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 [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera

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Roberto Villa
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Roberto Villa


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MessaggioTitolo: [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera   [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera Icon_minitime18/10/2009, 20:59

Epistola prima, Incipit

Caro Giacomo,
Salve. Tempo fa mi contattasti nella speranza di poter intraprendere una discussione con me. Mi scuso per il ritardo, ma la congestione dei miei impegni mi ha tenuto lontano dalle dolci lettere per molto tempo. Ora sono qui e ho intenzione di adempiere alla mia promessa: ti scrivo questa lettera, che forse non riceverai, né ora né mai, ma che desidero scriverti comunque affinché tu mi possa conoscere meglio al di là del tempo e dello spazio. Spero di non annoiarti con queste premesse, ma non voglio lasciare adito a dubbi: durante i prossimi giorni, mesi, anni, ti invierò altre missive parlandoti di ciò che più mi sta a cuore. Mi auguro che ti possa essere d’aiuto. So d’altra parte che non avrai problemi di tempo nell’attendere ogni volta la lettera successiva: tu sei morto, ma non ti preoccupare, mi premurerò affinché ognuna di esse sia compiuta e che ti sia rivolta, anche se ti renderai conto che non so dove potrei mai spedirtela.

Stammi bene,
Tuo

Ieri,
Questo Millennio,
Casa mia.

Epistola Secunda, pars prima - Moralia sive de homo


Caro Giacomo,
spero che tu sia felice. Perché, ti domandi, ti esprimo questo augurio? Perché voglio cominciare la prima parte della nostra conversazione proprio sull’argomento della felicità. Per fare questo, e cioè chiedersi se esista e cosa sia la felicità, dobbiamo però prenderla alla larga. Molto alla larga. E chiederci che cos’è l’uomo. Bene, ti renderai certo conto che io non sono uno scienziato, né tanto meno un filosofo: ciò che posso offrirti è una mera opinione derivata da lunghe riflessioni sull’argomento. Sugli argomenti. Ma a quelli giungeremo più avanti. Iniziamo: che cos’è l’uomo? Molto e a lungo si è scritto a riguardo, io credo che la risposta sia invero molto semplice: l’uomo è un animale. Ora, converrai con me che è inutile affrontare discussioni metafisiche sull’esistenza di anime, spiriti ed ammennicoli vari: non essendo possibile provarne l’esistenza è ugualmente poco proficuo tentare di dimostrarne la non esistenza; sarebbe come se uno affermasse che esiste almeno un sasso a pallini viola e ci sfidasse a dimostrare il contrario: per farlo dovremmo contare uno a uno tutti i sassi della terra e dell’universo, senza contare che, a conti fatti, anche i pianeti stessi sono sassi. A questo punto si potrebbe sostenere qualunque cosa di cui non sarebbe possibile dimostrarne la non esistenza! Troppo comodo. Ciò di cui voglio parlare io è qualcosa di più concreto e di più dimostrabile, per lo meno soggettivamente, se consideriamo il fatto che, esistendo i punti di vista, poche cose sono dimostrabili oggettivamente, leggi matematico-scientifiche escluse. Bene, dunque: l’uomo è un animale. Perché? Perché prova. Sente. E se ne rende conto, cosa di cui non potrei essere altrettanto certo se riferita a una pianta. Dunque, poiché l’uomo sente, può essere felice. E quando è felice? Quando sente che, in quel momento, ha soddisfatto tutti i suoi obiettivi, o, vista l’improbabilità di questa ipotesi, per lo meno i principali fra di essi ( come poi decida quali sono i principali, è un problema suo non peraltro trascurabile ). Hai letto bene, amico mio: in quel momento, perché l’uomo è per sua natura perennemente infelice: vuoi i sogni, vuoi i desideri, c’è sempre qualcosa che manca, e, anche qualora avesse raggiunto la felicità, anche allora mancherebbe il desiderio di essere felice, e quindi sarebbe felicemente infelice. Prendiamo ad esempio l’amore: l’amore è felicità, però l’amore fa soffrire, quindi l’amore è sofferenza che è infelicità, ma se amare porta a soffrire e, quindi, ad essere infelici, per essere felici bisogna essere infelici? Troppa confusione, sull’amore torneremo un’altra volta. Ripartiamo dalla nostra felicità: li, bella, buona… la domanda che mi sorge spontanea è: ma la felicità è collegata ad una qualche nozione di bene? Ecco che qui entra in gioco la morale. Bene, male, le religioni che ci mettono lo zampino, le ambiguità derivate dai suoi intrecci con altri ambiti quali l’economia, la politica… ce ne sarebbe da scriverci un romanzo. Tentiamo di ridurre e sintetizzare la cosa alla questione principale: che cosa sono bene e male? Meglio ancora: esistono bene e male? Pensala come vuoi, ma per come la vedo io, no. Bene e male sono concetti distinti, bianco e nero, luce e ombra, cose che nell’uomo non ci sono mai state, l’uomo è il grigio per eccellenza. Nell’uomo tutto è mischiato, tutto si confonde, è ambiguo! Prendiamo un esempio banale: ricco multimiliardario compie azione senza scrupoli per arricchirsi. È bene o è male? È sicuramente male, dirai, eppure lui l’ha fatta, quell’azione. E nessuno a rigor di logica compierebbe mai un’azione che sa essere male. Dunque perché l’ha fatta? Perché per lui era bene, lo ha arricchito, e il bene suo soggettivo ha superato il male relativo che avrebbe causato. Da una prospettiva esterna questa persona sarebbe sicuramente da condannare, ci indigneremmo certamente tutti… era ironico. Ormai non si indigna più nessuno, se non per finta o per soldi. Ah! Per soldi… Ma dunque la felicità corrisponde al bene di molti? O dei più? Perché se dei più in questo caso non corrisponderebbe necessariamente al bene. E dei più rispetto a cosa? All’umanità? In questo modo poco o niente sarebbe bene, o al miliardario? In questo caso anche qualcosa che corrisponda al bene di due, sarebbe bene, ma anche a questi due, essendo parte di un tutto, si potrebbe porre lo stesso problema: il loro bene causa male? A chi? A quanti? E il circolo non avrebbe mai fine, perché se anche corrispondesse al bene di 5 miliardi, 999 milioni, 999 mila persone, e al male di un solo, singolo individuo: un mostro, ignobile e infingardo… questo sarebbe sufficiente per definirlo bene? E come è possibile che il male di un uomo, per quanto infimo, possa corrispondere al Bene, Bene in quanto non bene, ma Bene, oggettivo, sufficiente per corrispondere alla sua definizione. Può il male che ha fatto rendere giusta la privazione di bene per lui? E non si parla di “seconde opportunità” o di “Gerusalemmi celesti”. Chi giudica? Perché in questi casi c’è bisogno di uno, almeno uno che giudichi. E in base a quale autorità? Può essere un’autorità derivata dalla legge. Ma la legge non dice cosa è bene e cosa è male. La legge stabilisce limiti al comportamento umano per regolamentare e assicurare quello che convenzionalmente, mano a mano che si evolve, si stabilisce essere il vivere civile. E che cos’è alla fine il bene? Proviamo con un secondo esempio: isola caraibica, colonnello inglese; giungi su una spiaggia dove trovi alcuni spagnoli e dieci indigeni. Il capo degli spagnoli, in quanto bianco, ti da il privilegio di scegliere: ammazzarne uno per salvare gli altri, ammazzarne nessuno ma permettere poi che lui li ammazzi tutti. Non ci sono terze possibilità. Dov’è il bene? Ammazzare è comunque sbagliato, si suppone, quindi bisognerebbe commettere un male per produrre un bene nove volte maggiore, al meglio. Ma quanto è male un omicidio? E sarebbe poi male in questo caso? Sarebbe o no giustificabile in virtù delle vite salvate? Il colonnello spara, ha fatto bene? Se non lo avesse fatto sarebbe comunque colpevole per gli omicidi indirettamente causati? E allora, non avrebbe forse commesso un male nove volte maggiore che se avesse sparato? Forse, mi dirai, la felicità corrisponde all’utile, l’utile per il magnate e l’utile per gli indigeni mediante il colonnello. Ma in questo caso sarebbe comunque e necessariamente un utile relativo, e quasi mai superiore a quello dell’agente, quasi mai l’utile di più di una persona. Potrà mai essere bene questo? O ancora: è mai possibile definire l’utile come bene e il bene come l’utile? Non ne è uno svilimento? Detto questo, e considerando il fatto che raramente le persone si comportano secondo ciò che è “bene” ma più secondo ciò che è utile, non contando il fatto che questo utile non sempre è bene, a volte, invece, essendone pienamente consapevoli, ma ritenendolo ugualmente tale a sufficienza da poter essere fatto, allora si potrebbe concludere che bene e male, di fatto, non esistono, e non esistono perché nessuno li prende in considerazione. Sono concetti superati, troppo manipolabili. Oggigiorno la gente è conscia del fatto che per fare il bene, a volte, paradossalmente, bisogna fare del male, e viceversa. Sono concetti contraddittori, dunque, e quindi preferisce dedicarsi a prospettive differenti e più pragmatiche, come ad esempio il guadagno che si potrebbe ricavare da una determinata azione. Tirando le somme, si può dire che bene e male non esistono: esiste solo ciò ( o chi ) è utile, e quelli che si fanno troppi scrupoli per usarlo o appropriarsene. Ma se bene e male non esistono, essendo la felicità correlata al bene, che non esiste, nemmeno la felicità esiste. Si può tutt’al più sostenere che si tratti dell’effetto dell’endorfina, una sostanza organica prodotta dal cervello, quindi, ancora peggio, di un’illusione autoindotta. La domanda che segue è: ce ne frega qualcosa? Ci interessa veramente o ci possiamo accontentare di questa illusione, perché di meglio non si può avere? Che cosa mai dovremmo rispondere a chi ci chiede se siamo buoni o cattivi, o, in definitiva, se siamo felici?

Tanti saluti,
Tuo
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MessaggioTitolo: Re: [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera   [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera Icon_minitime18/10/2009, 21:19

siamo buoni per coloro a cui non abbiamo fatto troppo danno, e felici solo quando non siamo infelici, più o meno come a dire che la realtà è solo un sospetto.
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Giampiero Pieri
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Giampiero Pieri


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MessaggioTitolo: Re: [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera   [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera Icon_minitime18/10/2009, 21:37

La chiarezza del tuo scrivere sembrerebbe lasciare poche vie di scampo a questo genere umano (animale utilitarista, lo condivido). Ma cone tu stesso dici il colore dominante è il grigio, e - non voglio farmi illusoni - dentro al grigio ci possono stare infinite gradazioni di tonalità. In fondo al cuore di qulche fesso c'è anche un sentire che tende al buono, e spesso porta a fare del male indotto in buona fede, ma comunque esiste come sentimento. Da qui si può ripartire.
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Daniela Micheli
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Re: [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera   [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera Icon_minitime18/10/2009, 23:22

Ciao, giovane amico.
Benvenuto, sono contenta che tu sia qui.
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MessaggioTitolo: Re: [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera   [ Epistolario Postumo ] - Estratto, prima e seconda lettera Icon_minitime

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