IL SESSO DELLE MARGHERITE

L’uomo domandò alla donna se c’era vento abbastanza a far piegare i gambi dei fiori. Lo fece senza dire una parola, mostrando l’indice piegato verso fuori. Intanto lei lo scrutava; approfittando di quella attesa, lo guardò meglio. Cosa aspettava a crepare, a finirla con quella farsa, ora che gli era rimasta solo la testa e il naso, per vivere. Uscì nel giardino come una ricercatrice, con le istruzioni imparate a memoria dal suo professore. Prese il viottolo alla destra di quell’albero d’ulivo, con quel ramo giovane fatto apposta per piegarsi nella posizione che solamente lei conosceva. Chiuse gli occhi, immaginandosi come dovesse essere la vita di un cieco. Lei poteva vederle le margherite cresciute nell’ordine dietro casa. Lui invece viveva soltanto del loro ricordo; e non rassegnandosi di quella menomazione, usava il fiuto per avvicinarla, l’esistenza.
Gli disse che il vento era quello giusto. Lo aiutò a mettersi la giacca. Lui prese il bastone e le ordinò di aprire la finestra. Doveva solo accompagnarlo dove lei detestava di stare. Quel posto ritornava a farle del male, esattamente come le fantasie di quel vecchio. Meglio di un’infermiera lo aiutò a sedersi sulla panchina di legno. Poi scomparendo dalla sua vicinanza, lo lasciò sprofondare nel silenzio. Se ne andò con la sua scia di acqua di colonia. Con i suoi pensieri di donna, si rintanò a piangere in una stanza. Questo lui lo sapeva. Ma non gliene importava nulla. Non la teneva presso di se per consolarsi e nemmeno per compagnia; piuttosto per il segreto la teneva. Perché ci fosse almeno una persona a sopportare quel pensiero fatto carne, oltre lui. Anche gli assassini invecchiano, le diceva probabilmente con gli occhi. E finiscono per riposarsi. Per piegarsi su se stessi. C’era sempre un malcelato odio nel suo tono di voce. Eppure non le tramavano mai le mani. Lui aveva violentato e ucciso la giovinezza più volte, quando gli altri ancora giocavano a spennare le corolle dei fiori. Gli bastava che lei sapesse questo.
- Bisognava arrivare alla soglia di quest’infamia per ritrovare il giusto posto –
Disse l’uomo, sorprendendosi dopo giorni di assiduo mutismo. Forse sorrise al buio. Poi lo raggiunse quel profumo acerbo. Sentiva la terra, l’erba, perfino l’acqua melmosa del fontanile. Gli arrivava come da un sogno, quell’odore di corpi impollinati dalla stagione nuova. Essi rifioriscono, vogliono continuare disperatamente a vivere, seppure sono destinati a prendere quel tanfo che lui conosceva: simile all’odore della ruggine.

Poi una primavera le margherite non fiorirono più. Una gelata tardiva lasciò sul terreno fin troppo arato, sterpaglie contorte dal colore putrido e spento. La donna come da disposizione testamentaria del vecchio, continuò a vivere in quella casa fino alla fine dei suoi giorni.

Ora ridipinta e arredata secondo un nuovo gusto, la casa era abitata da una tranquilla famiglia di tre persone. Madre e padre con il loro figliolo. Rinnovarono anche il giardino e lì dove un tempo crescevano i profumi, ora c’erano grigie mattonelle di cemento. Su di esse posavano un tavolino con le quattro sedie in ferro lavorate auncinetto. Un vezzo della nuova padrona di casa. Donna amorevole e ordinata, non sopportava i fiori, prediligendo gli alberi da frutto.