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 Quindici Agosto Duemilanove

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4 partecipanti
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Daniela Micheli
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Quindici Agosto Duemilanove   Quindici Agosto Duemilanove Icon_minitime15/8/2009, 22:09

Anni e anni di quindici di agosto trascorsi con mammà un insegnamento, seppur minimo, avrebbero dovuto lasciarmi e non solamente la consapevolezza del primo mattino che qualche cosa sarebbe certamente andata storta.

Non mi ricordo cosa succedeva quando ero bambina, anche se la location era sempre tra le montagne dell’appennino.
Le stesse montagne che, qualche anno più tardi, mi vedevano partire per la consueta grigliata a Capanna Tassone, con annessa gita per digerire fino alla Croce Arcana e stroncata finale con gli Alpini che decidevano che era la serata ideale per cantare assieme, al rifugio, tirando il collo a diversi fiaschi di quello scuro e buono.
Tradizioni vecchie a morire e prontamente raccolte dalle nuove generazioni: noi sbarbatelli senza patente ma con tanta voglia di cantare, ai tempi non c’era chi ti misurava il tasso alcolico; se fosse successo avremmo sicuramente ubriacato anche lo strumento, ma gli Alpini hanno mille risorse e ci hanno sempre riportati tutti a casa sani e salvi, tralasciando l’ora che coincideva, grosso modo, con il primo canto del gallo e qualche schiaffo in testa da baffone, mio padre.

Una volta madre e dato in affido temporaneo estivo i pargoli ai nonni, ci si trovava tutti assieme per quello che era diventato un appuntamento allargato al parentado.
Io non so che ci fosse nell’aria, forse la stessa sostanza negativa per cui causava eventi similari anche per Natale; quello che so è che ogni ferragosto che Dio mise in terra dal 1985 al 1998 io e mia madre litigavamo furiosamente e ogni litigata finiva con me che gettavo i miei stracci dentro a una borsa e mia madre chiusa in camera a frignare, mio marito in silenzio che non osava interferire, i bambini che si defilavano opportunamente e mio padre tuonante sulla porta con un rosario di bestemmie, un po’ rivolte a me ma un po’ rivolte anche alla piangente donna della camera.
Dal 1998, per tentare di evitare queste liti che, a memoria, vertevano tutte su delle cazzate inumane relative al menù, si è deciso, per il bene di tutti quanti, di andare a pranzo fuori.
Per cui il Ristorante Corsini di Rocca Corneta riceveva prenotazione per un numero variabile dai dieci ai diciotto commensali.
Poiché un po’ - ma solo un po’ - l’esperienza insegna, avevo fatto mio l’espediente di entrare nella sala ristorante per prima e occupare un posto a capotavola, quelli al mio fianco per marito e figli e quelli di fianco a loro per i cugini simpatici, allontanandomi, in tal modo, dalla mia genitrice, che si presentava puntualmente fresca di parrucchiera, vestito all’ultima moda e rossetto, iniziando a brontolare al nostro abbigliamento ferragostiano.
E oggi?
Oggi no, di ristorante non se ne parlava proprio perché buona parte dei parenti solitamente presenti hanno pensato di andarsene altrove per cui pranzo ristretto riservato solamente a me e famiglia, con l’aggiunta dell’onnipresente zia.

Devo fare un salto indietro, a mercoledì per la precisione: una telefonata di mio marito mi avvisa che sua madre deve essere ricoverata il mattino successivo perché le hanno trovato il cuore affaticato e le devono mettere un pace-maker.
Fino qui, nulla di che se non fosse che mio suocero è già ricoverato per altri problemi e, nel caso non lo ricordaste, la mia suocera è quella che ha deciso di mollare la noiosa vita di città per andare a fare la contadina in Chanel in montagna e si è pure inventata allevatrice di cavalli.
Non solo: poiché le piacciono molto i polli da mangiare ma non sopporta quelli di allevamento, ha un bel pollaio con qualche cosa come sedici galline e una decina di pulcini.
Per cui, alla telefonata, il panico: chi va a dare da mangiare agli animali?
E qui, il mio cuore di mamma è diventato gonfio come i palloncini che vendevano alla sagra dell’Assunta di Gabba: enorme, quando i miei due ragazzi si sono offerti di andare loro a fare i contadini.
Mia madre, immediatamente preoccupata che i pargoli non mangino e deperiscano (due bestie di un 1,80 cadauna per non so quanti chili), che un cavallo potesse dare loro un calcione in testa, che il gallo del pollaio li potesse inseguire nell’aia per beccarli, per una volta, rinunciando alla sua proverbiale taccagneria, li ha chiamati e li ha invitati a mangiare da lei per ferragosto, tanto una volta sistemati gli animali, farsi gli ottanta chilometri da un versante all’altro del Cimone era un gioco da ragazzi.
Contemporaneamente, partivamo io e mio marito da qui, appuntamento per mezzogiorno e mezzo di fuoco, in punto come orologi svizzeri, o rischiavamo di trovare già tutto riposto, ché alla mezza si mangia e non ci sono scuse.
Nemmeno una coda sulla Fondovalle, che mi ha fatto decidere di prendere una strada alternativa che non è che conoscessi molto bene ma tanto avevo il Tom Tom che mi avrebbe aiutata.
Insomma, anziché i canonici 80 km, me ne sono fatta circa 110, il segnale GPS non prendeva e ho sbagliato strada, anche se non lo confesserò mai a mamma, nemmeno sotto tortura.
Per cui siamo arrivati in ritardo all’appuntamento, era quasi l’una e già si percepiva aria di burrasca da parte di Donna Iole che al mio “Ciao, mamma” ha risposto con un grugnito incomprensibile.
Pare che il tutto sia iniziato dal jeans strappato sul ginocchio che indossava mio figlio maggiore
“Ti pare sia il caso andare in giro vestito così? Ma chi ti deve vedere? Nemmeno gli zingari sono così disordinati”
A nulla sono valsi i tentativi di Matteo di spiegarle che per andare nell’orto ad annaffiare, nel pollaio a prendere le uova e a dare da mangiare e bere a cavalli, galline, pulcini e pure gatti, non occorre andarci vestiti di nuovo.
Naturalmente, di chi può essere la colpa di questa cattiva educazione impartita se non della madre di questo ragazzaccio disordinato?
E quindi via, con un muso che non finiva più, associato a una studiatissima espressione sofferente di chi ha già un piede nella fossa, e che “Perché lei qui (io), figlia degenere e degenerata fa finta di non vedere che non sto bene, perché è un’egoista che pensa solo e unicamente a se stessa, nemmeno ai figli pensa e li lascia andare in giro conciati così” rivolta alla sorella, che mi strizzava l’occhio di nascosto a mia madre, o ce ne sarebbe stato anche per lei.
Mi sono rifugiata in camera, sfinita, e mi sono addormentata appena poggiata la testa sul cuscino; credo sia una sorta di mia difesa immunitaria, il sonno, che mi protegge dal raggiungere il punto di schizzo che sentivo prepotente avanzare, come ogni buon ferragosto che si rispetti e chi già aveva fatto capolino nelle mie orecchie arrossate al sentirmi dire che “Tuo fratello sì che è bravo, è sempre venuto a trovarmi e mi ha sempre portato qualche cosa”, trascurando il fatto che se c’è mio fratello e consorte non è che ci fosse disponibile un posto letto anche per me, a meno che non mi fossi adattata a dormire in auto.
Dopo un po’ mi sono alzata, stupita assai del silenzio che regnava: mio marito e uno dei figli erano già partiti per l’altro versante del Cimone, i cavalli chiamavano.
Con la scusa che dovevo portare l’altro e che avevo qualche cosa come un centinaio di chilometri da percorrere tra strade non a traffico veloce, ho salutato la bella compagnia di mamma, promettendole che martedì, dopo aver accompagnato la suocera dimessa a casa, sarei tornata a trovarla e mi sarei fermata da lei fino a giovedì.
Ho fatto finta di non sentirla mentre diceva “Credo che anche io ho il cuore affaticato e vedrai che quando vengo a casa, metteranno un pace-maker anche a me” e temo proprio che martedì avrò da fare il tagliando alla macchina per cui sarò appiedata, non potrò sopportarla nell’elencarmi i suoi diciottomila malanni che le sono venuti addosso e che io, figlia degenere, ignoro.
Bene, sono le 22:09 del quindici agosto del 2009, la giornata volge al termine e sono felice perché, anche per quest’anno, abbiamo mantenuto le tradizioni che non sono state palesate con urla come in passato, ma con lo stesso, identico malumore.
Che, ahimè, non ricorderò il prossimo anno.
Perché sono certa che ci sarà, un prossimo ferragosto.



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Emma Bricola
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MessaggioTitolo: Re: Quindici Agosto Duemilanove   Quindici Agosto Duemilanove Icon_minitime16/8/2009, 01:05

Eh sì, si dimentica sempre tutto per affetto... Smile
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Rosalba Signorello
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Numero di messaggi : 656
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MessaggioTitolo: Re: Quindici Agosto Duemilanove   Quindici Agosto Duemilanove Icon_minitime16/8/2009, 01:19

La mamma è sempre la mamma, e Daniela è sempre Daniela (brava)!
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Luca Curatoli
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Luca Curatoli


Numero di messaggi : 2173
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MessaggioTitolo: Re: Quindici Agosto Duemilanove   Quindici Agosto Duemilanove Icon_minitime18/8/2009, 16:52

ci vorrebbe una legge stupida stupida per far morire di colpo una tradizione.
lunga vita alle riunioni di famiglia I love you
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MessaggioTitolo: Re: Quindici Agosto Duemilanove   Quindici Agosto Duemilanove Icon_minitime

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