Fra le lenzuola

Le mie lenzuola ora sanno di bosco
e di cose antiche, con i bordi freschi
dell'amore fatto nei sottoscala,
con la polvere che cade sui capelli,
la neve pericolosa dell'estate.
Sanno di frutta matura
che appena la sfiori s'apre
come albicocca e l'arancione
della buccia è il respiro del poeta
che s'è addormentato al tramonto,
nella mano ancora i versi della poesia
che ha scritto per lei,
che lo aspetta alle soglie della stazione.
Le lenzuola sono un gomitolo di labbra e sangue,
rigate le vene temendo l'addio
e quando le scompongo nel buio
mi ricordano l'abbraccio delle solitarie oasi
nell'oceano di mare inverso che è il mio cuore.
Nelle lenzuola i miei labirinti
e gli abbandoni tardivi.
Le lenzuola sono sporche principesse
coi baffi da radere e i peli sulle braccia
ed è sofferto vivere i tramonti da soli.
Le lenzuola hanno la consistenza impalpabile
dei fogli di carta, del loro odore,
appena le tocchi lasciano macchie di orzo,
eppure le senti che respirano le lenzuola,
sotto il petto del mondo,
ma quanto manca alla bocca
l'avvicinarsi tenue del vento?
Ti cerco fra le mie lenzuola,
ti cerco come il vino,
ti cerco come l'assenzio,
ti cerco come il mattino,
per non dimenticarmi che ci sono,
per non dimenticarmi che ci sono,
per non dimenticarmi che sei frutta
sulle labbra,
ma quanto tempo di notte mi sei dentro
come un tormento
e mi sei dentro
come un'arte
e mi sei nel cuore
come se potessi davvero non andartene mai.

Come se potessi, davvero, non andartene mai