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 LASCIATE CHE MI PRESENTI...

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Natascia Prinzivalli
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Natascia Prinzivalli


Numero di messaggi : 1745
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MessaggioTitolo: LASCIATE CHE MI PRESENTI...   LASCIATE CHE MI PRESENTI... Icon_minitime24/8/2009, 18:53

LASCIATE CHE MI PRESENTI…
(RACCONTO PER SOGGETTO FILM)


Lasciate che mi presenti, mi chiamo Pinco, sono un bambino grande di otto anni e sono incazzato!
Quello che mi appresto a raccontarvi è la storia di come la mia vita sia diventata talmente tanto triste da costringermi, in maniera più o meno consapevole, a scrivermi delle lettere, spedirmele, rispondere ad esse e gioire ogni volta nella sorpresa di trovarle puntualmente nella cassetta delle lettere... tutto questo, però, lo scoprirete solo alla fine quando per colpa di quei due "miei genitori" questa cosa mi verrà impedita.

Perché vi chiederete voi? Semplicemente perché quell'idiota di mio padre per l'ennesima volta non è stato in grado di tenersi il suo dannato lavoro al centro d'igiene mentale... e non crediate che facesse chessò io, lo psichiatra, no, era un semplice inserviente, di quelli che ti capita di vedere spesso negli androni delle cliniche ospedaliere con lo straccio in pugno e intenti a rendere, per cosi dire, asettici i tratti di corridoi che voi, mesti ma indignati, percorrerete in punta di piedi per rispetto al lavoro di un pover'uomo che si sta spaccando la schiena.
In realtà vi sbagliate di grosso!
L'unico reale momento nel quale quell'uomo si spacca la schiena, è quanto percorre madido di sudore le sei rampe di scale del nostro fatiscente palazzo, carico di almeno quattro casse di birra alla volta.
Si, l'ascensore c'è ma è rotto.
Del resto bisogna accontentarsi dice mamma, l'importante è avere un tetto sopra la testa ed un piatto di minestra in tavola ogni giorno.
Inizio a credere che il suo concetto di "genitore", anzi il loro concetto, si riduca a questo.
Sono papà e mamma ed in otto anni di vita ho capito come voler loro bene ma... non li sopporto, loro neanche mi vedono!

Ed è così che tutto ha inizio.

Un giorno torno da scuola e, dribblando mio padre, impegnato nello "spaccarsi la schiena", entrando nell'androne del mio palazzo noto subito un angolino bianco sbucare da tutto quel marasma di volantini pubblicitari che quotidianamente riempiono la nostra cassetta delle lettere.
No, nel mio palazzo non esiste la cassetta condominiale per la pubblicità, dobbiamo considerarci fortunati se l'intermittenza delle lampade al neon ormai scariche ci fa da guida impedendoci di scivolare negli scalini ormai consunti e liscissimi e romperci il collo.

Certo che da quando il signor Gaetano ha scoperto le sue doti di chitarrista improvvisato, l'intero edificio sta assumendo pian piano l'aria di quegli stabili che qualche mese fa ho visto nel documentario che ci ha fatto vedere la maestra sui paesi minerari abbandonati del Sulcis.

Non un bambino qui dentro, io, solo, e sempre in silenzio.

Arrabattandomi come posso per recuperare finalmente la lettera, col mio metro e ventotto centimetri d'altezza riesco a malapena a toccare il bordo metallico di quelle scatole cosi orribili.
Così approfittando dell'indolenza sonnacchiosa di tutti gl'inquilini, uso la pila degli elenchi telefonici ormai dimenticati, per metter su una scaletta che mi permetta di recuperare la busta, correre a casa, rinchiudermi in camera mia ed essere contento.

La scuola è ormai finita da 13 giorni, papà ha perso il lavoro da un mese ed io non riesco più a sopportare i loro continui litigi. Non fanno altro che discutere e sputarsi addosso ogni tipo di veleno covato dentro da chissà quanto tempo. La mancanza di soldi a breve diventerà un reale problema, adesso è un’ottima scusa per testare la loro capacità polmonare e la mia soglia di sopportazione.

Passo tutto il tempo chiuso nella mia cameretta, seduto per terra, con la schiena attaccata al muro e il mio quaderno in mano. Sono sereno, ho sicuramente il volto rilassato, e la mia mano veloce più che mai ha già concluso una nuova lettera che domani andrò a spedire.

E' domenica, e anche se ormai i giorni della settimana non fan più differenza, è giornata di mare.
Vengo svegliato dal solito cicaleccio di quelle voci, le sole che ormai da più di un mese sento: monotone; confuse; ripetitive; ansiogene.
Non ricordo più il suono della mia.

Saliamo in macchina, la vecchia panda che il nonno regalò alla mamma poco prima che morisse.
La mamma si catapulta al posto di guida.
Io nascosto nel sedile posteriore tra ombrellone, seggiole da mare e quant'altro, con la faccia corrucciata, a metà tra il confuso e l'indignato, osservo quanto questo fatto fosse bastato per scatenare un putiferio tra i miei genitori.
Farsi tutta viale Poetto tappandosi e stappandosi le orecchie con le mani per non sentire i loro discorsi, non bastò a farli smettere.
Caspita io ero li, con loro, e so per certo che un bambino non dovrebbe sentire certe cose... ma nulla.

Poveracci. Se pensano che essere bambino sia il parallelismo del non capire si sbagliano di grosso!
Per questo per oggi, che sia in macchina o seduto a cuocermi sulla sabbia continuerò a guardarli con la solita faccia ormai deformata e arrabbiata perché io sento, capisco e, non dico nulla.
Questo perché io sono un bambino grande.

Poetto prima fermata. Tutti si fermano: autobus, macchine, motorini. La gente si ferma anche dal camminare…
loro non si fermano mai, discutono ancora.

Col culo che scotta e la schiena che brucia mi guardo attorno…
Mi alzo. Non vedo nessuna ombra. Mezzogiorno!

Incredibile! siamo qui da almeno quattro ore, e non mi hanno mai degnato di uno sguardo impegnati come sono nei loro rituali di combattimento.
Mio padre sta per “stapparsi un’altra vertebra” e mamma, povera mamma, totalmente sconclusionata si prepara ai provini teatrali de “Il Grande Freddo” tirando fuori dalla borsa cuffiette e maglioni…

Voglio distrarmi, smetterla di pensare, per un attimo voglio provare ad imitare i bambini che ho davanti, cosi, strascicando i piedi mi dirigo verso il bagnasciuga.
Chinato e con la faccia ben appiccicata alla sabbia inizio a scavare un fosso.
Cavolo, non pensavo che una cosa cosi stupida potesse essere distensiva. Non faccio neanche a tempo a trovar l’acqua che una forza oscura s’impadronisce del mio collo, mi fa schizzare la testa in alto, mi immobilizza gli occhi e… mi costringe di nuovo a fissare i miei genitori.

Ho il panico. Mai prima d’ora era successa una cosa simile. Sento la faccia raccapricciarsi in una smorfia che è paura e fastidio.
Decido di oppormi, combattere. Nulla!
L’effetto che ottengo è di avere un occhio fisso all’ombrellone ed uno che tremola cercando di riappropriarsi del suo fosso!

Che stia diventando pazzo? Sicuramente adesso sono strabico e faccio schifo! Ancora un decimo di secondo e mi ritrovo nuovamente in piedi, con una strisciata di grasso nero sotto al naso, il braccio destro ben disteso mentre in tedesco sbraito al vento frasi che non capisco. E’ la fine.

Se fino a quel momento ero rimasto invisibile, adesso avevo gli occhi di tutti puntati verso di me.
…Si tutti… tutti tranne quattro!

E’ inutile. Non è servito neanche diventare Hitler!

Cosa sarò costretto a fare pur di essere considerato?

Sono due settimane che giro per casa facendo qualunque tipo di smorfia per farmi notare. Ho tirato fuori cosi tanto la lingua che sto iniziando a somigliare ad un formichiere.

Mio padre è sempre più sobrio. Mia mamma? Una corda di violino. E’ il segno che i soldi stanno finendo.

Io ormai divento serio soltanto quando sono qui in camera a scrivermi. Questa sarà l’ultima lettera. La situazione economica è diventata seria e mi accorgo che ormai i sessanta centesimi dei francobolli devono essere destinati ad altro.
E’ per questo che sono incazzato!
E’ per questo che vi sto parlando ed è per questo che dovrò rinunciare all’unica persona capace di ascoltarmi, capirmi e considerarmi.

Capirete che sono io quando, non potendo spedire l’ultima lettera, mi vedrete infilarla di nascosto nella cassetta mentre uscendo accompagnerò mia madre a teatro per il provino, per poi riprenderla col sorriso in volto al rientro a casa.




P.G. ADAMO
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Emma Bricola
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MessaggioTitolo: Re: LASCIATE CHE MI PRESENTI...   LASCIATE CHE MI PRESENTI... Icon_minitime24/8/2009, 20:34

bellissimo scritto che fa riflettere e si legge d'un fiato. Purtroppo ce ne sono molte di situazioni simili.
Ciao nat è sempre un piacere leggerti Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: LASCIATE CHE MI PRESENTI...   LASCIATE CHE MI PRESENTI... Icon_minitime25/8/2009, 10:24

oh vorrei presentarmi così!

vorrei far sentire la mia voce.

invece di quest'imbuto che sono,

o un tubo sono: mio dio cosa sono o cosa sono diventato!

vorrei spedirmi affrancato.

solo poche parole come queste:

- E' domenica, e anche se ormai i giorni della settimana non fan più differenza, è giornata di mare.Vengo svegliato dal solito cicaleccio di quelle voci, le sole che ormai da più di un mese sento: monotone; confuse; ripetitive; ansiogene. Non ricordo più il suono della mia. -
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MessaggioTitolo: Re: LASCIATE CHE MI PRESENTI...   LASCIATE CHE MI PRESENTI... Icon_minitime23/9/2009, 14:27

veramente notevole! quandte volte da bambini ci siamo sentiti così, forse per pochi minuti, forse per poche ore? Ho trovato un bambino di otto anni grande, ma in lui c'è anche una parte di me, e quelle parti non finiscono mai, ve lo assicuro! Rimangono dentro come una spina d'orsale.
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Giampiero Pieri
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MessaggioTitolo: Re: LASCIATE CHE MI PRESENTI...   LASCIATE CHE MI PRESENTI... Icon_minitime23/9/2009, 21:13

Brava, come sempre.
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MessaggioTitolo: Re: LASCIATE CHE MI PRESENTI...   LASCIATE CHE MI PRESENTI... Icon_minitime27/9/2009, 09:15

bellissima pagina
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Oroserio Sergio
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Oroserio Sergio


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MessaggioTitolo: Re: LASCIATE CHE MI PRESENTI...   LASCIATE CHE MI PRESENTI... Icon_minitime27/9/2009, 14:58

Bella esemplificazione complicata degli stati d'animo di chi inizia a capire tutto senza comprendere nulla, tutti ci sentiamo a volte così, solo che noi "adulti" siamo assuefatti, il bambino è alle prime esperienze...
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MessaggioTitolo: Re: LASCIATE CHE MI PRESENTI...   LASCIATE CHE MI PRESENTI... Icon_minitime

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