C’era una svolta…
No, no, bambini, non c’è errore, non avete sentito male: questa è la storia di una svolta che si trovava… ma per favore, su, su, procediamo con ordine.
Molto, ma molto tempo fa, c’era un bosco. Non saprei dire se esiste ancora, per certo posso dire che c’era, una volta, almeno di questo sono sicura.
Ma non divaghiamo.
Il quel bosco, nel cuore di una montagna, conosciuto come Bosco di Atival, vivevano persone di una specie particolare.
Pensate, nascevano con la capacità di vedere e vivere insieme alle fate e per di più, in perfetta sintonia con ciò che li circondava.
Ma, ahimè, mano a mano che crescevano, perdevano il dono.
Certo, non tutti, ma molti di loro, nello snodarsi dell’esistenza smarrivano l’incanto e vedevano le cose per quelle che apparivano: un albero era solo un albero, un sasso era solo un sasso.
E così via.
Non è un caso se ho usato la parola ”snodarsi”.
Vedete, bambini, la vita per quelle persone, cominciava all’inizio di un sentiero che attraversava il bosco per tutta la sua lunghezza,e che dovevano percorrere fino alla fine, se davvero volevano crescere.
Nessuno sapeva bene che cosa ci fosse in fondo al sentiero, perché nessuno era mai tornato indietro per poterlo raccontare. Ma c’era chi narrava di fate, di luoghi pieni di luce, di gioia; ma, avendo gli abitanti per lo più perso la capacità di vederle, nessuno ormai ci credeva. Così quasi tutti dicevano, al malcapitato che passava:
- Hai respirato profumo di fiori incantati.
Curiosa la storia dei fiori incantati, eh?
Bene, allora state a sentire.
Raccontano che quando gli Ativalesi nascevano, ( pare in una notte di pioggia) saltassero fuori da uova argentate che le fate trovavano il mattino. E quando le uova si aprivano, ogni fata prendeva un piccolo, per accompagnarlo per un pezzo di sentiero, per accudirlo e istruirlo, affinché, a tempo debito, affrontasse la svolta.
Eh si cari miei, siamo alla svolta!
Il sentiero di Atival si sviluppava quasi per intero in linea retta, ma ad un certo punto c’era una svolta.
Era questo il momento più importante nella vita di ognuno: arrivare fin lì, significava lasciare indietro la vita incantata protetta dalle fate, per camminare finalmente da soli.
Bella forza, direte voi!
Che sarà mai.
Non è mica poi così difficile, camminare da soli!
E no, cari miei!
Dovete sapere che ad aspettare gli abitanti di Atival da quel momento in poi, ci sarebbero state mille insidie, mille scelte da fare; ciascuno avrebbe potuto confidare solo su se stesso e sugli insegnamenti ricevuti.
E le insidie bambini, credetemi, erano delle più…insidiose. Si presentavano sotto forma di una delle cose più belle del Bosco di Atival: fiori.
Certo, avete capito bene: FIORI.
Tuttavia, i Fiori Ammalianti del bosco di Atival, non erano come quelli conosciuti da noi, non erano quelli che allietano la vita e le nostre case.
Nossignore!
Erano fiori pericolosissimi.
Per esempio i fiori Misonscordatodite: fiori particolari, il cui profumo faceva perdere la memoria; oppure le Viole del Pensieronero: fiori dal potere incredibile di rendere infinitamente triste chi li annusava; e poi ancora, le Rose Ritrose, quelle che inculcavano nel malcapitato la voglia di tornare indietro. Cosa impossibile ad Atival, un posto dove si poteva andare solo avanti.
E che dire poi dei Fiordilluso, tra tutti i peggiori?
Pensate bambini, convincevano chi li annusava a vedere cose che non esistevano.
E chi non ricordava gli avvertimenti ricevuti dalle fate o per caso si lasciava affascinare dal loro aspetto (perché erano bellissimi,sapete?), o a chi ne inalava il profumo per sbaglio, accadeva di smarrirsi per sempre nella parte più oscura del bosco e nella solitudine.
Chi teneva a mente le parole delle madrine, poteva invece proseguire il cammino lungo un sentiero di alberi pieni di frutti, e quei frutti, li avrebbero resi saggi, sereni e forti.
Ehhhh, va bene, va bene… lo so, lo so, ve la leggo nella testolina la domandina che sorge spontanea:
- Quei frutti avevano un nome?
Ma certo, dico io:
- C’era la Melainsegna per esempio, quella che dava la capacità di capire le cose del mondo;
- l’Aranciamoci, che apriva l’ingegno regalando l’arte di adattarsi alle difficoltà;
- il Mangoperniente che era capace di far capire anche a un cretino quando non era il caso di insistere;
- la Peradesso, per sviluppare la pazienza;
- l’Uvachetipassa, per dare forza di non abbattersi nei momenti di sconforto;
- i Mirtillanti che regalavano perseveranza.
E infine, per fare scorta d’affetto, si poteva fare una scorpacciata di Albicoccole e Pescarezze.
Insomma, avete capito: chi teneva conto delle cose apprese nell’infanzia, sarebbe presto arrivato alla fine del sentiero, saggio, forte e sereno. Chi invece non teneva conto dei buoni consigli, finiva sperduto nel bosco.
Ma nel bosco di Atival erano più le cose buone delle cattive.
E alla fine del sentiero che cosa c’era?- chiederete voi!
Alla fine del sentiero c’erano le fatine.
Le stesse che avevano atteso i bambini fin dall’inizio. E dopo tanto cammino, ognuno avrebbe goduto del meritato riposo in un luogo pieno di luce e di gioia.
Ma come faccio a saperlo? - mi chiederete!
Va bene, se avrete pazienza ve lo racconterò.
Però, siccome questa è un’altra storia, fate conto di aver mangiato un po’ di Peradesso, perché sarà per la prossima volta…