Si poggia lieve sull’acqua questa ninfea
enigma di tempo e del cuore
nascosta dalla bruma, nascosta dalla dea
uccisa nel silenzio, rinata nel colore.
Si chiude in sé un bianco fior di loto
come impaurito dal tramonto
erra nello stagno perdendosi nel vuoto;
verrà la luna a rischiararne il contorno.
Appare impavido il guado della quiete
c’è solo un triste acquitrino
non ci si può specchiare, non placa la mia sete,
confonde il profumo dei fiori al mattino.
In questo stagno tra colori ed insetti
vi è una coltre indistinta
vi sono zirli che appaiono inetti.
Il tacere se stessi, e l’anima è vinta.