L' autunno - inverno dell' 85/86 fu uno dei piu' freddi...
Ad ogni passo destro l' elmetto mi sbatteva sulla coscia destra, sulla gamba sinistra la baionetta subiva la stessa sorte, certo non ero nella campagna di Russia, anche se il cappottone in dotazione, il fucile Garand con la baionetta come optional e l' elmetto grigioverde consunto dovevano avere gli stessi anni dell'allora ministro della Difesa Spadolini, ma faceva freddo.
Quella sera d'autunno inoltrato mi era toccato il turno di guardia.
Si iniziava alle 16.00 . Due ore di guardia e 4 di riposo per 24 ore.
Ti poteva toccare l' altana, una casupola di legno senza vetri a circa 12 metri di altezza, o la garritta, un buco di cemento con una feritoia che dava sulla porta carraia e l' ingresso della caserma.
Forse Spadolini lo dovevo ringraziare , erano stati clementi in fondo.
Alla mia richiesta per motivi famigliari di essere esonerato dal servizio militare avevano risposto mandandomi a fare il CAR a Macomer per due mesi, e poi a ROMA, nella famosa citta' militare della Cecchignola.
Non gli era fregato tanto che avessi il padre malato, mia madre in pensione, un fratello piccolo ed io l'unico ormai a lavorare in famiglia, ma la definitiva assegnazione alla caserma romana poteva essere un segno quasi divino di benevolenza e comprensione.
Nella caserma non era male, a parte il servizio di guardia che ti capitava di fare ogni tanto, il mio incarico mi permetteva di stare tutto il giorno in giro per Roma a fare il postino. Ministero della Difesa, Comandi militari di zona ed un sacco di 'favori' per colonnelli, tenenti, marescialli e sergenti... Cosi' quando partivo alle 9 di mattina con "il mio autista" personale, su un vecchio Fiat 238 riuscivo ad imboscare almeno due commilitoni al giorno.
Molti hanno visto e conosciuto Roma attraverso quei finestrini...
All'ora di pranzo si imboscava il 238 in un vicolo di Trastevere e si andava da Frontoni, la mmigliore pizza bianca con la martadella di Roma.
Nessuno osava dire niente al nostro ritorno, che avveniva non prima delle 16.00 . Avevo però fatto il piacere al colonnello, preso quella cosa per il sergente, dato un messaggio da parte del maresciallo all'amico dell'altra caserma... etc etc.
Riuscivo così a fare un salto da mio padre, ricoverato al Fatebenefratelli all' Isola Tiberina.
Anche quel giorno ci andai, in divisa, era solo. Chiacchierammo un po' del piu' e del meno, come al solito. Lo salutai.
Ricordo il suo saluto "Fai il bravo Marco..."
Quel giorno tornai in caserma presto alla 16 iniziava il turno di guardia e facevo parte del secondo turno.
Cosi' passo' il tempo.. ero nella garritta per la terza volta, dalle 6:00 alle 8:00.
Alle 7:15 Sento trambusto fuori dalla porta.
Suonano.
Il capoposto ed il sottoufficiale di ispezione aprono.
Dalla porta aperta appare Loris, un mio amico, vicino di casa.
Lo vedo parlottare con il sottoufficiale.
Il capoposto si avvicina con un altra guardia.
Mi danno il cambio esco e parlo con Loris.
Lui mi fa secco "Tuo padre sta morendo. Devi andare."
Guardo il capoposto, il sottufficiale, loro anche hanno sentito.
Lo so già non si prenderanno la responsabilità, non è mai successa una cosa del genere.
Poso il fucile, e provo a togliermi di dosso l'armamentario.
"Non te ne puoi andare, saremo costretti a denunciarti. Aspetta tra un po' arriva il capitano...."
Guardo Loris, annuisce, me ne ritorno nella garritta con il cervello da un altra parte.
Sapete cosa succede quando voi siete da una parte fisicamente ed il vostro cervello è da un altra?
Comincio a giocare con il fucile , l' otturatore scatta indietro, poi va in avanti e pensare che era durissimo, ed ogni volta che provavo a caricare durante le esercitazioni mi facevo male ad una mano.
Ormai sono le 8, Loris è andato via, ma arriva il Capitano e mi danno il cambio.
Niente, neanche lui si può prendere una responsabilità così.
Mentre ci parlo, arriva mio cugino.
"Mi ha chiamato tua madre. Tuo padre è morto 20 minuti fa".
Arriva anche il colonnello.
Io ormai sono fuori.
Fuori da tutto.
Seduto sul marciapiedi dell' ingresso fisso il nulla.
Mi fanno levare il cinturone.....
Il colonnello si scusa, e mi dice di andare, non sento annuisco soltanto perchè capisco il gesto della mano.
Posso andare ora.
Ma non sento più niente.
Freddo, rumori, i secchi comandi dell'alzabandiera sul piazzale.
Nemmeno il fumo che, stavolta, non ha occhi da arrossire.