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 Le regole di un grande gioco (prima parte)

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Lea De Cristoforo
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Lea De Cristoforo


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MessaggioTitolo: Le regole di un grande gioco (prima parte)   Le regole di un grande gioco (prima parte) Icon_minitime12/7/2009, 11:17

Tutti iniziamo e tutti abbiamo una fine.
E’ nel momento in cui si scopre questa terribile, inaccettabile verità che si comincia a camminare per quella strada chiamata deterioramento, corruzione, invecchiamento, perdita dell’incanto.
Il fatidico attimo in cui si apprende che nessuno di noi è per sempre, non in carne e ossa quantomeno.
Sandra viveva semplicemente la sua età, con apparente incoscienza e leggerezza tipici di chi è bambino.
Guardava sua nonna con un rispetto muto, stupefatto e reverenziale, non pensando che fosse vecchia, ma solamente adulta.
A otto anni, tutti quelli che non erano più bassi o suoi pari, non giocavano con bambole, costruzioni e macchinine, non si buttavano per terra, e non dimenticavano di lavarsi le mani prima di mettersi a tavola, non erano i bambini, ma gli adulti.
I grandi erano da ascoltare, tormentare coi tanti perché, chiedere in prestito abiti e accessori per poi imitarli, in spensierati pomeriggi, giocando con le cuginette al the delle signore.
Bisognava seguire alla lettera le indicazioni di genitori e parenti adulti, forse perché così ci si sarebbe trovati bene in tutte le situazioni nuove che sarebbero capitate, o più semplicemente perché conveniva così.
A lei era passata ormai l’idea di andare a raccontare i suoi segreti e le sue paure ad un adulto perché, qualsiasi cosa la bambina avesse confidato a uno di loro, avrebbe ottenuto solo dei consigli, per lo più rinunciatari e Sandra detestava ascoltare i consigli, si sentiva obbligata a seguirli ed era uno spiritello troppo indipendente e coraggioso, per non disubbidire.
C’era anche un motivo in più per non confidare ai grandi le sue paure e i suoi segreti.
Quando aveva sentito il bisogno di un conforto, gli adulti avevano tentato di sviare i suoi timori, di distrarla, con l’unico risultato di farla sentire ridicola e insoddisfatta, per cui, preferiva di gran lunga svelare le sue riflessioni ai cugini, nella tenda degli indiani vinta con i punti delle merendine.
Lei era la più grande fra i bimbi della famiglia e per età, carattere e fantasia era la leader indiscussa fra loro.
L’avevano scelta i piccoli come capo branco, si sentiva accettata dai suoi simili, una specie di Wendy, abile a inventare giochi divertenti, che coinvolgessero tutti, anche quelli col succhietto.
Era anche in gamba nel raccontare storie, nel lanciare mode, nel suggerire strategie giuste. Ossia: consigli.
Proprio quello che lei rifiutava dagli altri. Ogni tanto le sembrava di assistere a una battaglia, dentro al suo corpo.
Non voleva, ma certi comportamenti le venivano spontanei, con i più piccoli che pendevano dalle sue labbra.
Ora, la ragazzina, non avendo veri coetanei, si sentiva un po’ un ibrido…
Giocava come fanno tutti i bambini e dava consigli ai cuginetti tutti più piccoli di lei, come facevano i suoi parenti con tutti loro.
I famigliari adulti affermavano che Sandra fosse una bambina giudiziosa e responsabile tanto che, quando si radunavano a casa di qualcuno di loro nessuno mai, o così le era parso, andava a controllare cosa facessero i piccoli, perché già sapevano che con lei potevano stare tutti tranquilli.
Anche quel giorno andò pressappoco così.
Sua madre Anna, le sue sorelle e i rispettivi consorti, si erano riuniti con i vari figli e nipoti a casa di zia Rosa.
Quel pomeriggio c’era una partita importante : Italia – Germania alle semifinali degli europei.
Gli uomini guardavano sbraitando la tv, mentre le donne chiacchieravano, nella solita stanza multiuso, il soggiorno che faceva da covo, laboratorio o chiesetta privata a seconda di ciò che decidevano di fare di volta in volta che si incontravano.
L’argomento del giorno era lo stato di salute di nonna Angela.
“Però com’è lucida mamma alla sua età!” - diceva zia Rosa, subito rinforzata da sua sorella Linda.
“A ottantaquattro anni è arzilla e vitale, grazie a Dio!”
A quel coro si aggiunse sua madre: “Pensate! Mi ha detto di aver sognato di fare l’amore con papà; dovevate sentirla!” – disse Anna ridacchiando fra se.
“Non faceva altro che ripetermi com’è stato bello! E quegli occhi mentre ne parlava…” – si soffermò la donna,
“…sembravano quelli di una ragazzina che ha appena compiuto una marachella!”.
“Smettetela!” - intervenne zia Nina, la più chioccia fra le quattro sorelle.
Si era accorta di Sandra che era entrata per chiedere qualcosa e per non interrompere stava ascoltando i loro discorsi, mentre aspettava per poter parlare.
Aveva chiesto la merenda per tutti e poco dopo, era tornata ai suoi giochi con le mani piene di biscotti per la sua ciurma di affamati, apparentemente dimentica di quello che aveva captato dai discorsi uditi poco prima.
Lei lo sapeva.
Lo capiva da quel loro zittirsi in sua presenza.
C’erano questioni che a lei non dovevano interessare, le ripeteva sua madre, ogni volta che si intrometteva nei discorsi dei grandi. C’erano discorsi che lei non poteva approfondire perché era piccola per certi ragionamenti..
Stanca di essere rimproverata e dei divieti di sua madre, aveva capito che se dava di sé un’apparenza di personcina assennata, ma disinteressata alle cose da grandi, si sarebbe risparmiata le aspre critiche di sua madre e apprese così l’importanza del tacere.
In realtà con un orecchio ascoltava tutto, mentre con l’altro seguiva i suoi giochi e così le affermazioni ascoltate fino a quel momento le erano rimaste impigliate, inconsciamente, fra una Barbie e un Mini Pony ma, mentre tornava dai cugini, una delle sorelle aggiunse: “ Peccato che è arrivata a questa età…chissà se il Signore ce la farà godere ancora un po’…”.
A queste parole, le sue antenne di bambina curiosa e intelligente vibrarono per due motivi:
Il primo fu la questione dei numeri.
Avevano parlato di OTTANTAQUATTRO anni!
Lei adorava la matematica.
Fare conti, numerazioni interminabili e sviluppare e risolvere problemi, erano i suoi compiti preferiti.
Il secondo fattore incuriosente fu quella frase, che non capiva appieno: “Peccato che sua nonna avesse quell’età!” -Proprio non riusciva a capire cosa potesse significare, finché…arrivò al terzo punto.
Un collegamento!
Tanti anni + peccato però = qualcosa di definitivo e inevitabile = QUALCOSA DI BRUTTO.
Qualche mese dopo sua nonna Angela, che fu ricoverata in ospedale per dei problemi di salute, si aggravò e morì.
Appena entrò nella cappella dove avevano portato sua nonna, in una bara di legno rossiccio e con dei maniglioni dorati, suo padre le disse di avvicinarsi alla nonna per salutarla un’ultima volta.
La bambina non aveva mai visto una persona morta prima di allora e si avvicinò curiosa e timorosa nel contempo.
La cosa che più la impressionò, appena le fu vicina, furono gli occhi semichiusi della nonna.
Sembravano di vetro. Lontanissimi da lei.
Subito dopo Sandra si domandò come facessero a dire che nonna Angela dormiva, se non si svegliava nemmeno quando le mosche le zampettavano sulla faccia.
In chiesa mentre tutti piangevano e a lei non usciva nemmeno una lacrima, perché troppo presa ad osservare ed assorbire frasi, avvenimenti e soprattutto sperando che sua nonna si destasse da quell’immobilità, mise a fuoco quel qualcosa che un pomeriggio di inizio estate, a casa di zia Rosa, le era sfuggito o forse aveva messo via, fra le notizie astratte: La morte!
Ossia l’abbandono di una persona, quel distacco fisico e permanente.
Il dolore di chi restava, l’ormai indifferenza di chi era andato in cielo.
Ecco una cosa che non comprendeva!
Se qualcuno, le aveva detto che la nonna era andata in cielo, che diavolo ci faceva lì dentro immobile, fra gente viva e straziata dal dolore per la perdita? Ma se era in chiesa con gli altri, che farneticavano i grandi?
Sembrava dormisse, ma per lei era impensabile non svegliarsi con tutto quell’andirivieni di gente vestita di scuro, con quella puzza di fiori pallidi, col prete che parlava nel microfono e i suoi cuginetti che venivano al banco dove era seduta e le chiedevano di andare fuori a giocare.
Lei continuava a rifiutare.
Non quel giorno, non ne aveva voglia…
Voleva solo capire e nessuno le spiegava nulla.
Non sua madre disperata, che allontanava chiunque le si avvicinava per abbracciarla o porgerle conforto, non suo padre che lei osservava, seduto composto, vicino alla moglie nei primi banchi e nemmeno zia Nina che di solito le stava accanto, quel giorno pareva voler accorgersi di lei…
Cominciava a spazientirsi, ma sapeva che non era il momento adatto per eccedere o creare intoppi.
Non le rimase dunque che sospirare rassegnata e fissarsi la punta delle scarpe nuove, l’ultimo regalo che le aveva fatto sua nonna un mese prima.
Ricordò che quel giorno urtando al tavolo col petto aveva sentito un forte dolore all’altezza dei capezzoli e la sua faccia si era trasformata col dolore.
Sua nonna se ne era accorta e aveva detto a sua madre, facendo un cenno verso Sandra: “sta diventando grande, voglio farle un regalo da signorinella!”.
La piccola aveva esultato a quella novità inattesa, anche perché era raro ricevere un regalo in un giorno qualsiasi, che non fosse una ricorrenza; diventare grandi allora conveniva!
Saltellando emozionata quel giorno aveva chiesto alla nonna un paio di scarpe.
Le desiderava decolté!
“Col tacco moderato però!” – aggiunse per convincere sua nonna a esaudirla..
Ora aveva le tanto agognate scarpe ai piedi, ma non aveva più sua nonna sorridente…
Capì che la morte è indifferente, sia con i morti che con i vivi, ma soprattutto lo è con i bambini.
Le tornarono in mente l’età e i conti e ingenuamente, ma secondo lei con furbizia di bambina grande, cominciò a ideare un giochino mentale, una distrazione che spesso ci offre il nostro cervello, per proteggerci da eventi ai quali non siamo del tutto preparati. La bambina sviluppò nella testa una sorta di gioco dell’oca, nel quale il via rappresentava la nascita o l’età di ognuno di quelli che erano in chiesa e l’arrivo rappresentava la fine della vita. Ognuno partiva da una postazione che era più vicina al traguardo, in base all’età.
Si partiva da zero e si arrivava a cento. Ma in questo gioco, contrariamente dall’originale, vinceva chi arrivava per ultimo.
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: Le regole di un grande gioco (prima parte)   Le regole di un grande gioco (prima parte) Icon_minitime12/7/2009, 13:18

Confermando quanto già espresso, vado a leggere la seconda parte, lasciandomi il dubbio di quanto c'è, di Lea, qui sopra.
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MessaggioTitolo: Re: Le regole di un grande gioco (prima parte)   Le regole di un grande gioco (prima parte) Icon_minitime12/7/2009, 15:22

Pazzesco, mi sono rivista bambina in tanti passaggi di questo splendido brano...anche alcuni nome coincidono.
Complimenti !
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MessaggioTitolo: Re: Le regole di un grande gioco (prima parte)   Le regole di un grande gioco (prima parte) Icon_minitime

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