Sia per te la terra lieve
e l'immutabile scritta,
fredda, consoli il pianto
delle madri meste
e del paterno sguardo
che di troppo onore
si fece modello,
dignità apparente.
E non sarà quel lume
o l'odorar dei petali
che una bianca fanciulla
ti porterà, gemente,
a ridestar la fiamma
d'una coscienza immemore
delle asperità del mondo,
nostr'arena e altare.
Ma la rorida argilla,
madre e matrigna,
amante tradita,
farà presto oblìo
dei tuoi resti antichi
mentre l'insigne pietra
sarà mercede
all'empietà dei venti.
Ora tu giaci
nell'esecrabile culla
d'una foresta iniqua,
e più non sono d'ombra
le belle frasche
ma un fiore appassito
ed un dolente cero
che in fumo s'estingue.