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 Enjoy the snow (terza parte)

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Gaetano Benedetto
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Gaetano Benedetto


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MessaggioTitolo: Enjoy the snow (terza parte)   Enjoy the snow (terza parte) Icon_minitime24/3/2009, 23:39

Terza parte. Il tredicesimo giorno.



Avevo causato la rottura del setto nasale a Franci.
Tutti mi avevano creduto un ubriaco con manie omicide.
Ora, essere un omicida e a buon peso anche pazzo non mi pesava molto, ma ubriaco no; non mi convinceva immaginarmi alcolizzato. Soprattutto non avevo la pancia tipica dei bevitori di birra né l’occhio assente del whiskista convinto.
Tuttavia si diceva tra gli amici di Paola che avessi dato la testata, a Franci, volontariamente nel buio. Un tipo come me, un poveraccio per intenderci, sotto l’effetto dell’alcol era pericolosissimo.
Si era anche parlato di Polizia e, denuncie.
Mi toccava andare a trovare Franci, ovviamente accompagnato da Paola, ogni giorni. Fortunatamente il mio lavoro mi aveva risparmiato la rottura delle visite serali.



“ma come diavolo hai fatto a dare la testata a Franci?!” mi aveva detto Paola uscendo dalla villa.
“che testata! Io stavo dormendo e lei..”
“che cazzo dici? Ma sei fuori?!” fece lei.
Io non obbiettai mi sembrava inutile: chi avrebbe creduto alla storia della spennellata linguale?
Quella sera non facemmo l’amore io e Paola, e anche nelle successive dodici sere fu così. Le contai.
Attraversammo la tangenziale a una velocità vergognosa, le luci giallastre dei lampioni si confondevano con il colore spento del cielo.
Lei mi riaccompagnò a casa, poi mi salutò con un cenno freddo della mano e partì.
Mentre la vedevo confondersi tra le auto e gli alberi agitati dal vento, pensai alla ragione che mi teneva legato a lei; non seppi trovarla.



Il tredicesimo giorno facemmo l’amore molte volte, e fu strepitoso.
Paola venne a trovarmi nel primo pomeriggio, mi svegliò.
Poi si spogliò tutta e s’infilò nel mio letto. Concepimmo Samuele quel pomeriggio.
I nostri corpi si cercavano, le nostre mani non si separarono quasi mai; c’era qualcosa che andava oltre noi due, oltre la nostra volontà.
“mi sei mancato” disse rivestendosi.
Io rimasi in silenzio, la guardavo mentre indossava i suoi indumenti colorati.
Paola aveva un fisico perfetto, il suo seno era sodo e i fianchi accennati. Morbidi.
Le ombre filtravano attraverso la finestra e giocavano a rincorrersi.
Aveva gli occhi azzurri, ed erano particolarissimi: imitavano il colore del mare.
Ero nudo io; immobile.
Poi accese lo stereo che avevo in camera e tirò fuori da una colonna disordinata di cd, “Handful of Soul” di Mario Biodi. Infilò quell’oggetto tondo e luccicante nella fessura e accarezzò il tasto play. Era sera.
Ricordo i primi secondi di silenzio, e le prime note di A child runs free.
Poi si avvicinò alla finestra, Paola, e iniziò a disegnare strane figure sul vetro che la separava dal mondo fuori, continuò nel suo ambiguo silenzio.
Nell’aria, l’aroma jazzistico danzava beatamente con la malinconia tagliente di Paola.
Quei minuti passarono lenti e affollati dai perché.
Sui primi accordi di “ I’m her daddy” Paola venne verso me, mi baciò sulla fronte e poi disse ciao e uscii dalla stanza.
Sentii il rumore rugginoso della maniglia che girava e poi il collaudato suono della porta che prima si apre e poi si chiede.



“pronto Sabino dove ci vediamo?!”
“ci trovi vicino la gelateria “Gasperini”, muoviti”
Una doccia e subito in strada; l’odore del mare m’inondò.
Entrai in macchina, avviai il motore e accesi lo stereo.
Bari a quell’ora era molto trafficata, decisi di evitare il lungomare e tagliai verso le vie del quartiere Libertà.
Via Dante era intasata, e i finestrini della mia macchina erano abbassati.
Una Golf nera mi si affiancò mentre ero fermo al semaforo, la musica era altissima e decisamente pessima. Patetica.
I due tipi malgrado fosse sera, indossavano dei ridicoli occhiali da sole che gli coprivano mezzo volto.
Scattò il verde, percorremmo dieci metri e ci rifermammo: a Bari col verde non si cammina.
Al rosso la fila di auto tagliò velocemente verso il ventre del Libertà.
Le strade erano polverose e i palazzi sfatti come dopo una notte in discoteca.
La luce era prevalentemente calda, calma, gialla.
Da lontano il Petruzzelli messo a nuovo solcava la scena, era bellissimo e molto malinconico: per cause burocratiche e molto politicose non era stato ancora riaperto.
Parcheggiai ovviamente in seconda fila. Trovare un parcheggio era impensabile a quell’ora, e pensandoci bene, in qualunque momento del giorno.
Le auto in certe vie di Bari sembrano piantate, non si spostano mai.
Il solito sciame di ragazzi vagabondava senza un’apparente meta. Erano prevalentemente vestiti tutti uguale.
Sorrisi nel vedere cinque miei coetanei con la stessa giacca ma di colore diverso. Stessi pantaloni e ovviamente stesse scarpe.
Era inizio giugno è la temperatura era alterata da un fastidiosissimo scirocco. Mi chiesi il perché di quelle giacche, domanda stupida. Risposta ovvia.
Pensai che se uno si veste come il suo amico non ha timore di essere giudicato male, perché, per istinto animale nessuno è portato ad auto-flagellarsi.
Intanto camminavo e mi guardavo intorno e facevo quel che più amavo: descrivermi le cose.
Gli alberi erano messi in fila e le vetrine erano spente, i manichini patetici e annoiati.
Il buio appiattiva la prospettiva in lontananza.
Il mare era calmo e profumato.
Le auto clacsonavano ansiosamente.
E le ragazze mi guardavano.
Io non ero sereno, né felice.
In quel periodo avevo una doppia vita, c’era la parte di me che stava con Paola e la restante con gli amici.
Paola non sopportava i miei amici, e viceversa.
In quel teatro che era la mia vita, i miei amici andavano in scena interpretando la parte dei rozzi, e Paola quella della “fighetta tirata”.
Io ero apparentemente neutrale. Ma ne soffrivo, e tanto.
“uè solo stasera?”
“si Paola aveva degli impegni”
“bene ..bene …bene così”
“certo, certo Gianni”
“gli altri?”
“più avanti, vieni”



La serata fu molto divertente.
Mi mancava Paola.
Mi mancava la ragione che mi legava a lei.
Mi mancava il coraggio di mettere insieme la mia vita, e sbarazzarmi dei vestiti Armani e delle inutili birre con gli amici.


Ultima modifica di Anam il 25/3/2009, 20:27 - modificato 1 volta.
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Nico Mar
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MessaggioTitolo: Re: Enjoy the snow (terza parte)   Enjoy the snow (terza parte) Icon_minitime25/3/2009, 12:50

un saluto, non ho ancora study le prime due parti. Lo farò.

È voluto il carattere così piccolo? Shocked
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MessaggioTitolo: Re: Enjoy the snow (terza parte)   Enjoy the snow (terza parte) Icon_minitime25/3/2009, 19:00

Enjoy the snow (terza parte) 829721 a leggere la prima parte
Ritornerò
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Gaetano Benedetto
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MessaggioTitolo: Re: Enjoy the snow (terza parte)   Enjoy the snow (terza parte) Icon_minitime25/3/2009, 20:26

La Mar ha scritto:
un saluto, non ho ancora study le prime due parti. Lo farò.

È voluto il carattere così piccolo? Shocked
no non è voluto, adesso cerco di migliorarlo
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MessaggioTitolo: Re: Enjoy the snow (terza parte)   Enjoy the snow (terza parte) Icon_minitime27/3/2009, 00:33

Racconto piacevole nella parte descrittiva del luogo, pennellate di piccoli e sapienti tratti.
Simpatico lo scambio dei sms al cellulare, non tralasciando il tipo di scrittura. afro
Le frasi molto corte finite con i punti, entrano ed escono pensieri a volte sarcastici.
Questo, prendo questo che arriva direttamente al lettore. Enjoy the snow (terza parte) 887831
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MessaggioTitolo: Re: Enjoy the snow (terza parte)   Enjoy the snow (terza parte) Icon_minitime

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