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 PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA

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Luca Curatoli
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Luca Curatoli


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MessaggioTitolo: PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA   PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA Icon_minitime31/7/2009, 23:41

PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA Hokusa10
Hokusai - Pescatore solitario a Kajikasawa




Oggi finisce il mese e l'unica cosa che mi rimane veramente è questo quadro.
Quasi un francobollo seppure più grande dello schermo del mio pc. Da lontano è tutto un gioco di bianchi e azzurri fino al blu. Anche la cornice fa lo stesso effetto. Legno dipinto di blu con bordi bianchi all'nterno del vetro. Acquistando la riproduzione scontata della metà, solo ora mi accorgo dell'ombra sullo sperone roccioso, quasi uno spruzzo d'onda anch'esso. Il pescatore è in equilibrio al centro della scena. Lui e la sua tecnica di pesca. Il corpo si staglia tra le ondulazioni del mare o dell'aria stessa, intrisa di quel movimento marino interrotto da quel bianco dove svetta la linea appena tratteggiata di una montagna. Oggi finisce il mese e l'unica cosa che mi rimane veramente è questo quadro. L'autore, uomo longevo e prolifico, si chiama Hokusai. Nome giapponese indubbiamente. Strano è ritrovarmi quest'opera di cui non sentivo il bisogno fino a due giorni prima. E dire che una mia amica con l'immaginazione tutta rivolta ad oriente mi ha messo in croce perchè l'accompagnassi ad una mostra dell'artista. Soltanto a sera ho avuto una illuminazione.

Ieri mattina ero indeciso tra lui e il paesaggio con cipresso di Van Gogh. Alla cassa di quel grande magazzino in dismissione porgo il quadro bianco blu e azzurro al commesso. Mi chiede se è un regalo. Gli rispondo di no. Sorrido all'altra commessa. Aveva una bandana nera sulla testa. I capelli non si vedevano. Sarebbe potuta essera calva. Entrambi sembravano studenti universitari simili a quelli che affollano le piazzette e le scale di questa città piena di fontane e di usci pietrificati dal tempo. Anche le accademie di belle arti decadenti non mancavano in questa città. Ieri potrebbe essere soltanto questo quadro incartato che viaggia per autobus e metropolitane, fino a quella parete dove un momento prima occhieggiava l'ovale di una madonna piangente in bianco e nero. Apparteneva a loro, i suoi genitori, ora diventati una foto con un fiore davanti. I genitori di chi si ama spesso diventano ingombranti, proprio come gli oggetti. Non è facile ripulire la casa dalle loro tracce. Sui muri tolgo i quadri, li sostituisco, come con questo. E chissà perchè non ho preso le misure. Resta attorno l'impronta ovale di quell'altro. Come un fantasma. Ci vorrebbe un incendio o sarebbe sufficiente cambiare casa. Il mare è desiderabile per questo, penso. Non lascia tracce di sè. Tutto muta.

Rivado col ricordo all'altro ieri. Un pescatore al pontile di Ostia.
Manovrava una corda spessa e bianca. La srotolava e la riavvolgeva attorno ad un rocchetto di legno, secondo una tecnica a me ignota. Lo fissavo come si fissa un quadro, fin quando si avvicina dove sono seduto sul parapetto.

- Vuole che mi sposti?
- Non è necessario.
- Davvero non la disturbo?
- No.
- Cosa pesca?
- Pesci.
- Come si chiamano?
- Tu peschi?
- No.
- Allora il loro nome non ti direbbe niente.

Sembrava un dialogo scritto e invece era appena accaduto tra noi perfetti sconosciuti.
Come se non ci fossimo mai rivolti la parola, stavamo così uno affianco all'altro. Lui pescava pesci reali o immaginari dal nome reale o immaginario. Io tenevo tra le mani un libricino di racconti appena acquistato al capannone che mettono su ogni estate nella piazza. La vendetta, s'intitolava . Erano racconti di Agota Kristof. Aneddoti fatti quasi di niente. "Schegge narrative" come recitava la quarta di copertina. Non più di un graffio sulle pagine che odoravano di stampa nuova. Di spalle al sole, sempre sul parapetto, rimuginavo la storia ascoltata nello studio medico solo un'ora prima. Ci ero andato per ritirare il certificato medico di una malattia inventata per non lavorare. Per rispiarmiarmi un giorno di inutile fatica. Chiedo alla segretaria di salutare il dottore, convalescente da un lutto appena subito. La moglie è morta sul patio del loro casale in Toscana; era il primo maggio: emorragia cerebrale. Mi fa accomodare nel suo studio. Ci rilassiamo sollevati probabilmente per il fatto di non parlare di malattie. E' abbronzato e allora gli chiedo del mare. Mi risponde che non ci va più. Troppi ricordi. Sullo schermo del suo pc mi fa vedere la cavalla gravida e la moto appena acquistata. Vedo una freccia grigia da trecento all'ora. Così mi dice - Ho superato i duecento con questa, senza fatica rispetto a quella di prima - Mi dice pure che non vuole andare più in pensione. Gli stringo la mano e poi una spalla. Fuori un signore abbronzato pure lui, di spalle, vestito quasi come un pescatore, i pantaloni larghi alla pinochietto, grigi e consunti, di quel blu che ha il bianco della salsedine stampato sopra. Ai piedi quei sandali di plastica col laccetto che portano di solito i pescatori. Racconta una storia incredibile e noi tutti ad ascoltarlo come si leggono i libri. La segretaria gli chiede del figlio e lui sconsolato gli risponde che aspetta. Aspetta il risveglio di suo figlio. La segretaria chiede maggiori spiegazioni in quel modo brutale che però si addice agli infermieri. Il padre sempre di spalle rispetto a dove ero io, risponde senza tremare: infarto, infarto con ischemia. Ha smesso di respirare per mezz'ora. E' in rianimazione al policlinico - Sono quaranta giorni che lo vedo così - e aggiunge - Mio figlio ha solo trentotto anni - Penso ai miei trentotto anni da compiere fra pochi giorni. La segretaria allarga il braccio sinistro verso la parete bianca dove c'è l'orologio e gli dice di essere ottimista che una signora si è appena risvegliata da una cosa simile. Nemmeno la riabilitazione ha dovuto fare. Esce il dottore dalla sua stanza, chiede anche lui e allarga tutte e due le braccia. Trenta minuti sono tanti. La segretaria col suo ostinato ottimismo insiste che può farcela. In anni di assidua frequentazione di quella sala d'aspetto non l'ho mai vista turbata per qualcosa. E' napoletana come mio padre e viaggia spesso sfruttando le offerte last minut. Lei è per tutti noi quella segretaria in perpetuo movimento. Non quella che ha avuto anni fa un'aneurisma cerebrale. I capelli le sono cresciuti. Lascio l'uomo padre, il dottore, la sua segretaria, gli anonimi spettatori, forse malati anch'essi. Me ne vado via col certificato medico, controllando che la data fosse quella giusta. Fu a quel punto che tra il viaggio di ritorno verso casa e il mare, decisi di andare al pontile.

Domani scriverò un racconto di un pescatore, di un pescatore padre e di suo figlio.
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Grazia Albanese
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Grazia Albanese


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MessaggioTitolo: Re: PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA   PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA Icon_minitime5/8/2009, 22:06

Pescatore di emozioni.

Attimi, vita apparentemente ferma agli occhi di tanti...
o vita come onde che, per chi sa aspettare, arrivano sempre alla riva.

L'esca è ancora la pazienza dell'attesa.
Dal mare, dal cielo o dalla terra ferma
Nel reale...o nell'immaginario.



grazia
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MessaggioTitolo: Re: PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA   PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA Icon_minitime25/8/2009, 22:29

"pescatore solitario ad Ostia"

come i pensieri trascritti dagli occhi muti dell'autore, occhi che hanno guardato e raccolto
fra le reti con l'immane sensibilità di chi è cosciente di ogni cosa intorno che abbia 'una vita';
persone e oggetti. persino malandati, o sostituibili.
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MessaggioTitolo: Re: PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA   PESCATORE SOLITARIO AD OSTIA Icon_minitime

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