto
armi spianate in mano
nel vile silenzio
di questo momento
Passa un volo d’uccelli
liberi come l’aria
una ventata di vita
l’ora è ormai ferma
finita in frammenti
dilatata fase d’un oggi
lontano un abisso di tempo
dalle sponde di ieri
un giorno allo sbando
senza un domani
Fronde sfrontate
ci sono gli alberi
a parlare per noi
rimasti zitti
uno stormire irrequieto
e vengono nubi oscure
coprendo il cielo
presagi di buio terrore
d’un inatteso risveglio
Stringo la mano vicina
l’ansito cresce in noi
esseri umani siamo
di razza odiata
ceto bastardo
ci vedono come animali
le nari accese
dal nostro odore sottile
C’è infine il trillo osceno
d’un cellulare e la voce
che ripete ordini ricevuti
e cifre a confronto
gli occhi su tutti noi
che ascoltiamo
in preda all’angoscia
Mi rendo conto
allibito
che non ci ammazzano tutti
soltanto una parte
ma intanto non so
se ci sarò dentro coinvolto
in quel numero scelto
o se dovrò ancora aspettare
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Caracas, agosto 2005
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