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 Tristezza maledetta e pesante.

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5 partecipanti
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Gianpaolo Fugazzaro
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Gianpaolo Fugazzaro


Numero di messaggi : 187
Data d'iscrizione : 26.01.09

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MessaggioTitolo: Tristezza maledetta e pesante.   Tristezza maledetta e pesante. Icon_minitime1/5/2009, 10:28

Tristezza maledetta e pesante.


Una tristezza maledetta e pesante mi marchia a fondo la carne della schiena
mi costringe a camminare curvo come se dovessi schivare pallottole invece di sguardi.
Se andandomene dal mondo fossi certo di ritornare a sorridere felice lo farei subito senza pentirmi.
Ma la paura di scegliere la soluzione peggiore mi fa desistere dal ferale gesto.
Guardo le rocce delle mie montagne e le invidio, nessun sentimento, nessun dolore,
niente di niente, solo il lento scorrere del tempo e dell'acqua e del vento su di loro.
E si spostano anche le montagne in forma di granelli che rotolano nei torrenti al mare.
Solo io resto qui fermo, statico, immobile nella mia maledetta e pesante tristezza.
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Lea De Cristoforo
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Lea De Cristoforo


Numero di messaggi : 218
Data d'iscrizione : 28.04.09

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MessaggioTitolo: Re: Tristezza maledetta e pesante.   Tristezza maledetta e pesante. Icon_minitime1/5/2009, 10:41

https://www.youtube.com/watch?v=5sUKb3je1YU


questa è una risposta: non è mia, ma credo che vada bene.
:*

citando solo un pezzo della poesia/canzone: torneremo a scorrere.
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Giampiero Pieri
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Giampiero Pieri


Numero di messaggi : 2332
Data d'iscrizione : 20.01.08

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MessaggioTitolo: Re: Tristezza maledetta e pesante.   Tristezza maledetta e pesante. Icon_minitime1/5/2009, 11:39

Gianpaolo Fugazzaro ha scritto:
Tristezza maledetta e pesante.


...
Se andandomene dal mondo fossi certo di ritornare a sorridere felice lo farei subito senza pentirmi...
Guardo le rocce delle mie montagne e le invidio, nessun sentimento, nessun dolore,
niente di niente, solo il lento scorrere del tempo e dell'acqua e del vento su di loro.
E si spostano anche le montagne in forma di granelli che rotolano nei torrenti al mare.
Solo io resto qui fermo, statico, immobile nella mia maledetta e pesante tristezza.

Si pensa noi, che le montagne non tengano problemi. Metti che in una vita precedente fossero state individui che si lasciavano sopraffare da una tristezza infinita e che per questo furono condannate a provare una condizione ancora più statica - una sorta di contrappasso educativo - ma non priva d'incovenienti.
Lo scorrere del tempo per esempio, erode più dello smeriglio che lentamente consuma le scogliere, e loro non possono fare niente. Pur solidissime esse sono impotenti dinanzi agli eventi. E sono esposte a qualsiasi follia dei viventi. Chi ne immonda le vette, chi ne trafora le visceri per compiere atti osceni con i treni. Chi ne rosicchia i fianchi per spostarne la sostanza nei viadotti, o nei piloni di uno stadio dove si osanna il nulla. Se potesero scegliere, probabilemente, anche le montagne lascerebbero la loro imortalità e la baratterebbero col volo di un sol giorno di farfalla. Un giorno solo, ma in cui si compie la vita.
Meditiamo... meditiamo...
(personalmente non credo che avremo molte altre chances, meglio tenerci il mal di schiena: è una condizione privilegiata!)
Concludo dicendo: eh eh eh eh eh ................
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Rosario Albano
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Rosario Albano


Numero di messaggi : 1464
Data d'iscrizione : 29.09.08

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MessaggioTitolo: Re: Tristezza maledetta e pesante.   Tristezza maledetta e pesante. Icon_minitime1/5/2009, 11:52

Gianpaolo Fugazzaro ha scritto:
Tristezza maledetta e pesante.


Una tristezza maledetta e pesante mi marchia a fondo la carne della schiena
mi costringe a camminare curvo come se dovessi schivare pallottole invece di sguardi.
Se andandomene dal mondo fossi certo di ritornare a sorridere felice lo farei subito senza pentirmi.
Ma la paura di scegliere la soluzione peggiore mi fa desistere dal ferale gesto.
Guardo le rocce delle mie montagne e le invidio, nessun sentimento, nessun dolore,
niente di niente, solo il lento scorrere del tempo e dell'acqua e del vento su di loro.
E si spostano anche le montagne in forma di granelli che rotolano nei torrenti al mare.
Solo io resto qui fermo, statico, immobile nella mia maledetta e pesante tristezza.

Carissimo Gianfranco,
nel leggere questa tua, ho fatto due tipi di considerazioni ...
Una psicologica ed umana ed un altra più letteraria:
La prima è semplice e non esaustiva, se quel che scrivi riflette davvero una tua condizione attuale, beh a te va la mia solidarietà, il mio poco utile incoraggiamento a superarla e un consiglio di non vivertela da solo: hai bisogno (come tutti) di socializzare e forse d'aiuto più concreto ... il resto è umano silenzio e trepida speranza ...

Invece per quel che riguarda l'accezione letteraria, posto che sia una tua elucubrazione creativa che proietta in forma di poesia (o meglio prosa-poetica) sensazioni e stati d'animo sentiti e rielaborati (e quindi metabolizzati) allora, devo dirti, che mi hai fatto riandare (ma a dire il vero proprio in questi giorni ho ripreso a leggere...) alle "Ultime lettere di Jacopo Ortis" del Foscolo ...
Sto riprendendo a studiare, la letteratura preromantica e romantica, e ci ho sentito una certa affinità di motivi (ma anche di stili e ritmi) con questa tua, eccotene alcuni brani scelti per imput dalle tue parole:

« - Illusioni! grida il filosofo - Or non è tutto illusione? Tutto! Beati gli antichi che si credevano degni de' baci delle immortali dive del cielo; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che diffondevano lo splendore delle divinità su le imperfezioni dell'uomo, e che trovavano il Bello ed il Vero accarezzando gli idoli della loro fantasia! Illusioni! Ma intanto senza di esse io non sentirei la vita che nel dolore, o (che mi spaventa ancor più) nella rigida e dolorosa indolenza: e se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo infedele».

"Io non so né perché venni al mondo; né come; né cosa sia il mondo; né cosa io stesso mi sia. E s'io corro ad investigarlo, mi ritorno confuso d'una ignoranza sempre più spaventosa. Non so cosa sia il mio corpo, i miei sensi, l'anima mia; e questa stessa parte di me che pensa ciò ch'io scrivo, e che medita sopra di tutto e sopra se stessa, non può conoscersi mai. Invano io tento di misurare con la mente questi immensi spazj dell'universo che mi circondano. Mi trovo come attaccato a un piccolo angolo di uno spazio incomprensibile, senza sapere perché sono collocato piuttosto qui che altrove; o perché questo breve tempo della mia esistenza sia assegnato piuttosto a questo momento dell'eternità che a tutti quelli che precedevano, e che seguiranno. Io non vedo da tutte le parti altro che infinità le quali mi assorbono come un atomo."
e quest'altro che è l'ultima (lettera) prima del suicidio:

" (...)Ho visitato le mie montagne, ho visitato il lago de' cinque fonti, ho salutato per sempre le selve, i campi, il cielo. O mie solitudini! o rivo, che mi hai la prima volta insegnato la casa di quella fanciulla celeste! quante volte ho sparpagliato i fiori su le tue acque che passavano sotto le sue finestre! quante volte ho passeggiato con Teresa per le tue sponde, mentr'io inebbriandomi della voluttà di adorarla, vuotava a gran sorsi il calice della morte.
Sacro gelso! ti ho pure adorato; ti ho pure lasciati gli ultimi gemiti, e gli ultimi ringraziamenti. Mi sono prostrato, o mia Teresa, presso a quel tronco; e quell'erba ha dianzi bevute le più dolci lagrime ch'io abbia versato mai; mi pareva ancora calda dell'orma del tuo corpo divino; mi pareva ancora odorosa. Beata sera! come tu sei stampata nel mio petto! - io stava seduto al tuo fianco, o Teresa, e il raggio della luna penetrando fra i rami illuminava il tuo angelico viso! io vidi scorrere su le tue guance una lagrima; e la ho succhiata, e le nostre labbra, e i nostri respiri, si sono confusi, e l'anima mia si trasfondea nel tuo petto. Era la sera de' 13 Maggio era giorno di giovedì. Da indi in qua non è passato momento ch'io non mi sia confortato con la ricordanza di quella sera: mi sono reputato persona sacra, e non ho degnata più alcuna donna di un guardo credendola immeritevole di me - di me che ho sentita tutta la beatitudine di un tuo bacio.
T'amai dunque t'amai, e t'amo ancor di un amore che non si può concepire che da me solo. È poco prezzo, o mio angelo, la morte per chi ha potuto udir che tu l'ami, e sentirsi scorrere in tutta l'anima la voluttà del tuo bacio, e piangere teco - io sto col piè nella fossa; eppure tu anche in questo frangente ritorni, come solevi, davanti a questi occhi che morendo si fissano in te, in te che sacra risplendi di tutta la tua bellezza. E fra poco! Tutto è apparecchiato; la notte è già troppo avvanzata - addio - fra poco saremo disgiunti dal nulla, o dalla incomprensibile eternità. Nel nulla? Sì. - Sì, sì; poiché sarò senza di te, io prego il sommo Iddio, se non ci riserba alcun luogo ov'io possa riunirmi teco per sempre, le prego dalle viscere dell'anima mia, e in questa tremenda ora della morte, perché egli m'abbandoni soltanto nel nulla. Ma io moro incontaminato, e padrone di me stesso, e pieno di te, e certo del tuo pianto! Perdonami, Teresa, se mai - ah consolati, e vivi per la felicità de' nostri miseri genitori; la tua morte farebbe maledire le mie ceneri.
Che se taluno ardisse incolparti del mio infelice destino, confondilo con questo mio giuramento solenne ch'io pronunzio gittandomi nella notte della morte: Teresa è innocente. - Ora tu accogli l'anima mia."

Gianfranco, non è una provocazione anzi, ribadisco che questo è il portato della correlazione letteraria che io ho tratto nel leggerti...
Infatti, siccome ti so' grande e vaccinato, penso che sia una similitudine solo parossistica di stampo letterario e non oso pensare ad una situazione psicologica di similarità, essendo L'Ortis, un opera che allude ad una figura giovanile impregnata di romanticismo congrua alla nascita di questo genere ed attraversata da contraddizioni proprie dell'ottocento ...
Ed anche per questo, ma anche per un apertura sia letteraria che più odierna, un'altra correlazione, la trovo con il Pessoa, anche lui grande cantore della tristezza umana, ma in questo poeta, la dialettica è più presente, ed anche la speranza ha una sua certa consistenza, ma soprattutto l'accezione ed il ritmo è più consono alla modernità e quindi al nostro vivere e sentire, eccoti tre componimenti in tema (spero):

Se io, ancor che nessuno,
potessi avere sul volto
quel lampo fugace
che quegli alberi hanno,
avrei quella gioia
delle cose al di fuori,
perché la gioia è dell'attimo;
dispare col sole che gela.
Qualunque cosa m'avrebbe meglio
giovato della vita che vivo -
vivere questa vita di estraneo
che da lui, dal sole, mi era venuta!
Viaggiare! Perdere paesi!
Essere altro costantemente,
non avere radici, per l'anima,
da vivere soltanto di vedere!
Neanche a me appartenere!
Andare avanti, andare dietro
l'assenza di avere un fine,
e l'ansia di conseguirlo!
Viaggiare così è viaggio.
Ma lo faccio e non ho di mio
più del sogno del passaggio.
Il resto è solo terra e cielo.


Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo...
Ho pena delle stelle.
Non ci sarà una stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?
Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
l'essere triste lume o un sorriso...
Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un'altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?

Sensazione
I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme.
Fremo per la mia allegria.
A volte mi sento invadere da
una vaga, fredda, triste, implacabile
quasi-concupiscente spiritualità.
Mi fa tutt' uno con l' erba.
La mia vita sottrae colore a tutti i fiori.
La brezza che sembra restia a passare scrolla dalle mie ore rossi petali
e il mio cuore arde senza pioggia.
Poi Dio diventa un mio vizio
e i divini sentimenti un abbraccio
che annega i miei sensi nel suo vino
e non lascia contorni nei miei modi
di vedere Dio fiorire, crescere e splendere.
I miei pensieri e sentimenti si confondono e formano
una vaga e tiepida anima-unità.
Come il mare che prevede una tempesta,
un pigro dolore e un' inquietudine fanno di me
il mormorio di un incalzante stormo.
I miei inariditi pensieri si mescolano e occupano
le loro interpresenze, e usurpano
gli uni il posto degli altri. Non distinguo
nulla in me tranne l' impossibile
amalgama delle molte cose che sono.
Fernando Pessoa

Spero, che mi perdonerai, questo sproloquio (insensato?), ma sai, a volte una scintilla basta ad incendiare una prateria ...
Ed oggi questo tuo compinimento ha messo in moto (in me) tutta questa girandola di riferimenti e correlazioni, e forse per farti un tantino di compagnia ( e farla anche a me), te le ho socializzate andando oltre, come spesso mi capita ...

Con stima
Net
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rubinia
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MessaggioTitolo: Re: Tristezza maledetta e pesante.   Tristezza maledetta e pesante. Icon_minitime1/5/2009, 11:52

Mi ricorda una sera a guardare un fazzoletto di carta volteggiare nel vento, al buio.
Ne ho invidiato la leggerezza, il lasciarsi trasportare senza dover decidere nè la destinazione nè altro.
Che quella è la nostra pesantezza, il dover essere sempre presenti a noi stessi.
Poi però piovve...il fazzoletto si sciolse.
Io sono ancora qui, a condividere.
E condividere è già meno peso.
Pensaci amico Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Tristezza maledetta e pesante.   Tristezza maledetta e pesante. Icon_minitime

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