AIUTATI CHE DIO T'AIUTA - SUSANNA COSTA

Ieri sera le urla, le solite urla di Tom e Claire non sono durate a lungo. I loro litigi sono fatti di grida, ceramiche in frantumi, parole mangiate dall'alcool quelle di lui, repliche a volte isteriche, a volte stanche, quelle di lei.

Tutte le sere, mentre aiuto mia madre a sparecchiare la tavola, le loro voci attraversano la strada che divide la loro casa dalla nostra, invadono il nostro giardino e quello dei vicini: le siepi non attutiscono i rumori dei piatti infranti, l'asfalto non trattiene le urla.

Mia madre ed io ci guardiamo e non sappiamo neppure più di che colore sia la pena che proviamo.
Claire ha solo trent'anni ma l'ansia e il dolore l'hanno resa trasparente e i suoi occhi chiari non sono più del colore del cielo: sono nuvole annacquate che cercano solo di fuggire via al primo alito di vento che le passerà vicino.

Io la guardo. La guardo spesso. Lei lo sa. Così non mi sento il vicino che spia, perché lei vuole che i miei occhi seguano i suoi gesti, le mie orecchie ascoltino le sue parole. Anche quando lui, la sera, tira le tende e chiude i vetri delle finestre. Io la vedo sempre: la vedo con gli occhi del cuore.

Una sera le ho chiesto come potevo aiutarla.

Lei si è girata, mi ha guardato e poi è tornata a fissare un punto lontano. Quando ha parlato la sua voce era ferma, dura, come non avrei mai immaginato di sentirla: “Tu non puoi fare nulla per me. Aiutati che Dio t'aiuta. Questo è quello che ho imparato presto. E sarà così. Il giorno in cui deciderò di fare qualcosa per me, lo farò da sola”.

Quella sera l'ho baciata. Ed ho scoperto che le sue labbra, quando non sono gonfie e sanguinanti per gli schiaffi presi, sono labbra di una bocca che può regalare nettare.

Tom quando lavora, se lavora, guida Tir e attraversa il paese in lungo e in largo. Lo hanno sentito tutti urlarle che un giorno o l'altro si fermerà dall'altra parte del confine e non tornerà più da lei. L'ho sentito bene anch'io urlarle disprezzo e rabbia mentre la picchia. I suoi pugni le arrivano allo stomaco e i suoi calci colpiscono costole, cosce e schiena. Le portano via brandelli di anima ogni volta di più e poi ancora e ancora, sera dopo sera.

Ma ieri sera le urla sono durate poco.

Poi, nel buio e nel silenzio della notte, mentre i miei occhi vagano sul soffitto, seguendo le ombre dei rami dell'albero di magnolia, proiettate dalla luna piena, ho sentito il rombo del motore del Tir di Tom partire. Mi sono affacciato ed ho visto il grande mezzo uscire dal viale e immettersi sulla via. E la luce della luna mi ha regalato il flash di un'immagine che non mi aspettavo di vedere: non era la sagoma di Tom all'interno della cabina, al posto di guida.

Sono restato a guardare il mezzo e le sue luci posteriori allontanarsi, fino all'accendersi degli stop dei freni all'incrocio in fondo al viale. Quel rosso che si è acceso all'improvviso mi ha fatto pensare ad una ferita aperta, a mille ferite aperte.

Sono restato lì, in finestra per un po'. Aspettando qualcosa. Aspettando qualcuno. Non ricordo neppure di essermi addormentato.

E oggi è sabato. Mi sono svegliato tardi e la prima cosa che ho fatto è stata quella di controllare le finestre della casa di fronte. C'è una macchina della polizia davanti al viale d'ingresso.
Un uomo grosso, pesante nei movimenti, in divisa, sta uscendo dalla casa di Claire. Lei lo ha accompagnato sull'uscio. Ha un fazzoletto tra le mani, lacrime che le scendono lente, il naso rosso e un viso stravolto.

Capita a volte, che un autista ubriaco si metta alla guida del suo mezzo incurante del fatto che non sia in condizioni di guidare.

Capita, così, che una curva presa male significhi fare un salto oltre il parapetto, nel vuoto.

Mia madre la consola. Adesso lei è seduta in salotto, sul grande divano in velluto giallo. I vicini si presentano discreti e le porgono le loro condoglianze. I suoi occhi non hanno più lacrime ora. Risponde a tutti gentilmente e, a chi le ha chiesto: “Come farai Claire, adesso?” Lei ha semplicemente risposto: “Aiutati che Dio ti aiuta. Così farò”. E mentre lo dice, mi guarda. Un sorriso di supplica ha disegnato una piega strana lì, all'angolo della bocca.

Mi manca il respiro ma so che non le farò domande. Mai.