T'amo in tutte le malattie del mondo

Collo spezzato e seni tremanti

Ti amo più del fico maturo
Che cresce nel giardino
Della mia vicina che spio
Mentre si fa la doccia
Usando balsamo profumato.
Getto poesie dalla finestra.
Le regalo al vento.
Le affido al vento.
Le dono al vento.

Ti amo più della pianta carnivora
Che tengo sul davanzale
E vorrei ancora dondolare
In superficie a pelo d’erba
Nell’aria che canta piume.

Ti amo più della verdura
Lasciata a marcire nell’ovale
Nucleo di semi e remi a secca
Tirati su strade gomitolo
Di frutta gonfia;
che pullula di suoni
in perfetta strage di gabbiani.

Ti amo più del cerume accumulato
Dopo giorni di ozio programmato
Per sporcare cattedrali; chiese pagane.
Riempio fino all’orlo
Barattoli di olive verdi,
perché quelle nere le ho mangiate tutte
prima del cappuccino.

Ti amo più della macchia di muffa sul soffitto
Che mi soddisfa le voglie di angoli e proiettori
Antecedenti la guerra di Crimea.
In Corea le cose sfasate,
disperse nella giungla.
Quante imposizioni errate
Nel ginocchio del martire.

Ti amo più del tumore che mi balla nel culo,
che ogni mattina lo osservo con libidinoso terrore,
perché so che fra pochi mesi mi esploderà,
mi farà cacare sangue, budella e merda,
eppure lo accarezzo come fosse il gattino
strusciante miagolii e piagnistei infantili.

Ti amo più dei cadaveri ammuffiti
Di nutrie, topi, gatti, animali vari
Che quotidianamente incrocio
Andando a scuola;
andando a scuola;
andando ad insegnare.
Non mi fermo mai per osservare
Se nei loro sguardi ormai prosciugati
Esiste ancora l’ultimo anelito
Di libertà imposta senza marchio
O pubblicità estesa o variabile
Al contrario d’imitazione polmonare.

Ti amo più dei lividi che un marito geloso
O incapace o psicotico lascerebbe
Come dote di pelle sulla pelle candida
Della sposina vergine, strette le coperte
Al petto in attesa che lui arrivi,
puzzando l’aria di vino e respiro divorziabile.

Ti amo e non respiro nient’altro
Che le gocce dei tuoi occhi,
assaporando il lento fluire
del nostro amore
come violino d’un concerto
o serenata notturna
lasciati per un istante
nell’angolo in attesa di dita


( 13 – 12 – 2006 )