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 12 maggio (da Francesco Newzurica 14)

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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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12 maggio (da Francesco Newzurica 14) Empty
MessaggioTitolo: 12 maggio (da Francesco Newzurica 14)   12 maggio (da Francesco Newzurica 14) Icon_minitime14/2/2009, 19:40

Per strada ripenso ai recenti avvenimenti. Sto con Serena da dicembre e sempre più spesso, negli ultimi tempi, ci troviamo spiazzati da una domanda reciproca: "Ma noi, stiamo ancora insieme?". Eppure c'è una grande tenerezza, ma troppo spesso spenta dalle incomprensioni. Non la capisco e lascio andare dicendomi che è normale o non dicendomi proprio niente. Questo pone altre barriere. Lei è loquace quando io devo spiegare il mio modo di essere, mentre da tutto per scontato quando invece dovrebbe spiegarsi. A volte lo fa, anche compiutamente, didatticamente e questo mi confonde. Era già da qualche giorno che avvertivo qualcosa di indefinibile ed ostile. Ho provato a chiarire, ma le risposte non lasciavano spazio. Forse ho provato poco, male e tardi. Comunque il cerchio si è chiuso e purtroppo dentro c'è rimasto qualcosa di terribilmente imbarazzante: l'insofferenza. Che freddo!!! Puoi essere mandato affanculo, strapazzato, ti si può intimare di toglierti dalle palle e puoi essere criticato fino a farti rivoltare la pelle, ma per l'insofferenza non c'è scampo. Ti lascia come sei perché non meriti neanche un sonoro "Stronzo!". Non hai possibilità di interloquire perché non sarai ascoltato, né puoi urlare o controbattere perché lei, l'insofferenza, masticherà ogni cosa per crescere, crescere e crescere ancora.
L'insofferenza mi colpisce a fondo, anche se non mi stupisco di un rapporto in naturale trasformazione. E' il pensiero di poter essere io la causa di tutto ciò, il demolitore, che mi fa stare ancora più male. So anche che un rapporto si demolisce in due, ma questo non mi consola.
La serata l'abbiamo finita da lei, in un crescendo di tensione. Alla fine le ho restituito la chiave di casa sentendomi come un inquilino sfrattato.
Ho dormito con la sospesa aspettativa che lei mi chiamasse e non per fare ancora chiarezza o reinventarsi qualcosa, ma per altro, per un indefinito altro motivo, magari per sapere se la persona con la quale aveva condiviso cinque mesi potesse farcela a sommare nuove prove. Dimentico sempre che anche gli altri devono sommare prove su prove.
Finalmente avverto che questo rinchiudermi tra le mie angosce è la causa della mia solitudine. Prendo sempre la strada più breve e più facile. La solitudine, quando sei tu che la raggiungi, è una conquista; se è lei che ti raggiunge sei perduto. La solitudine è un sostegno che non posso permettermi. Eppure, se mi guardo attorno, vedo una solitudine dilagante. Siamo soli in tanti, ma alcuni riescono a stare in compagnia di se stessi.
Ho cercato, per ovviare a tutto ciò, la compagnia di un'amica, Lele. Un'amica? Ma cosa ci fa essere amici? Forse la generosità, forse l'intimità intellettuale. Alcune amicizie sono solidali solo per interposta persona. Lele è ironica e acuta. Ti guarda come se non ti vedesse. Uno sguardo obliquo e curioso.
La solitudine porta, spesso, all'egoismo e solo la condivisione della sofferenza e del relativo disagio, riesce a calmare il proprio disagio. Questo rapporto unico e simbiotico si dipana esclusivo, con giravolte di parole e concetti che si avvolgono su se stessi e si rincorrono. Come in una spirale, gli interlocutori-cospiratori vengono catturati da comuni visioni, da fughe solidali. Sempre, ad ogni incontro, si ritrovano inconsapevolmente perplessi, ma consolati sulla riga bianca di partenza.
Sento il bisogno di parlare con qualcuno e confrontarmi con l'altrui disagio, magari farci una risata sopra. Lele mi prepara un caffè. Parliamo di Serena, di me e di questa storia difficile. Per Lele la mia rottura con Serena è definitiva. Non lo esprime chiaramente, ma lo lascia intravedere con accenni lasciati cadere con disinvolta leggerezza, senza una minima partecipazione emozionale. Torno a casa e chiamo Serena:
"Che fai stasera?" le chiedo. Mi dice che cenerà fuori: "Ho deciso di non dipendere da altri; farò quello che ritengo più opportuno, autonomamente, senza subire gli altrui cambi di programma. Non posso stare con persone che pensano che il mondo ruoti attorno a loro".
I giorni scorrono ostili, come ostile prosegue il nostro rapporto.
"Come stai?" Me lo chiede sempre ed io non so cosa dire. "Cosa vuoi che ti risponda, Serena?". Inevitabilmente rispondo con parole smentite dal tono di voce o viceversa. Lei dice che sta bene e mi parla della cena:
"E' stata una serata piacevole. Siamo rimasti a parlare fino a tarda notte. Si parla benissimo con lui: è stato sempre così...no, è una storia finita, per quanto mi riguarda". Altre volte ho sentito parlare di storie finite e ho l'impressione che, per un bisogno d’affetto, attenzioni, tenerezza, sicurezza, solidarietà e compagnia, lei mantenga aperti tutti i precedenti rapporti. Aperti nel senso di un suo bisogno di relazioni con chi la conosce e la stima.
"Proviamo a stare meglio, più leggeri e felici". Ce lo siamo ripetuti più volte, ma lo vogliamo veramente o abbiamo bisogno di sottoporci al travaglio continuo dell'Impossibile Perfezione?
Ho inteso nelle sue parole la voglia di vedermi, stare in compagnia e riempire la solitudine di un sabato pomeriggio. Questo è un pensiero che ogni tanto ricorre. Forse non ha bisogno proprio di me. Potrei anche accettare questo ruolo, ma rimane sempre quel maledetto bisogno distruttivo di rimettere ogni volta tutto in discussione.
"Vado fuori città….cenerò fuori"
"Con Simona?"
"Si, mi ha lasciato un messaggio alcuni giorni fa"
"Allora dormirai fuori? Meglio, eviterai di viaggiare di notte"
"No, tornerò a casa. Voglio solo parlare con qualcuno, stare tranquillo. Non voglio dormire fuori casa".
"Che significa? Cosa vuoi dire?"
"Voglio dire che ho bisogno di sentire altre persone, di non isolarmi e mantenere amicizie"
Simona mi ha restituito la possibilità di poter essere me stesso nel bene e nel male. Allegro e ironico se allegro ed ironico mi sento dentro o conflittuale con me stesso e con il mondo, se necessario. E' stata una serata tranquilla. Si! E' stata una buona serata, ma con i soliti momenti di assenza e le solite domande taciute: "Che faccio? A che serve. Dove sto andando? Quando cambierò?". Seguito a partire a mille per poi frenare. Ho bisogno di qualcuno che sopporti e comprenda queste pause che io stesso non sopporto.
Simona è stata equilibrata come sempre, con la voglia di vivere anche dentro le righe e senza la necessità di doversi rappresentare.
"Sei un amico sul quale faccio affidamento. Ci tengo a te, alla tua amicizia".
Affidamento? Mi sento potente, importante. Qualcuno fa affidamento su me.
Affidarsi, fidarsi, essere di sostegno a...ma esiste? Essere qualcosa per qualcuno senza esserlo per se stessi. E' l'imbroglio della società dell'immaginario, del gomito a gomito dovuto, del ”C'ero anch’io”, dell’omologazione necessaria. Schiere di figure appena delineate affollano i pensieri. Sono tante, sono troppe e sono uguali, almeno sembra e su questo Sembra si costruiscono affinità mai approfondite. C'è bisogno d’interlocutori apparentemente simili, che non demoliscano schemi di sostegno. Uno specchio e dall'altra parte, riflessa, l'immagine dell'altro. Ma non c'è l'altro, c'è soltanto lo specchio che si frantuma ogni giorno in centinaia di rivoli d'argento che vengono raccolti e ricomposti, ancora, ancora ogni giorno. Si finge, chi per necessità e chi per vocazione, scostando la realtà come un ondivago viandante scosta presunti ostacoli
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Natascia Prinzivalli
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Natascia Prinzivalli


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MessaggioTitolo: Re: 12 maggio (da Francesco Newzurica 14)   12 maggio (da Francesco Newzurica 14) Icon_minitime14/2/2009, 21:18

"Che faccio? A che serve. Dove sto andando? Quando cambierò?".

Sono le risposte presunte, cercate, ad essere indecenti.

Le domande si sono stancate di vivere sempre in conflitto con il loro alter ego ossia le risposte.

Affascinante come sempre

_____nat
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Re: 12 maggio (da Francesco Newzurica 14)   12 maggio (da Francesco Newzurica 14) Icon_minitime15/2/2009, 13:18

Citazione :
Qualcuno fa affidamento su me.
Affidarsi, fidarsi, essere di sostegno a...ma esiste? Essere qualcosa per qualcuno senza esserlo per se stessi.

Io credo che nel momento in cui ci si crede, si vedono le cose in un'altra ottica, convincersi di ciò è il primo passo avanti per superare uno scalino.
O per precipitarvicisi e arrancare, poi, per uscirne.
Va bè, sto delirando flussi di parole io che non c'entrano un castamazzo con le riflessioni di Francesco. Mi chiedo se un TimesNewRoman 12 lo avrebbero reso meno amaro...
Cià Emme
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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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MessaggioTitolo: Re: 12 maggio (da Francesco Newzurica 14)   12 maggio (da Francesco Newzurica 14) Icon_minitime16/2/2009, 11:17

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MessaggioTitolo: Re: 12 maggio (da Francesco Newzurica 14)   12 maggio (da Francesco Newzurica 14) Icon_minitime

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