Non c’era niente da fare, la nenia millenaria ricominciava daccapo. Non era servito a nulla dargli la terra, dargli le frontiere, dargli le armi per proteggerle.
Evidentemente il senso di persecuzione era entrato nel loro codice genetico, e il fatto di non mescolarsi ad altra gente aveva solo peggiorato le cose, moltiplicandone gli effetti nel tempo, invece di diluirli.
A loro volta, erano ormai condizionati al lamento perenne, che li aveva abituati da secoli ad ottenere privilegi non sempre meritati.
Bastava che uno gli fregasse il parcheggio al supermercato, perchè l’austriaco si buttasse a terra mugolante, richiamando subito l’attenzione di tutti i passanti. Mentre si formava il classico capannello intorno a lui, qualcuno chiedeva:
– Se l’è sucès? L’è un epilètic? (Siamo a Lambrate, nelle vicinanze di Milano, nel cuore del territorio occupato).
- Macchè epilettico - cercava di spiegare l’italiano - Io ho semplicemente parch….
Ma l’austriaco lo interrompeva subito, con una vocina stridula che lacerava i timpani e copriva persino il rumore dei tram:
- Mi ha preso il posto! – ululava puntando il dito come un bambino - Lo sapeva che era mio, l’ho visto prima io! Ma lui l’ha fatto apposta per farmi un dispetto, perchè ha capito che sono austriaco.
- E tu togliti quel cazzo di cappotto a sette strati e vestiti come una persona normale - mormorava qualcuno mentre andava via schifato – così stai tranquillo che non ti nota più nessuno.
- Ma poi scusate – aggiungeva un altro, indicando l’italiano - se è arrivato prima lui vuol dire che il posto l’avrà visto prima lui, no? Mica si vede dalle colline, ‘sto parcheggio.
L’austriaco capiva che la situazione si metteva male per lui, e decideva di giocarsi il jolly: estraeva dalla tasca del cappotto la foto del nonno morto ad Auschwitz, mentre urlava all’italiano con tutto il fiato che aveva nei polmoni:
- Antidolomitaaaaaa!
Di colpo si era fatto un gran silenzio. Era come se il tempo si fosse fermato, mentre quell’urlo lancinante riecheggiava all’infinito fra le case.
- Antidolomitaaa!…. Itaaa… Itaaaa…
Le auto scivolavano via discrete, cercando di non fare rumore, e persino i tram sembravano scorrere su rotaie di velluto. Intorno all’italiano si era fatto il vuoto più assoluto. Sul piazzale c’era solo più lui, in piedi di fronte all’austriaco che singhiozzava sul selciato.
Timidamente un uccellino riprese a cinguettare, mentre si udiva in lontananza l’urlo delle prime sirene.
Dieci minuti dopo il piazzale era stato completamente circondato dalla polizia austriaca, mentre le telecamere della CNN riprendevano in diretta l’italiano che veniva portato via in manette, sotto lo sguardo di disprezzo degli austriaci accorsi sul posto. Poco distante i medici soccorrevano l’austriaco piangente, che veniva caricato su una barella, intubato con l’ossigeno e immobilizzato con le classiche protezioni antitrauma fosforescenti. Alcuni fra i presenti si asciugavano le lacrime in un fazzoletto, altri chiamavano a casa con i cellulari, e con sguardo preoccupato dicevano alla famiglia di chiudere bene tutte le porte e le finestre. La barella con l’austriaco veniva infine caricata su un’ambulanza, che si allontanava ululando nella notte.
Il TG della CNN terminava con uno zoom sul colbacco dell’austriaco, che giaceva dimenticato sul selciato, fra due pozze d’olio di rimorchio illuminate in controluce. Una mano caritatevole entrava nell’inquadratura, e appoggiava sul colbacco una piccola stella alpina.
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La gente in mezzo mondo spegneva il televisore disgustata, mentre qualcuno cominciava a dire che gli italiani sono tutti dei terroristi.
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