Numero di messaggi : 614 Data d'iscrizione : 05.02.09
Titolo: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 12:00
C'era vento quel 12 ottobre. Sai, ti sto scrivendo e fuori c'è il sole di quel sole che si può apprezzare soltanto a metà marzo, perché per tutto il resto del tempo assomiglia a catrame appena munto sulle rue
Sai, quando Colombo liberò dei colombi nei cieli, essi non volarono in pace nelle plance dei giorni misti col liquore del tempo che s'agghinda ad eternità
Sai, Colombo sbarcato ai Caraibi, mentre l'Europa interamente iberica attendea un segnale che le Indie avessero valore commerciale pari al singhiozzo purificante dell'idioma controllato in subaffitto stellare, ti dico che Colombo prese la sabbia nelle mani e la leccò, così da prenderne possesso: così come prenderà possesso dei nativi americani poco dopo, così come i Veri Americani prenderanno possesso della propria condizione di inferiorità da morte e dolorosamente emarginati in una riserva a contenerne le bizze
( Niet, a Lei )
Rosario Albano Star
Numero di messaggi : 1464 Data d'iscrizione : 29.09.08
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 14:00
Analfabeta Certificato ha scritto:
C'era vento quel 12 ottobre. Sai, ti sto scrivendo e fuori c'è il sole di quel sole che si può apprezzare soltanto a metà marzo, perché per tutto il resto del tempo assomiglia a catrame appena munto sulle rue
Sai, quando Colombo liberò dei colombi nei cieli, essi non volarono in pace nelle plance dei giorni misti col liquore del tempo che s'agghinda ad eternità
Sai, Colombo sbarcato ai Caraibi, mentre l'Europa interamente iberica attendea un segnale che le Indie avessero valore commerciale pari al singhiozzo purificante dell'idioma controllato in subaffitto stellare, ti dico che Colombo prese la sabbia nelle mani e la leccò, così da prenderne possesso: così come prenderà possesso dei nativi americani poco dopo, così come i Veri Americani prenderanno possesso della propria condizione di inferiorità da morte e dolorosamente emarginati in una riserva a contenerne le bizze
( Niet, a Lei )
Il nonno di mio nonno che portava lo stesso mio nome "cane che combatte" aveva visto le grandi coghiglie di legno ... O almeno io credo così gli avevano raccontato ... Noi vivevamo liberi e nudi alla bisogna in questa terra Ogni bestia era uno spirito che ci benediceva Ed ogni pietra portava l'alito del Grande Mistero: Noi guerreggiavamo per essere uomini e libertà Ma alla terra davamo ciò che si deve ad ogni madre ... Era il Novembre del 1620 e vennero i bianchi pellegrini ... Pellegrini e padri assassini dietro una croce insanguinata... Il Popolo dell'Alba, il mio li accolse li sfamò Loro ci diedero in cambio la moneta dell'inganno: E violentarono le nostre donne e violentarono nostra madre: La tagiarono a fette e le cinsero il cuore con staccionate E poi ci ammazzarono con il fuoco che viaggia da lontano E con quello invisibile che porta la febbre ... Chi restò fu schiavo degli occhi pallidi E della loro acqua che arde: qui nell nostro Maine Qui tra i nostri animali e attorno ai nostri cerchi sacri ... All'Est un fiero popolo libero ha pagato il suo tributo: Il nonno di mio nonno m'ha dato il suo nome E mio padre la lancia: cadrò anch'io presto Nelle braccia della grande madre terra!!
Cane che combatte Uomo sacro dei Wampanoag Ha parlato!
lingua Algonquiana: wampa, che significa aurora, e noag, che significa popolo
"Quando uno di noi dice: la terra è mia madre è molto più di una semplice metafora. La terra è concepita come dotata di uno spirito sacro, come una manifestazione femminile il cui corpo ha dato vita a tutte le creature, che vengono nutrite, curate, accolte, protette ed educate da lei. Talvolta le lezioni di Madre Terra sono molto dure, e la gente deve soffrire per diventare più forte. Noi in cambio abbiamo il dovere di averne cura, di onorarla, di rispettarla, di amarla e aiutarla a provvedere a tutta la sua famiglia, a tutti i nostri parenti, che sono dappertutto." SAUPAQUANT, WAMPANOAG
"Se voi uomini bianchi non foste mai arrivati, questo paese sarebbe ancora com'era un tempo. Tutto avrebbe conservato la purezza originaria. Voi l'avete definito "selvaggio", ma in realtà non lo era. Era libero. Gli animali non sono selvaggi; sono solamente liberi. Anche noi lo eravamo prima del vostro arrivo. Voi ci avete trattati come selvaggi, ci avete chiamati barbari, incivili. Ma noi eravamo solo liberi! " (Capo Leon Shenandoah, Onondaga)
Ultima modifica di Net-percez56 il 15/3/2009, 01:19 - modificato 1 volta.
Alessandro Vettorato Top
Numero di messaggi : 614 Data d'iscrizione : 05.02.09
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 14:10
mi commuove tutto ciò. la continuerò appena mi passeranno i brividi nella schiena
Daniela Micheli Admin
Numero di messaggi : 14694 Data d'iscrizione : 04.01.08
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 14:18
Il suo nome sioux era Gatto Randagio. Non aveva casa, abitava il mondo intero, senza pareti e senza confini. Era uno spirito libero e quando alzava gli occhi e guardava il cielo, era felice dell’azzurro che gli riempiva gli occhi. Quando le ore si facevano troppo pesanti, gli bastava volgere lo sguardo verso l’alto e si aprivano i cancelli del suo giardino segreto, dove trovava balsami dolci a lenire i dolori che gli piegavano le spalle. Erano parole che scorrevano lievi, a sciogliere la tensione e fargli ritrovare i denti in mezzo al sorriso; i lunghi silenzi si scioglievano, come la neve al sole d’aprile. Ogni tanto cercava la luna e la trovava, brillante ad illuminare il nero della notte, con tante stelle a farle da damigelle; ogni cielo diverso, nel suo eterno peregrinare, ma lei era sempre lassù, a volte ben pasciuta, a volte sottile ma sempre desiderabile per Gatto Randagio. Una sera accadde, mentre cavalcava lentamente e svogliato verso casa. Alzò gli occhi, le nubi velavano il chiarore come mai prima gli era riuscito di vedere. “Strano” disse, parlando a se stesso ed al suo cavallo di uno strano colore tendente al violetto “non sembra nemmeno più il mio cielo, ora sembra davvero un giardino. Vedi, Cavallo? Quella nuvola là sembra un albero di castagno, l’altra a destra una quercia impetuosa. E’ un cielo di verde, stasera”. La sua voce accompagnava il gorgoglio del sentiero che costeggiava il fiume, le foglie secche sotto gli zoccoli sovrastavano il frinire dei grilli e uno sciame di lucciole illuminava debolmente la strada. “Guarda, Cavallo! Guarda quella nube laggiù, sembra una felce chinata a proteggere un fungo ed a stillare di rugiada la madre terra. Vorrei allungare una mano e toccarla, mi farebbe felice…”
*****
Il suo nome sioux era Felce Mirtillo. Non aveva casa, abitava il mondo intero, senza pareti e senza confini. Le avevano dato quel nome perché era fresca come una felce di giugno al mattino ed aveva una minuscola voglia del colore e della forma di un mirtillo, proprio in mezzo alla fronte. Era strana, preferiva restare in disparte ad osservare quanto avveniva attorno a lei. Non era felice se non quando alzava gli occhi al cielo e sostituiva il verde abbacinante della prateria con l’azzurro intenso che, lentamente, la riempiva di pace e di tranquillità. Erano i suoi momenti felici e spesso pensava a quanto sarebbe stato bello essere là, su una nube, a guardare in giù quello che accadeva. La vecchia Ruga di Carta conosceva tutti i suoi desideri; un giorno sentì che Manitù la stava chiamando a sé, la convocò nel suo tepee e le diede un piccolo otre di pelle di bufalo. “Qui dentro, piccola Felce, c’è un potente veleno che uccide gli uomini, ma non le anime. Devi berla, al prossimo plenilunio. Addio, piccola mia, il mio spirito sta per andare” Felce Mirtillo pianse molte lacrime quanto Manitù rubò l’ultimo alito di fiato alla vecchia Ruga di Carta. La sera prestabilita arrivò: lei si preparò con cura, si spalmò il corpo con unguenti profumati, intrecciò i lunghi capelli di fiori di campo e ingollò la pozione. Si ritrovò in alto, dove sempre aveva desiderato stare, era leggera e fluida, danzava nello scuro e ammiccava con le stelle. Era felice, era libera. Guardò in giù, vide un cavaliere avanzare lentamente su un sentiero. Si fece cirro ed allungò una mano, lo carezzò lievemente sulla testa. Lui prese la mano di nuvola e sorrise, mentre diventava vapore e saliva. “Chi sei?” “Ero Felce Mirtillo. Ho udito i tuoi pensieri ed ora sono Falce di Luna. Andiamo, abbiamo da compiere un lungo viaggio”.
Alessandro Vettorato Top
Numero di messaggi : 614 Data d'iscrizione : 05.02.09
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 14:27
Grande, Danielaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!)))
Daniela Micheli Admin
Numero di messaggi : 14694 Data d'iscrizione : 04.01.08
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 14:36
E' una favoletta, senza alcuna pretesa, che poco ci azzecca con le vostre parola. Ma è un pezzetto di cielo anche questa. Saluti
Ospite Ospite
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 16:24
E' bellissimo questo post, tutto quanto.
estemporanea delle 16.15
Chiesi alle stelle di indicarmi la via del pensiero. Ma mi venne incontro il mio sogno. Portandomi il mio spirito-guida Una pallida goccia di sole si era staccata da un ramo, una mattina d'inverno.
Eravamo una piccola tribù ai confini delle terre di frontiera e quella era solo una piccola luce nel buio, mi disse - guarda sempre con questa piccola goccia. i tuoi occhi negli occhi degli altri -
vennero i bianchi, coi cavalli e i fucili, venne la morte a mordere i figli a incendiare i tepee venne il tempo di capire e venne il tempo di morire
ma uno spirito-guida non ti lascia in mezzo ad ogni distruzione nel fumo e nell'odio
lascia sempre accesi i tuoi occhi piccola squaw
Alessandro Vettorato Top
Numero di messaggi : 614 Data d'iscrizione : 05.02.09
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 17:04
lascia sempre accesi i tuoi occhi, piccola squaw che il tuo sorriso è meraviglioso, com'è verde la mia valle, com'è verde la mia valle, com'è verde l'erba verde prigioniera del sangue di quando le teste dei bambini dei tuoi cugini sono cadute come stelle cadenti nelle praterie immense di orme e zoccoli e da ora in poi zoccole le donne prostitute su una terra di cui eran regine, piccola squaw, quando danzi la brezza ciclamino e le tue viscere mordono il calcio dei fucili, quand'ancora l'alcool era una presa di posizione, la vedi che avanza la Cavalleria? La senti che avanza la Cavalleria? Dimmi, dimmi tu che senti, dimmi, dimmi tu che vedi, perché i miei occhi sono astri non nel cielo rigato di bile, ma a terra abbrustoliti e non ho davvero più orecchie, perché, spiegami, a che cosa serve avere udito se ciò che si ascolta è l'urlo di tua madre - l'urlo - a cui tagliano la gola, incinta come una gatta coi feti che espelle come inverni rigidi nelle canoe della Saggezza Umana
Madre, madre, perché urli, fai piano, i fili d'erba ondeggiano e corteggiano le falene, perché anche qando si muore la sera scende a cresimare il buio e anche se sei morta, madre mia, non urlare, per favore, ma cullami, cullami anche da morta, 'che io non scordi il tuo respiro leggero fra i capelli neri, 'che io non scordi il tuo amarmi leggero, fra i capelli neri, 'che io non scordi il tuo morire leggero, il tuo morirmi leggera fra queste mani tese a cercarti la vita
Ospite Ospite
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 17:53
uao ! grande Analfabeta !
un po' rido, dire grande analfabeta per darti una lode?)
dico sempre io che le cose accese sul clic di un accendino sono le migliori ! bello !
Alessandro Vettorato Top
Numero di messaggi : 614 Data d'iscrizione : 05.02.09
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 17:59
Lei, Alki, vada, vada nella sezione solo per chi etc etc. Vadi Vada, Vasaia bella l'immagine dell'accendino
rubinia Star
Numero di messaggi : 5393 Data d'iscrizione : 04.01.08
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 18:04
Seppelite il mio cuore a Woundned Creek...
L'uomo uccide tutto ciò che è bello.
Rosario Albano Star
Numero di messaggi : 1464 Data d'iscrizione : 29.09.08
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 14/3/2009, 20:43
serve avere udito se ciò che si ascolta è l'urlo di tua madre - l'urlo - a cui tagliano la gola, incinta come una gatta coi feti che espelle come inverni rigidi nelle canoe della Saggezza Umana
Madre, madre, perché urli, fai piano, i fili d'erba ondeggiano e corteggiano le falene, perché anche qando si muore la sera scende a cresimare il buio e anche se sei morta, madre mia, non urlare, per favore, ma cullami, cullami anche da morta, 'che io non scordi il tuo respiro leggero fra i capelli neri, 'che io non scordi il tuo amarmi leggero, fra i capelli neri, 'che io non scordi il tuo morire leggero, il tuo morirmi leggera fra queste mani tese a cercarti la vita
....
Eccomi a te oh terra dei miei padri Io cane che combatte del Nostro Popolo Ero a caccia del bisonte a valle ... Oh bisonte che ci fai uomini Perchè non hai pianto oggi per i miei fratelli? Io t'ho ringraziato prima di toglierti la vita Ma dai tuoi occhi non è uscito il lampo Li hai chiusi dicendomi come sempre: Prendi e porta il mio cuore ai tuoi figli ... Oh bisonte che pascoli sul ventre di nostra madre: Bastava un tuo muggito e sarei corso al villaggio ... Eccomi famiglia fatta a pezzi ora io sono qui A piangervi: ora incido le mie carni E taglio i miei capelli e spezzo la penna Ho il volto già impastato di fango e piango Sotto questo cielo che sta fermo fermo fermo ... Mio padre non torenarà e nemmeno mio zio e mia madre ha le viscere al vento Mia moglie Donna Gialla ha le reni piagate mio figlio undicenne ha la maschera della morte ... Dimmi saggio Motavato capo degli agili Tsis'tsistas Ora sai che le parole degli occhi pallidi vomitano menzogne e le loro mani stringono furore? Fglio del mio popolo non hai visto che i bimbi e i vecchi hanno combattuto? non vedi che i loro denti sono sparsi nell'erba? E non vedi che io non mi copro più con la bandiera dello spergiuro bianco? Cantiamo per i nostri cari ora: E che il coltello purifichi striandoci le carni ... Verranno presto i giorni che tu e tuoi fratelli Scudi rossi e i Raschiatori di pelle e i Corde dell'arco e le Piccole volpi e I Soldati del Cane inforcherete il sentiero Della vendetta! Ma chi ci guiderà oggi anche che i gloriosi: Antilope Bianca, Occhio Solo e Copricapo di Guerra Hanno raggiunto i padri nelle praterie dei cieli alti? Ci guideranno le stelle e i giovani come te figlio! Oh terra sventrata e voi fratelli mutilati Da oggi faccio voto: diventerò un Contrario!
29 Novembre 1864 campo Cheyenne in un'ansa a ferro di cavallo del Sand Creek Cane che combatte Guerriero della società degli Scudi Rossi Cheyenne del Sud ... Eccomi a te oh terra dei miei padri Oggi sono di fronte all'infida giacca blu Non volermene se infiggo in te il mio punteruolo Mi tratterà a te mentre porgerò il mio petto Poi sarò tuo per sempre come già lo sono i miei padri!
Il 25 giugno 1876 nelle vicinanze del fiume Little Big Horn nel Montana Cane che combatte Guerriero Contrario della società degli Scudi Rossi Cheyenne del Sud
Tsis'tsistas (CHEYENNE) per i dakota shayena, 'parlano rosso' (inteso nel senso di "lingua sconosciuta")
" Nessun uomo sarà mai se stesso se non ha ancora amato con sincerità almeno una volta." Preghiera di pace della tribù Cheyenne
"Ci inquinano i fiumi. Ci abbattono gli alberi. Ci uccidono i bisonti. E ora Ci mandano nelle loro riserve... Io non sono d'accordo." Wolf Robe Capo Cheyenne
Ospite Ospite
Titolo: Re: Una favoletta fra tanti cieli 15/3/2009, 14:43
hai scritto due cose MERAVIGLIOSE, ros. Meravigliose, toccanti.