Un viaggio per sempre

Abbiamo appena trascorso un facile tempo insieme, scambiandoci parole leggere, saluti e segni d’affetto. Nonostante le innumerevoli primavere volate via chissà dove, si possano far di conto a decine tra noi, restiamo una sottile alchimia di vecchi amici sinceri che sentono ancora intatto il gusto di ritrovarsi per quel po’. Ognuno ora, sta tornando con un sorriso buono nelle tasche alle proprie vite e consuetudini da un “brunch” di arrivederci. Un sereno pretesto è stato questo incontro: condividere un istante per poter salutare una di noi, costretta ad accogliere un’altra sfida che un destino assorto affida ancora alla sua vita, mettendo nuovamente a dura prova ogni umana volontà di combatterla. E mentre con curiosità vi osservavo tutti nei vostri gesti appagati, un pensiero libero ed inatteso mi si è legato agli occhi. Siamo stati un manufatto, parte di una generazione inquieta, confusa e sognatrice, che tra dubbi e promesse mancate, ha separato nei dolori delle scelte: vite, amori, famiglie. Con orgoglio ne difendiamo altre ora, senza sacramenti imposti… forse per questo ancora più credibili e potenti. Così è stato un concetto espresso, per ciò che è accaduto oggi guardando ai nostri volti qui raccolti, solo un po’ teneramente sgualciti da un tempo clemente, ma ancora in cammino. Poi, uno sguardo indietro di molti anni, mi ha rapito nuovamente in uno svelto chiudersi di ciglia, attraversando il bagliore temporale di un passato distante, nostro. Attorno ad un’intima tavola, tenacemente aggrappata all’amicizia che ne custodisce incredibilmente i tratti, s’arresta per un attimo il tempo e la sua corsa. E qui, tra la fitta bruma dei miei ricordi incessanti, ho ritrovato quel lontano, epico viaggio. Un’estate di calde sierre e asfalti roventi, di fresche risate, come d’enormi tori posticci appoggiati su colline spoglie arse da un solleone ispanico. Quella memoria poco distante di un regime sconfitto, di anni bui, impressi nei volti e nei racconti della gente incontrata. Migliaia di chilometri polverosi, percorsi su carretteras infuocate dall’orizzonte tremolante. Le corride poi, mai incrociate in verità, mancate sempre per un soffio del destino in ogni luogo raggiunto. Alte guglie a Barcellona, un museo di Madrid coi suoi dipinti pregiati, mura medioevali di Toledo, l’arabo ricordo di Granada, le bellezze architettoniche tutte, così come i piccoli paesi sparsi incontrati ad occhi ingordi, tra fitte lotterie popolari e vecchi abbeveratoi di pietra grezza. Ed i passi di flamenco ad incantar le notti di Siviglia. Alta la rocca a Gibilterra, ad osservare il mare ed altre terre. Campeggi a sud di vasti spazi primitivi ancor più di noi stessi, allungati su bianche spiagge svincolate e deserte, pronte ad accogliere in schiamazzi spensierati, i nostri incerti “rifugi” fatti di nylon e tiranti, come dei nostri pochi anni ingenui a divorare la vita. Gli amori sprecati poi, a cancellare il sonno, i giochi e gli umori più liberi, lasciati a rotolare giù da una discesa di giorni prossimi, inconsapevoli. Le raggianti tavolate di cerveza e paella apparecchiate di noi, chiassose e scomposte. E delle sere calde di vento e di stelle accese, mi restano impressi i profumi speziati di quei luoghi, come dei nostri giovani corpi a odorare forte di un mare salmastro. Albe assonnate in attesa, al di là del giorno, di tramonti infiniti. E noi lì, ad occhi grandi, infilati in sacchi a pelo a contemplarne muti l’incanto. Mi sono rimasti tutti addosso i colori di quel cielo amico, ora però, distesi per sempre nella mente tra spessi strati carichi di nostalgia. Come non rammentare ancora le abbaglianti immagini senza tempo di quei giorni perfetti. Smisurato e fortificante è per me il mistero di scoprire un ricordo remoto essere così vicino da far male. Ed è come il lento risalire ora, da un piccolo incantesimo, mentre affiora il frastuono delle vostre risa riportandomi tra voi. Siete stati parte preziosa del mio tempo fuggito altrove e ancora lo siete; gli amici di una vita. A volte cerco di avvicinarmi, senza conoscerne i mezzi purtroppo, a ciò che è per me il senso di esistere. Così mi ritrovo nel pensiero abbozzato e confuso che quel senso non esista per davvero. C’è soltanto la vita dunque ed il suo vortice perpetuo. Ecco, in quel tumulto di cose accadute davvero, resterà per sempre quel viaggio come i nostri volti di storie infinite, rimarranno appesi alle porte del tempo. E mentre adesso un gesto ordinario m’allaccia la cintura di sicurezza, io mi perdo piano nel traffico di luci di una sera qualunque, sperando di poter smarrire così malinconie di passaggio, adagiate in sentimenti limpidi nel mio antico cuore, tra il profondo patrimonio di ricordi indissolubili.