DONNE - LIESMA

Donne, sono contornata da donne, universo femminile che mi soffoca, che mi toglie il respiro, morbide, sontuose, fagocitanti, umorali, spesso luttuose.
Gruppo unito, solidale, associato, complice nelle sue profonde disuguaglianze.
Golosità ambita di ogni antropologo che ricerca usi e costumi di persone che vivono insieme, seguendo gli insegnamenti di progenitori comuni.
Relazioni interpersonali imprevedibili, tipiche, singolari e irripetibili, eppure sodali prevedili.
Archetipi immobilizzati in perenne antitesi con valori cristallizzati nel tempo e nel costume.
Donne, apparentemente uguali nella struttura fondamentale, ma così diverse, differenti, uniche eppure così simili nel loro sentire.
Anomala realtà di una società che livella, ugualizza, in prototipi codificati da una ignobile massificazione di pseudo cultura consumistica.
Tutto è eguale, ma non può essere, non esistono due cose perfettamente identiche in natura.
Penso a due rose, uguali ma diverse, a due cani in codificate razze selezionate, entrambi frutto di ricerca affannosa di indistinguibile identità.
Ciò che è vivo non ha uguali, non ha copie, non può essere uguale, è impensabile.
E dove si cerca di cancellare la varietà e la differenza, si spegne la vita.
La somiglianza nasce dalla differenza.
Osservo la improbabile tavolata identificando il capo, il prototipo cui tendono spasmodicamente  ad assomigliare, apparentemente a suo agio.
Quasi plebea non si isola e conosce perfettamente la lingua e le posture delle sodali, senza che traspaia il suo disprezzo latente nella battuta immediata, comprensibile a tutte.
Posto incongruo dove mi trovo per caso, ingenuo, bonario e per certi versi patriarcale.
Mi rifugio nel silenzio e nell’osservazione: incapace di dialettica non sono il loro miracolo.
Mi sento Schroeder che sta suonando il suo pianoforte e, a una domanda diretta della Lucy di turno rispondo, senza pathos e senza neppure vederla, che è una serata fantastica.
Poi rifletto che se la Lucy di turno non fosse così uguale potrebbe con ragione osservare: “Anche se lo ha detto, non lo ha detto”.
E’ vero, non si può comunicare piacere, gioia, partecipazione, interesse, con il medesimo atteggiamento interiore con il quale si enunzia il teorema di Pitagora.
Un mondo di mugular di muti e sproloquiar tra ciechi, categorie assurde di una morale oltre il caos, mescola densa di incomprensione.
Eppure non posso neppure troncare ogni rapporto con me stessa, la mia condanna è di non potermi evitare.
Con sollievo vedo arrivare la cameriera con il caffè.
Ha un viso schiacciato, un grembiule a righe, un vassoio sotto il braccio.
E’ l’ultima donna di questa storia.