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 Il grigio prima del nero

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5 partecipanti
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Daniela Micheli
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Il grigio prima del nero   Il grigio prima del nero Icon_minitime19/11/2009, 13:57

Non si salutano. Qui non ci si saluta mai. Deve essere una delle abitudini del luogo, e dà una sensazione di vuoto anche se siamo in tante, ammassate in questa sporcizia dalla uniforme tonalità di grigio.

Io lo so che è una delle abitudini di questo posto e non delle persone che lo occupano, perché tanti di questi fantasmi io li conosco e non erano così taciturni e indifferenti. Tempo fa, abitavano con me e tante altre anime dietro un muro, assieme a me lottavano per sopravvivere e con me sono arrivati alla nostra nuova residenza stamattina, stipati come bestie dentro camion odoranti di carne già cadavere e gli occhi accecati dal ricordo dei morti lasciati sul selciato a diventare liquame per le fogne.

Ora mi ritrovo a pensare che, in previsione di questo viaggio, ci avevano abituati agli spazi ristretti senza luce ed aria e che tutto questo fa parte di un progetto del quale mi è sconosciuto il senso. Mi ricordo quando iniziarono a costruire i muri dentro la città e ci imposero di non varcarne mai i confini se non provvisti di permesso di lavoro ed anche per quelle uscite le regole erano ferree e la punizione di piombo.

Da tempo erano iniziati i lavori di congiungimento delle nostre case ed era strano osservare nell’unire i muri in un unico, lungo serpente di mattoni, come avessero cura di escludere ogni giardino, ogni prato da quello che sarebbe stato, mesi dopo, il nostro ghetto.

Una città nella città.

I più fortunati erano riusciti a salvare un albero ed era un privilegio che i proprietari impararono a sfruttare, chiedendo qualche cosa in cambio per sedersi all’ombra, generalmente un pezzo di pane perché i crampi della fame erano sempre in agguato e mai si placavano.

Gli affamati aumentavano di giorno in giorno e anche quelli di noi più orgogliosi furono costretti a scendere nelle strade a scambiare i loro oggetti più preziosi con il pane.

Io ero una ragazza fortunata perché mio padre era stato beneficiato del permesso di lavoro nella fabbrica: ogni mattina all’alba lui si incolonnava assieme agli altri fortunati e si recava fuori le mura, sfilando dentro ad un tunnel di fucili spianati e pronti a sparare contro chiunque osasse fare un passo diverso e fuori dalla fila; a volte, quando rientrava, estraeva una pagnotta nera da sotto la giacca ed era una festa, anche se mia madre piangeva mentre divideva il pane in pezzi che parevano enormi ma che, una volta terminati, avevano solamente riempito un angolino della nostra immensa fame.

Mio padre ci raccontava che si era fatto un amico, un controllore polacco che lo aveva preso in simpatia e, quando poteva, gli passava di nascosto il pane, consapevole che se lo avessero scoperto avrebbe rischiato grosso.

Credo che fu grazie a quel signore polacco se io e mia madre ora siamo qui e non siamo morte di fame come quelli restati a vermificare per le strade del ghetto.

Mio padre lo abbiamo visto ieri mattina per l’ultima volta poi ci hanno divisi: lui con gli altri uomini, io e mia madre con le donne ed i bambini. Treni diversi, destinazioni ignote.

Quanti bambini sul nostro treno… alcuni neonati sono morti per gli stenti delle loro madri; io e la mia lo abbiamo capito dal pianto di dolore delle donne che chiamavano disperate i loro piccini scuotendoli e ricevendo in risposta solo le grida di dolore dalle madri che ancora vedevano nei loro bambini un alito di vita.
Io e mia madre ci siamo tenute abbracciate tutto il viaggio, cercando di non udire i gemiti, i lamenti e le invocazioni; ci siamo dette che in fin dei conti siamo fortunate perché siamo ancora assieme e vive, e che i nostri occhi non avrebbero certamente potuto vedere più orrore di quanto già impresso per sempre nella nostra memoria.

Ci hanno fatto scendere dal treno dopo non so più quanto tempo, a spintoni e urla ci hanno fatto entrare, assieme alle altre, in uno stanzone enorme: qui erano già altre donne ed altri bambini, tante persone, ma non c’era confusione di voci alte, solo brusii leggeri e parole sussurrate piano.

Nessuno ci ha salutate. Nessuno ha salutato nessuno.

Una di loro ci ha indicato due tavoloni di legno con materassi lerci e consunti in un angolo scuro e sporco; abbiamo obbedito e la donna ci ha detto di non protestare e di tacere sempre, qualsiasi cosa fosse successa sarebbe stato meglio non fare sentire la nostra voce.

Ci ha anche consegnato una cartolina con un panorama di montagne che non riconosco, assieme alla raccomandazione di scriverla subito e spedirla ai nostri parenti per rassicurarli che siamo arrivate al campo lavoro e che tutto sarebbe andato per il meglio.

Io e mamma non sappiamo a chi indirizzarla perché dei nostri parenti non abbiamo più notizie da molto tempo; decidiamo allora di spedirla alla signora Schicklgruber che ci ha sempre aiutate quando poteva e siamo certe che è preoccupata della nostra sorte.

Nel nostro angolo c’è una finestra con le sbarre che dà su un cortile di ghiaia: qui, incolonnate, parecchie donne che tengono per mano i loro bambini, si dirigono verso uno stabilimento che sulla facciata riporta la stella che da tempo ci decora le vesti e dal nostro punto di osservazione privilegiato, io e mia madre riusciamo a vedere anche una tenda davanti al portone d’ingresso; è simile al tendaggio che avevamo all’ingresso della nostra sinagoga ed anche la frase è la stessa: “Questa è la porta per la quale entrano i giusti”.

Con i loro cani lupo di fianco, i tedeschi ridono mentre spintonano le donne ed i bambini nel portone; non capisco quello che dicono; anche se il mio tedesco alla scuola era sempre stato lodato non riesco ora ad afferrare tutte le parole che pronunciano, ma percepisco tutto lo scherno e la cattiveria attraverso il vetro sbeccato e mancante in diversi punti, prima delle sbarre arrugginite.

Sentiamo una nenia risuonare nella sala e ci scostiamo dalla finestra, unendoci alla preghiera.
Io e mia madre non chiediamo nulla, seguiamo il consiglio della donna che ci ha dato la cartolina, ma siamo stupite dell’ora insolita in cui viene intonato il Kaddish, così come del fatto che ad intonarlo sia una del nostro stesso sesso.

Ci ritroviamo a rispondere assieme alle altre donne Yeè Shemè Rabbà Mevarach fino a che un grido di gioia ci interrompe: è una ragazzina, con due enormi e affamati occhi neri sul volto scavato, che indica fuori dalle finestre sbarrate la neve che ha iniziato ad imbiancare il cortile.

Per un attimo dimentichiamo dove ci troviamo ed osserviamo in silenzio la magia che scende dal cielo.

Il turbinio di fiocchi si posa a terra e, immediatamente, si colora di nero: è come se una cenere si mescolasse al ghiaccio facendone poltiglia lordata.

Sporca come gli abiti che indossiamo, come i letti che abitiamo, come gli occhi avari di speranza che non vogliamo chiudere.

Sorrido nel pensare che come tutto ciò che vedo qui, anche la neve è sporca.


(Incipit tratto da La neve era sporca di George Simenon)
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Mario Malgieri
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MessaggioTitolo: Re: Il grigio prima del nero   Il grigio prima del nero Icon_minitime19/11/2009, 14:16

Tremendo. Ti confesso una cosa: in passato ho visto tanti film, tanti documentari e ho fatto molte letture sull'argomento.
Ora, se posso, lo evito, non ci riesco più.
Non devono più convincermi che è accaduto, non devono più mettermi dinnanzi alla perversione umana, non devono più farmi vedere "bravi padri di famiglia" che uccidono con la Luger dei bambini. Non devono più, e basta.
Io ho dato le dimissioni da quella razza umana, io appartengo a quella che viene dopo, che pensa di essere migliore. Almeno sino a quando non verrà messa ancora alla prova.
Speriamo mai più.
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: Il grigio prima del nero   Il grigio prima del nero Icon_minitime19/11/2009, 14:18

Grazie, Mario.
Pensa, era una prova nata per Borgo Narrante, un agosto di una vita fa.
Amo questa pagina. E ogni tanto devo rileggermela e farla rileggere.
Dovremmo davvero soffermarci un attimo a pensare ai deliri quotidiani di qui leggiamo, alla xenofobia dilagante. Da cosa nacque? Da cosa nasce?
A dopo.
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PDG Lunedì
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MessaggioTitolo: Re: Il grigio prima del nero   Il grigio prima del nero Icon_minitime19/11/2009, 14:28

Grazie Daniela,
come dici,pagine del genere vanno rilette di tanto in tanto.
Un abbraccio sincero.
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Luca Curatoli
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MessaggioTitolo: Re: Il grigio prima del nero   Il grigio prima del nero Icon_minitime21/11/2009, 09:19

leggevo ieri a termine di un piccolo saggio di filosofia sulla fotografia "il grigio è il colore della teoria" e su come, sempre secondo l'autore, ormai morto, nel mondo di un tempo, prevalsero i colori scuri e il grigio soprattutto: dagli abiti ai muri delle case. aggiunge pure che il colore in fotografia è menzognero quanto il bianco e il nero. sarà

forse il grigio è il nostro colore d'incubo e questo mondo iperrealmente colorato è una menzogna.

nel racconto fa venire la nausea l'espediente della cartolina e
lo sguardo costernato dei protagonisti in chiusura, non può salvarli
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MessaggioTitolo: Re: Il grigio prima del nero   Il grigio prima del nero Icon_minitime21/11/2009, 09:30

Non credo, Digit che il mondo sia una menzogna ipercolorata.
Così come non credo che il grigio sia un colore d'incubo.

tu come la definiresti la bellezza dovendo scegliere un colore ?
qualche volta la bellezza del mondo si nasconde dietro grigi informi
o risalta agli occhi subito,
però a mio avviso è quella cosa che riesce a farci piacere di esistere
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Luca Curatoli
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MessaggioTitolo: Re: Il grigio prima del nero   Il grigio prima del nero Icon_minitime21/11/2009, 09:51

il mondo in HD lo è.

per me l'incubo attiene alla difficoltà di respirare e, per quel che mi riguarda, nel cercare di ricordare i colori, quando la mattina mi sveglio ancora con il viso sporco di strani sogni.

la bellezza? penso alla luce: l'abito per tutte le occasioni
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MessaggioTitolo: Re: Il grigio prima del nero   Il grigio prima del nero Icon_minitime21/11/2009, 10:07

ricordare i colori.....

non è faticoso se li hai scolpiti dentro nel guardarli. rimangono, diventano sensazioni
sensazioni di luce.
la bellezza è come uno schiaffo di luce su quel viso sporco di sogni Smile
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Rosario Albano
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Rosario Albano


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MessaggioTitolo: Re: Il grigio prima del nero   Il grigio prima del nero Icon_minitime21/11/2009, 10:34

Prima di tutto
un plauso a Daniela
per aver riportato questa pagina
che io trovo stimolante
e tristemente attuale:
basta aggiungere e sostituire solo alcune cose ...
Grazie!
... Poi per il dibattitto che ne è scaturito, ma anche
per il titolo "il grigio prima del nero" che semanticamente trovo
affascinante e propulsivo di riflessioni,
voglio intervenire a modo mio, anzi alla Benigni,
immettendo un po' di "allegria" militante,
e sparigliando il tutto, così:

SIAMO TUTTI COINVOLTI
CIOè SIAMO TUTTI SOPRA UN
YELLOW SUBMARINE! ...


Trama

Il paese di Pepelandia (Pepperland) è una terra paradisiaca e meravigliosa che si trova in fondo all'oceano. Lì regnano la musica, i colori, i fiori, l'allegria e, soprattutto, l'amore. Ma si scatena l'orda dei Biechi Blu che pietrificano tutti gli abitanti e opprimono Pepelandia con la forza delle armi, rendendo il paese grigio, silenzioso e triste.
I protagonisti

L'unico che si salva è il Giovane Fred, che, sfuggito ai Biechi Blu, prende il suo sommergibile giallo e va a Liverpool dove incontra i Beatles e chiede loro aiuto perché liberino Pepelandia dalla tristezza. Dal porto di Liverpool incomincia per i Fab Four una incredibile avventura tra terre e isole lunari e psichedeliche e strane creature, attraversando ben 6 mari (il Mare del Tempo, il Mare della Scienza, il Mare dei Mostri, il Mare del Niente, il Mare delle Teste e il Mare dei Buchi). Attraversato quest'ultimo, i Beatles e il Giovane Fred sbarcano a Pepelandia dove incomincia la sfida finale contro i Biechi Blu che vengono sconfitti anche con l'aiuto di un bizzarro individuo arcidotto e clownesco, l'uomo inesistente (Nowhere Man). Pepelandia è libera e per festeggiare la liberazione i Beatles fanno un concerto.