La fame non ha mai denti buoni

E' la stessa storia di sempre
e non se ne esce.
Ne ho quasi vergogna
come parlare che a volte
è un vizio inutile.
Per questo mi rattristano
non poco
queste mani composte sul tavolo
una candela tutta consumata
e al centro
due olive nere nel piatto.
Le stesse di ieri, solo più magre
una per te ed una per me.
E poi silenzi
per mangiarne una settimana intera.
E mi dispiace moltissimo
saperci imbalsamati
sulle nostre grucce regolabili
digiunandoci parole.
Sembriamo due cappotti smessi
da qualcuno più grande di noi.
Ed io l'ho capito
che il mio non mi sta mica bene
sfiorisce male sulle ginocchia
facendomi più alta
di come poi non sono.
Mai stata.

Hai descritto un mondo, mi ha ricordato il dopoguerra, quando una sola oliva magra era un lusso.

A me piacciono basse...

scusami Francesca, avevo le idee chiare, composte man mano che leggevo, mi sembrava una fame di amore che non c'e' piu', di quei silenzi a tavola, lunghissimi interminabili, che alzarsi e' un sollievo.
Mio nonno mi raccontava della guerra e del dopo, del poco che c'era nei piatti e i sacrifici a mettercerlo dentro quel poco, ma non c'era vergogna mi diceva, la vergogna era alla guerra.
Adesso che l'ho nel cuore, per favore Francesca mi aiuti a capire?

Ecco, Sorcio
che poi spiegare non ha senso .. nel senso che se arrivano le sensazioni è un bene, altrimenti è solo un peccato.
Ma all'onor del vero ... di guerra non parlo. Non di quella fatta coi soldati, almeno.
Questa mia, ha la visione che avevi intuito all'inizio, ma leggendola, mi rendo conto delle sue molteplici forme di lettura. Di certo la fame non è prerogativa della sola guerra. La fame, può essere d'amore ... e poi, metaforicamente, anche la guerra ci sta tutta.
Cosa ti ha fatto dubitare sulla tua, comunque libera, interpretazione?

A me ha fatto venire in mente che mi devo mettere a dieta. Digiuno di parole.
Sei grande FRANCESCA.

grazie Francesca e scusami per quello che ti ho fatto fare, ma solo perche' l'avevo nel cuore.
Le ho viste tutte quelle immagini, e tu le hai scritte in un modo che tocca,mi tocca, per la dignita' e per l'assoluta mancanza di rancore, per la malinconia per la consapevolezza che cresce piao piano, inesorabilmente.
due olive nere nel piatto, un poco, pochissimo, che puo' diventare meno.
IL dubbio, e' per le sue molteplici forme di lettura.
grazie Francesca, ho ritrovato un pezzo della mia memoria che avevo cancellato.

sgiusso, se tu digiuni le parole a noi ci tocca digiunare di risate e di ottimi pensieri

Opssssss Penna

beh .. GRASSIEEEEE :-)

E' una bella poesia, ricca anche di immagini.
In quelle due olive scarne che devono bastare per una settimana
hai messo gran parte del suo significato.
Che poi anche in disarmo e in ricchezza - metaforicamente-
esistono realtà di carestie epidemiche che si trasmettono dall'uno
all'altra come una malattia.
La malattia del non sapersi più.
la malattia del non trovarsi più.

Resto e mi confermo tua convinta ammiratrice.
Sei così naturale e bella in questa poesia...
Grazie Francesca.

clelia

l'ho riletta volentieri, perché è come stare davanti allo specchio delle verità

ragazzi, non immaginate quanto sia grande il mio grazie .. per tutti voi. amici.

Grassie: sì, vabbè, ma.... tradotto in soldoni, o meglio, IN NATURA, quanto/cosa fa, insomma quanto è grande, con precisione???

un grazie grande come il mondo - Rodari docet :-)

Francesca,tu hai il potere ogni volta di farmi ricredere su di te.
Ogni volta penso che l'ultima sia la migliore, poi ne scrivi un'altra
la cosa si ripete. Questo testimonia quanto stia crescendo il tuo scrivere
e il fatto che ogni volta, i pezzi del cuore che metti, sono sempre più grandi,
più importanti, mettendoti in gioco completamente, fino che si riesce
ad annullarsi.
cino