I talenti di Anna

Tutti nascono con qualche talento speciale e Anna scoprì presto di possederne due. Che avesse il dono di saper cucinare lo seppe sin da bambina, quando mamma la prendeva come aiutante in cucina; l’altro era solamente una sensazione che nei cinque anni di scuola alberghiera non aveva trovato conferme.

La prima sera che prese servizio alla Locanda del Viandante alle dipendenze del signor Giuliano e della moglie Margherita aveva solo diciotto anni ma era pronta, dopo anni di teoria, a mettere in pratica ciò che anelava di fare da tempo; durante la scuola aveva percepito dei campanelli d’allarme ma non se ne era mai curata più di tanto, dando la colpa agli intrugli che si mischiavano da una postazione all’altra dei compagni di scuola, non confidando a nessuno quello che, giorno dopo giorno, stava per lei diventando una certezza.

Era già tra i fornelli da alcune ore quando la signora Margherita, che solitamente stava al banco a mescere le bevande, entrò in cucina con un ampio sorriso.

“Giuliano, ma che succede stasera? Non ho mai visto una clientela così allegra! Tutti gentili e carini, non uno che alzi la voce…. E tu ragazza, che sorridi? Hai la cuffietta di traverso, vedi un po’ di sistemarla…” e se ne ritornò soddisfatta alla sua postazione, mentre il signor Giuliano lanciò un ampio sorriso alla ragazza che continuava imperterrita a sminuzzare verdure e disporre insalate nizzarde multicolori nelle ciotole di candida porcellana.

Anna era felice in mezzo alle pentole lucide, ai coltelli di varie misure incuneati nel ceppo di legno, alla cucina sulla quale borbottavano tante pentole sbuffanti vapori dagli odori più invitanti; sorrideva mentre continuava a svolgere il suo lavoro velocemente, tutta concentrata sulla sensazione di gioia che provava in quel momento e a null’altro.

“Tre zuppe di cipolla al tavolo dieci…..” urlò il cameriere infilando il foglietto delle ordinazioni sul chiodo predisposto.

Anna guardò interrogativamente il signor Giuliano che sparì nella dispensa per ritornare, dopo pochi istanti, con un cesto colmo di cipolle bianche; le porse ad Anna che cercava nel ceppo il coltello più affilato per tagliarle in anelli sottilissimi, non prima di aver predisposto in un tegame una noce di burro che avrebbe poi fatto sciogliere a fiamma bassissima.

Iniziò a tagliare le grosse cipolle in anelli quasi trasparenti, con la precisione degna di un chirurgo quando involontarie lacrime presero a gocciolare dagli occhi scuri; Anna era talmente concentrata nel suo lavoro che non se ne curò ed alcune finirono dentro la ciotola.

Dopo aver terminato di tagliarne la quantità necessaria, sciolto il burro nell’ampio tegame, mise tutto nella pentola a bollire, aggiunse un aglio finemente tritato, la farina occorrente e mescolò fino a che le cipolle non raggiunsero la giusta cremosità, sbattendo forte il composto con la frusta affinché non vi restasse alcun grumo; unì un poco di vino bianco, un poco d’acqua, e ritirò i crostini che aveva messo ad abbrustolire nel forno. Una volta terminata la cottura, la zuppa faceva bella mostra di se, adagiata sui crostini, nelle ciotole di coccio; una passata in forno di pochi minuti ed erano pronte per essere portata in tavola.

“Pronte la zuppe di cipolla per il tavolo dieci….” sussurrò Anna affacciandosi alla finestra che dalla cucina dava sulla sala, rivolgendosi al cameriere assegnato al tavolo che arrivò immediatamente e servì i commensali del tavolo.

Era un attimo di calma e Anna restò alla finestra a spiare i volti di chi iniziava a pregustare la sua ultima fatica culinaria, curiosa di carpire dalle espressioni di quei volti l’apprezzamento al piatto da lei preparato.

A capotavola stava un omaccione rubicondo dal cipiglio minaccioso e il cucchiaio si perdeva tra la sua mano enorme; quando portò alla bocca il primo boccone della zuppa di Anna, il viso si distese rilassato e compiaciuto di quella delizia che il suo palato stava gustando.

La stessa reazione la ebbero anche gli altri due signori seduti al suo fianco: visi pieni di beatitudine e null’altro, mentre in silenzio gustavano la zuppa, pensando che era la più buona che avessero mai mangiato fino a quel giorno.

Quando le ciotole furono pulite ed i cucchiai appoggiati, fecero un cenno alla signora Margherita che si avvicinò tutta tronfia.

“Signora Margherita, complimenti vivissimi… Lei sa quanto amo la zuppa di cipolle e questa, devo dirle in tutta sincerità, è stata la più buona che abbia mai mangiato in vita mia, è talmente buona che io non capisco proprio che mi sta succedendo, ma mi viene da piangere….”

E i tre scoppiarono contemporaneamente in un pianto dirotto ed irrefrenabile, lasciando la signora Margherita sbigottiva da tanto veemente apprezzamento per il piatto preparato dalla nuova cuoca.

Mentre i tre continuavano a singhiozzare, prese impettita e preoccupata la porta della cucina e, parandosi a braccia sui fianchi davanti ad Anna, la interrogò:
“Ma che diavolo ci hai messo nella zuppa? A questi è talmente piaciuta che si sono commossi come dei bambini e stanno là a piangere come tre vitellini… Allora? Hai un ingrediente segreto? Avanti, ragazza, dimmelo se vuoi continuare a lavorare qui, o la tua prima sera di lavoro, sarà anche l’ultima ...”

“Signora Margherita, nessun ingrediente speciale, ho solo cucinato come so fare, mettendoci tutta me stessa….”

E fu così che Anna ebbe la conferma di quanto aveva sempre saputo: aveva il talento di trasmettere il suo stato d’animo alle cose che cucinava. Anna divenne presto la cuoca più contesa di tutto il paese, fino a che non cucinò un piatto per un viandante dagli occhi azzurri e mise tutta la dolcezza del suo cuore dentro alla mousse al cioccolato che lui aveva ordinato.