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 La strada al tramonto

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Alessandro Vettorato
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Alessandro Vettorato


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MessaggioTitolo: La strada al tramonto   La strada al tramonto Icon_minitime6/3/2009, 13:17

La strada illuminata poco prima dalle lucciole ora era sporca di catrame e merda di cavallo. Erano passate le carrozze e i destrieri si erano rivoltati lo stomaco, cercando di non apparire troppo nobili, per quel gesto di assoluta teatralità anale.
Rivoltavano il lontano manierismo quei contadini scalzi che avevano lasciato a casa, accanto al letto che dividevano con le cugine diventate mogli nel raggiro della cupidigia e ora si abbandonavano a feste e carnevali, pitturati di vernice sull’orlo delle anfore.
Passavano e mandavano baci le signore, coi cappelli ricolmi di piume e la sterilità del sorriso a procedere d’un colpo la freschezza della laguna. Dove nuotavano i delfini, fin quasi alla spiaggia e gli spruzzi d’acqua che uscivano dagli sfiatatoi dei mammiferi acquatici facevano applaudire i bambini, assiepati sulla sabbia. Che li guardavano balzare in aria, piroettare e scordarsi di avere troppo poco ossigeno per barattare un istante di immortalità.

La strada era accidentata e i sassi ferivano gli zoccoli dei cavalli. Nitriti e pianti d’animali si confondevano alle risate dei nobili e alle retine sui cappelli delle nobildonne, così da impedirsi tafani e zanzare.

Lungo la via, annegavano le foglie che cadevano sobbalzando dai rami degli alberi.

Le cavallette frinivano e disintegravano fra le fauci gli steli d’erba. Mentre osservavano le carrozze lacerare il loro universo. Da una parte all’altra della strada, chilometri di metri, compiuti saltellando.

Sui pendii della montagna, l’ultimo isolato residuo di un’antichissima catena montuosa che il tempo e gli agenti atmosferici avevano gradatamente sconfitto, barcollava il postribolo. Luogo segreto, proibito nominarlo. Le signore, quando passavano sotto il bordello, chinavano la testa e si coprivano gli occhi colle mani, a loro volta coperte di pizzo bianco. La purezza degli sguardi cozzava contro le intenzioni peccaminose di quelle donne, costrette. Ridotte a barlumi di sessualità trafugata nei brevi slanci di rabbia e passione, quando s’accoppiavano coi loro servi, masticando loro le orecchie, per ricordar che erano vive, colla carne degli schiavi fra le cosce a spingere il peccato che, adesso, abbassando il capo come una preghiera pomeridiana, rifuggivano anche dai ricordi.

Le coccinelle volavano da un ramo all’altro e il sole lanciava barbiturici di luce sulle loro macchioline. Ognuna delle quali avrebbe fatto la fortuna degli psicanalisti, tutti impegnati a concepire teorie bizzarre di lussuria, anche dove non esisteva che piacere. La libidine dell’ora morta, prim’ancora di nascere puttana nell’ingordigia delle sementi, gonfie di fieno e mais e l’orzo crollava muto dopo lo stupro delle falci e il contadino ammaestrava con dolcezza i suoi figli a fare questo. A fare quello.

Un profluvio di sangue, il toro sgozzato. La festa nel paese poteva dirsi iniziata. Anche se, a prima vista, non c’erano che fantasmi al lavoro, tutti chiusi nelle loro tute da lavoro.
La mucca, amante dell’ucciso, amante della vittima, osservava i suoi padroni accanirsi su chi l’aveva ingravidata e resa madre di figli che prima o poi sarebbero finiti come il loro padre. O come lei. Si accanivano, gli uomini, alzando le asce, i coltelli e quando colpivano a lei sembrava di udire come un pianto d’ossa sgretolate sul greto del fiume, dove era stata coperta la prima volta e subito rimasta incinta. Quella mattina, lei sperava che sarebbero andati a scopare fra i cespugli di more, calpestando le fragoline selvatiche, piccoli dardi velenosi e fintamente leccornie. Aveva così le mammelle dure, gonfie di voglie che lui la cavalcasse e poi si sarebbero condivisi i fili d’erba e il fieno che il pastore regalava alle capre. Ora lui era morto e a lei mancava già molto.

Il sole, al tramonto, sembra sangue. Sembra tuorlo d’uovo. Sembra mestruo primaverile. Il primo mestruo, delicata essenza di femminilità. Di crescita.

Passano i signori, lungo quell’unica strada assolata, dentro tombe di carrozze, guidate da Caronti equini. E quelle briglie che il cocchiere impugna con decisione sono serpi, pronte a strangolarlo. Pronte a morderlo alla gola.

L’ultima farfalla, spiaccicata lungo la Route 66 non avrà un Kerouac a cantarne le gesta.

Però, tutto il bosco, è gradatamente in attesa che qualcosa cambi. Perché nell’aria c’è profumo di disinfettante.

E dalla cima della montagna si staccano valanghe di detersivo in scaglie che rotolano fino alle pendici in silenziosi requiem.
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: La strada al tramonto   La strada al tramonto Icon_minitime9/3/2009, 21:41

Prosa poetica in alcuni passaggi, prosa nonsobenecomedefinirla in altri.
Pennellate, con tratti rossi accesi e tratti cupi, che trasporta in un mondo antico ma che poco di diverso ha da questo.
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