Musica a basso volume e voci di bimbe alla finestra.
Mi sembra strano che la pioggia caschi, mi sembrano strane molte cose. L’essere irritati ad esempio.
Mi sembra cosa ardita la pancia rosa di un cane, e il fuoco. Le dolci note che danzano per la stanza.
Gocce, odori, e clacson.
E’ una sera serena questa, senza macchie irrequiete che non si possono sanare; per le campagne alita una dolce brezza, e il mare è blu, è scuro. Sembra quasi indaffarato a nascondere qualcosa che sfugge alla vista.
A musica bassa e con la tenda che si muove, piano.
E la luce è gialla. E la luce è calma. E la luce è serena.
Le gomme sull’asfalto si consumano piano, come fa la musica elettronica con i timpani e l’odio con gli imbecilli.
Forse non c’è scampo a poche cose, forse è facile sorridere.
Anzi è così: è facile per me sorridere.
Dostoevskij è piegato a meta sul tavolo, e nel frigo le pesche sono tutte ordinate al loro posto.
M’imbatto in strani pensieri, poco efficaci. A ben sentire sono tranquillo, e dovrei uscire ed è quello che farò appena la pagina avrà assunto quel suo tipico alone colorato di nero.
E i mestoli alle mie spalle, e il ventilatore spento.
Sento le pozzanghere squarciarsi, e chissà chi sta muovendo quei piatti che sbattono tra loro.
Questo giugno che passa piano e freddo e piovoso. E incredulo.
Il cielo mi sembra una perfetta scenografia in questo teatro parrocchiale che è il mio paese.
E chissà la mia bella ora, chissà che farà. Mi aspetta, e sa che arriverò in ritardo, o forse no.
Non oso alzare il volume dello stereo, il solo pensiero mi sembra un peccato, un torto alla quiete.
Penso ora all’aspetto incurvato di Leopardi, ma è un pensiero subdolo e banale, e soprattutto non sta in piedi.
L’arancio è un colore divertente, è un colore che fa bene, ed è il colore dell’Anas.
Le ombre hanno contorni indefiniti, come questa serata.
Il cane dorme beato.
Ma. Faccio tardi, è meglio andare.