Storia di un riccio, che credeva di essere un riccio e, invece….
Se ne stava sempre in mare. In una di quelle isole mediterranee, tutte rocce e macchie verdebrunito. Una pietra lavica, conchigliata, era la sua casa(,) e non la lasciava mai.
Si teneva molto sulle sue. D’altra parte cosa aspettarsi da un riccio, se non un atteggiamento conforme ai motteggi popolari.
Va anche detto che il nostro aveva quel non so che di aristocratico….non per censo, certo, ma dovuto a una sua indole discreta, spruzzata di autosufficienza e distacco. Una ritrosia, da quello che raccontano, dovuta per lo più alla timidezza.
Qualcuno penserà che non avesse una socialità marina. Tutt’altro (ma qui l’agiografia esagera). Aveva le sue alghe, con le quali spesso discuteva sul tempo (meteorologico, sia chiaro, anche se lui avrebbe preferito un approccio meno concreto). Spesso bisticciava con quelle stesse alghe dirimpettaie di roccia, sia perché gli facevano troppo ombra o troppo poca. Scontroso, insomma, e al tempo stesso, delicatamente assente. Questa sua dicotomia caratteriale l’aveva portato alla “cozzoterapia”.
Stava chiuso, da riccio cocciuto e scontroso, con gli aculei pronti e appuntiti (il tutto per modo di dire).
A volte faceva quattro chiacchiere con una sardella estroversa. Evitava accuratamente una qualsivoglia confidenza con gamberi e granchi. Era sconcertato e intimorito da quel loro curioso deambulare terracqueo.
Un giorno di luglio o di agosto, almeno così si racconta, durante una giornata solare e di mare quieto, un grande e improvvisa ombra lo avvolse. Capì immediatamente. Provò a tirare fuori gli aculei e a chiudersi, ma non gli riuscì.
A questo punto la leggenda del Ricciononriccio si fa confusa. C’è chi dice che fosse l’ombra di un subacqueo, con tanto di fiocina e coltello. Altri raccontano di una sirena (ma fa troppo autoambulanza). Altri, infine, che si trattasse di un bagnante indigeno e autoctono, molto interessato a ogni forma di vita.
Si dice, ancora che il bagnante o sirena o subacqueo (fate voi), lo accolse con delicatezza e determinazione, conducendolo a riva.
Il Nonriccio si lasciò catturare, tra timori e piacevolezza, sorpreso dai cambiamenti che percepiva. Si accorse, senza stupore, che era privo di guscio e aculei. Assaporò il contatto e sorrise, “arricciando” le labbra.
Fu curato con amore e, nel corso del tempo, restituì altrettanto amore….
Ora, benché la questione mi lasci turbato, non posso omettere la versione maligna del finale della storia, che recita così: “COL COLTELLO E COL LIMONE FU MANGIATO A COLAZIONE” -