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 LA STRISCIA DI SORRENTO IV

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Natascia Prinzivalli
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Natascia Prinzivalli


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MessaggioTitolo: LA STRISCIA DI SORRENTO IV   LA STRISCIA DI SORRENTO IV Icon_minitime22/1/2009, 13:55

Appena entrati a Milano, infatti, gli austriaci fecero abbattere tutte le statue dei santi locali, sostituendole con quelle del generale Radetzky, ritratto con il classico casco con il chiodo, sormontato da una vistosa stella alpina.

Gli stati confinanti però, che non avevano riconosciuto la nazione austriaca, la attaccarono militarmente nel giorno stesso dell’inaugurazione, prima ancora che la bandiera con la stella alpina a sei punte venisse issata sul Duomo di Milano, accanto alla Madonnina.

Ma gli austriaci non si fecero cogliere impreparati, e dalle loro sacche da immigrante, piene di calzini sporchi e di patate indurite dalla salsedine, uscirono improvvisamente cannoni, carri armati e jet nuovi fiammanti, che si sbarazzarono in poche ore di eserciti, come quello svizzero o quello sloveno, che di militare avevano soltanto il nome.

Non parliamo poi degli italiani, che non avevano mai conosciuto la guerra, e si erano presentati in battaglia armati di chitarra e mandolino, che cercavano di usare come clava contro i carri armati del nemico. (C’erano anche quelli con la lupara, volendo, ma si trovavano molto più a sud, ed erano difficili da contattare a causa dell’idioma particolare che utilizzavano).

I bergamaschi per l’occasione avevano procurato delle speciali pietre della Val Brembana, che a prima vista sembravano devastanti, ma che si rivelarono troppo friabili all’impatto con l’acciaio corazzato.

Anche le vecchie golette della Repubblica di Venezia, rispolverate per l’occasione, si trovarono in grosse difficoltà nel risalire le acque anguste dei torrenti prealpini, e dovettero alzare bandiera bianca prima ancora di aver esploso un solo colpo di archibugio.

Insomma, la disfatta fu totale, e gli italiani si risvegliarono con gli austriaci che avevano occupato la loro terra fino a Trieste da una parte, e fino a Torino dall’altra. Si erano anche impadroniti delle alture del Monblanc, note per le ricche fonti d’acqua che irrorano tutta la pianura padana.

Nel corso della notte gli austriaci erano anche riusciti a costruire centinaia di case coloniche un pò dovunque in nord Italia.

- Ma come avranno fatto? – si domandavano allibiti gli italiani – Non è che per sbaglio abbiamo dormito per tre mesi?

- No, loro sono fatti così, da sempre. Sanno costuirsi un villaggio intero in mezza giornata, e se lo smontano e portano via in venti minuti, se devono scappare di corsa. E’ la diaspora che li ha abituati.

Nella val Trompia un gruppetto di italiani provò ad avvicinarsi ad un casale che era stato occupato dagli austriaci, ma fu accolto a fucilate. Gli italiani dovettero rassegnarsi a comunicare con gli occupanti urlando nascosti dietro a un trattore.

- Ueh giovanotto - urlò uno degli italiani, con forte accento bergamasco – và che quella è casa mia!

- Cosa ha detto? - urlò l’austriaco appostato sul terrazzino.

- L’ g’ho dit che hela l’è ca’ mea, o porcudìo! – urlò imbestialito il bergamasco.

- Ha detto che quella è casa sua – tradusse l’amico, che era di Milano e si faceva capire bene dall’austriaco.

- Era, casa sua – lo corresse l’austriaco – ma voi ci avete attaccato, e adesso qui abitiamo noi. Così imparate.

- Eeeh ostia, atacàto, adiritùra! – bofonchiò il bergamasco – per quater peder che l’ g’ ù tirà…

- Cosa ha detto? - urlò di nuovo l’austriaco.

- Dice che per quattro pietre che vi ha tirato, non gli sembra il caso di portargli via tutta la casa.

- Non sono le pietre, è il gesto che conta! – rispose l’austriaco.

- Ma chè gesto e gesto, bilòt! – urlò il bergamasco alzandosi in piedi - Vieni qui che te lo faccio vedere io il gesto, deficent d’un deficent!

Per tutta risposta una fucilata gli fischiò sopra la testa, obbligandolo a chinarsi di nuovo dietro al trattore.

- Occhio che quello non scherza – gli disse l’amico.

Ma il bergamasco mise di nuovo fuori la testa, sprezzante del pericolo, e urlò all’austriaco:

- Ueh giùvin, t’è fini de fà el scemu si o no? La g’hu denter la vaca e il caval, e g’hù de daggh de magnà! Va fora di bàl e basta, porcudìo!

- Vorrebbe sapere se ne avete ancora per molto – tradusse il milanese, correggendo leggermente – e chiedeva se nel frattempo può venire a dar da mangiare alla sua mucca e al suo cavallo.

- Non mi fido - rispose l’austriaco – Sappiamo che ci odiate, e aspettate solo la prima occasione per buttarci tutti nel lago.

- Ma quale lago, scusi? Dietro a lei ci sono solo le montagne.

- Lo sapete benissimo di quale lago parlo, non fate i furbi. Voi volete ributtarci tutti nel lago, e noi abbiamo il diritto di difenderci.
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