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 IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione)

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Annamaria Giannini
Mario Malgieri
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Mario Malgieri
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Mario Malgieri


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MessaggioTitolo: IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione)   IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione) Icon_minitime9/1/2010, 09:16

I fatti di questi primi giorni del 2010 mi spingono a riproprre un brano postato tempo fa in uno dei laboratori di scrittura.
Vi è riportato, romanzato solo nei personaggi, un fatto realmente accaduto oltre cento anni fa nell'allora già civilissima Francia.
Passano i secoli, i derelitti si trasformano in fortunati (pur con molti distinguo) ma nulla cambia, solo si invertono i ruoli.


IL SALE DELLA VITA

Un bicchiere di Calvados: il preferito del commissario Maigret che lo alternava volentieri al fumo della sua pipa. Io non fumo, ma il Calvados è il mio preferito per chiudere una giornata faticosa come quella che, stando all'orologio, era già diventata "ieri".
Mi ero alzato alle sei, un viaggio a Torino rischiando la vita, come sempre, su quell’autostrada assurda, una serie di riunioni col coltello tra i denti, una cena ritardata e solitaria al ristorante del solito albergo. Poi un salto al bar, per scaricare la tensione centellinando il mio pregiato distillato di mele.
Ma non era solo per il Calvados se mi sentivo un poco Maigret.
Mi era capitato di assistere a un fatterello insolito e ora stavo cercando di capire cosa potesse essere accaduto tra il barista e quei due clienti francesi che pochi minuti prima se l'erano svignata, passando accanto al mio tavolino palesemente inviperiti.
Di solito in quel tipo di alberghi d'affari, confortevoli più della casa e freddi più dello sguardo di un doganiere, i clienti si somigliano e fanno le stesse cose: giacca e cravatta, scarpe lucide, computer portatile e bagagli minimi, da viaggiatori professionisti. Dopo le ultime discussioni fra prospettive di crescita e pettegolezzi della "corporate", si allenta il nodo della cravatta e si va a rilassarsi al bar. E di certo non si litiga con il barista.
Sopratutto con quel barista, Roberto.
Frequentavo l'albergo da qualche anno, almeno un paio di volte al mese, e lo conoscevo bene: una persona sulla cinquantina, un vero gentiluomo che parlava benissimo quattro lingue, in possesso di una solida cultura e di un aplomb da fare invidia a un maggiordomo inglese. Mai, a mia memoria, aveva avuto a che dire con un cliente, e sì che doveva averne sopportate a centinaia di persone arroganti, alticce, o soltanto aggressive per sfogare le frustrazioni professionali.
Ero veramente incuriosito e rimpiangevo di non essere seduto così vicino al bancone da aver potuto seguire lo svolgersi del battibecco che aveva raggiunto toni parecchio accesi. Del resto, anche lo fossi stato, il mio francese era così raccogliticcio che non mi avrebbe permesso di origliare. Ma avevo udito chiaramente due parole scandite dal barista più volte, con rabbia trattenuta: "aigues mortes". Magari "aigue" era un termine antico per "acqua", avevo pensato, quindi "acque morte", forse paludi, oppure stagni? Ma lì mi fermavo; in me non si risvegliava alcun ricordo, eppure doveva essere la chiave di tutto, visto l'effetto che aveva avuto sui due clienti.
Tenendo in mano il bicchiere vuoto, mi avvicinai al bancone e mi sedetti sullo sgabello più vicino. Il barista era intento a riordinare alcune bottiglie ma notai subito che le sue mani tremavano.
La presi un po' larga:
- A volte certi clienti sono duri da sopportare, Roberto. -
Mi guardò un attimo quasi con ostilità, poi mi riconobbe e abbozzò un mezzo sorriso.
- Buonasera ingegnere; no, è colpa mia, per una volta ho lasciato prevalere i sentimenti sulla professionalità, ma tutto sommato non me ne pento. -
- Mi scusi se glielo chiedo, ma le uniche parole che ho sentito chiaramente sono state, mi pare, "aigues mortes". E ho visto l'effetto che hanno avuto su quei francesi. Io sono curioso per natura, è troppo se le chiedo di spiegarmi cosa significano? -
Il barista soppesò per un momento la risposta da darmi. Si vedeva che era combattuto. Poi prese due bicchieri e la bottiglia del Calvados.
- Già, i libri ne parlano poco, anzi per nulla. Magari qualcuno al di là delle Alpi si offenderebbe. Ha tempo di ascoltare una storia? Questo giro lo offro io. -
Per un attimo abbandonai il mio Maigret, ora mi sembrava di essere nei panni di uno di quei personaggi alla Spillane, seduti al bancone di un bar con in mano un bicchiere vuoto: "Questo lo offre la casa, Mike, ma poi squagliati". Dovevo solo sperare che non ci fosse la scazzottata finale.
Guardai l'ora e ascoltai la vocina dentro di me che supplicava di andare a letto, l'indomani alle nove avevo un'altra riunione tosta e avrei dovuto sfoderare tutta la mia lucidità e abilità di negoziazione. Ma a quel punto la curiosità era ancora più forte. Presi il bicchiere, lo alzai e diedi mentalmente un calcio nel sedere alla voce della ragione, che si ritirò offesa da qualche parte.
-Versi pure, grazie, ho tutto il tempo che serve.-
-Aigues Mortes è una cittadina della Francia meridionale, sul Mediterraneo, - esordì guardando il proprio bicchiere che aveva riempito ben oltre il livello che serviva ai clienti. Il mio non era da meno. - E quei due "signori" sono dei presuntuosi sciovinisti e hanno avuto ciò che si meritavano.-
Non mi riusciva di collegare le cose, quindi rimasi in attesa del seguito.
- Stavano parlando tra loro di un brutto fatto successo questa mattina, proprio davanti all'albergo. Ha visto qualche volta quel povero cristo, un ragazzo, credo un magrebino, che aspetta i clienti nel parcheggio? -
- Sì, mi pare, - risposi vagamente.
- Lui arriva col suo armamentario, secchio, spatola, spugna e si offre di pulire i vetri. Lo fa in modo educato, non esagera mai. In fondo offre un servizio e...-
- Sì, è vero, ora ricordo, - lo interruppi - è un ragazzo gentile.-
Non dissi che lo mandavo sempre via con un gesto seccato.
- Giusto, un ragazzo gentile. Dario, il portiere, ha assistito alla scena e mi ha raccontato di un cliente, un italiano, che si è infastidito. Non so, forse il poveraccio ha insistito più del solito, o forse quel tale si era alzato col piede sbagliato. Di fatto, dopo averlo preso a maleparole, di quelle proprio da razzista, il cliente lo ha spintonato via, facendolo cadere. Se qualcuno non lo avesse fermato lo avrebbe preso a calci. Una cosa davvero disgustosa e quel tale è uno stronzo, il mio orario di lavoro è finito e lo posso dire. Ma purtroppo cose del genere succedono dappertutto, quella piccola minoranza di cretini e ignoranti infesta ogni parte del globo.-
Il barista mi guardò come per chiedere conferma. Io mi limitai ad annuire, anche se non ero sicuro che i cretini fossero una minoranza tanto piccola. Ma ancora non trovavo un filo logico: una sconosciuta cittadina della Francia, un paio di francesi alticci che diventano antipatici al barista, un disgraziato lavavetri maltrattato da un italiano stronzo. Non ci arrivavo proprio. Così aspettai che Roberto finisse il suo bicchiere e mi desse qualche altra indicazione, cosa che fece dopo aver trangugiato con rabbia quello che era rimasto.
- Invece quei due erano lì a bersi un whisky e a straparlare di italiani intolleranti e fascisti, che da loro certe cose non erano mai accadute, avevano sì dei problemi con gli immigrati, ma venivano affrontati e risolti in modi civili e democratici. Altro che questi italiani razzisti. Dicevano così: italiani razzisti, con aria di padreterni, facendo finta di parlare tra loro ma a voce bella alta, che gli italiani sentissero. Beh, a me questa cosa non la dovevano dire. Quant'è vero che mi chiamo Roberto Garino e che mio nonno era Giovanni Garino. Lui ad Aigues Mortes c'era! -
Il Calvados in doppia razione mi aveva lasciato un bel retrogusto di mela al forno, ma forse non aiutava il cervello a funzionare al meglio. Ancora non capivo. Alzai il bicchiere vuoto:
- Il prossimo sul mio conto, Roberto, e vada avanti, mi pare interessante. -
Il barista fece un segno di disprezzo per il mio conto e versò un altro giro.
- Vede, mio nonno era figlio di contadini, tiravano a campare nel Monferrato con qualche ettaro a vigna e grano. Poi il prezzo del grano crollò per tanti motivi. Ma sopratutto arrivò la filossera. E per i vigneti fu la catastrofe. Le disgrazie non vengono mai da sole, dicono, ed è vero.-
A me piaceva il vino e avevo letto qualcosa sulla filossera, ma in realtà non ne sapevo molto. Buttai lì una frase, tanto per rompere il momento di silenzio.
- La filossera? Mi pare di ricordare che il problema venne risolto usando le viti americane per innestarci i nostri vitigni, se non sbaglio.-
- Vero, ma passarono più di trent'anni prima di trovare quella soluzione. E nel frattempo i piccoli coltivatori andarono in rovina. Improvvisamente quella che era una ricchezza, cioè i figli maschi che lavoravano la terra, divenne un peso. Di figli ne erano venuti tanti, sei, e due erano femmine. Così i due maschi più grandi, Giacomo che aveva 19 anni e appunto Giovanni, mio nonno che allora ne aveva 16, dovettero lasciare l'Italia. Emigranti come tanti altri ma in apparenza un poco più fortunati. Non dovettero prendere una nave, ma furono attratti dai racconti di un cugino che se n'era andato qualche mese prima in Francia. Lui scriveva a casa e diceva che lì, non troppo lontano, alle saline di Aigues Mortes, assumevano lavoratori italiani, visto che accettavano le paghe da fame che i francesi rifiutavano. -
Ecco finalmente una prima illuminazione. Dunque Aigues Mortes era un luogo di emigrazione italiana e la ricchezza del posto era il sale.
- Quindi suo nonno emigrò in Francia per lavorare in una salina? Questa cosa delle saline proprio non lo sapevo, ma in fondo, a pensarci, una salina è una miniera a cielo aperto e noi italiani di miniere ne abbiamo scavate tante. Anche lì il lavoro doveva essere ben duro.-
- Duro? Condizioni che nemmeno ci sognamo al giorno d’oggi. Uscivano da baracche fetide dove vivevano ammassati, soltanto per fatcare, esposti al sole per dodici ore, gli occhi bruciati dai riflessi dei cristalli di sale, senza altra ombra che non fosse quella di un cappellaccio a larghe falde. Avevano un sacco ruvido gettato sulla spalla per proteggerla dalle scorticature dei canestri di vimini, li usavano per trasportare il sale; il sudore usciva a litri, mezzi nudi, coperti di graffi, le mani tagliate e macerate dai cristalli. Eppure per loro quel sale era la vita-
Si fermò un attimo come a raccogliere le idee. Nella mia immaginazione vedevo una bolgia dantesca con poveri dannati senza speranza che trascinavano canestri di sale grezzo in una calura insopportabile.
- Lo sa? - riprese - la gente del posto odiava quei disgraziati. Li odiava perché facevano un lavoro da bestie e come bestie erano considerati.-
Il barista oramai non parlava a me, era al terzo Calvados e aveva lo sguardo perso nei suoi ricordi di famiglia, probabilmente tramandati a voce e ascoltati chissà quante volte.
- Ma non solo per quello. "Les macaronis", così li chiamavano, erano venuti a mangiare il loro pane, accettando paghe troppo basse e portavano via il lavoro ai francesi. Quindi erano tutti ladri, e le loro donne, naturalmente, tutte puttane.-
- La cosa mi suona dannatamente attuale, noi eravamo i "macaronis" e oggi ci sono i "vucumprà. Ci siamo impigriti e certi lavori li facciamo fare a chi ha davvero fame, poi ci lamentiamo.-
- Vero, ma allora c’era pure un’aggravante politica. Si sapeva che l'Italia aveva firmato la "triplice alleanza" con gli odiati tedeschi e con gli austriaci. Così quei “macaronis” erano anche dei potenziali nemici, pronti ad assalire a tradimento chi li aveva nutriti. -
- Già, caro Roberto, passano i secoli, cambiano gli epiteti, ma il destino dei poveracci non cambia mai: capri espiatori di tutte le tensioni e le frustrazioni.-
- Non solo, ma quando il clima è quello, basta una scintilla e tutto scoppia. E c'è sempre chi soffia sul fuoco per motivi politici o per semplice xenofobia. Anche questo mi pare che non cambi.-
Mi limitai a un rassegnato allargar di braccia e lo lasciai continuare.
- Bene, anzi malissimo, ad Aigues Mortes la scintilla scoppiò nell'agosto del 1893. Strano vero? Sono passati poco più di cent'anni eppure nessuno lo ricorda più.-
- E cosa successe di particolare? -
- Il motivo scatenante non ha importanza, succede sempre così, magari fu una reazione alle provocazioni, forse un tentativo di difendere una donna dall'ennesimo insulto. Come risultato, circa cinquecento francesi inferociti assalirono un centinaio di lavoratori italiani in una vera e propria caccia all'uomo. Una ventina, tutti piemontesi, cercò scampo attraversando uno stagno. Vennero raggiunti e uccisi uno a uno, a colpi di pietra, come cani rabbiosi. Altri furono ammazzati a bastonate o a coltellate. Giacomo, il fratello di mio nonno, fu colpito a morte dalla fucilata di un gendarme che dichiarò di aver sparato per difendersi. Figuriamoci, lui a cavallo e armato sino ai denti e Giacomo mezzo nudo e denutrito. Il gendarme fu persino promosso, mancava solo gli dessero la legion d'onore! In totale i morti furono una cinquantina, anche se i francesi si ostinano ancora oggi a parlare di venti. Come se venti o cinquanta faccia la differenza.-
- Tremendo, sembra impossibile che nella civile, tollerante Francia sia accaduto un fatto del genere.-
- Già, è qualcosa che rode anche a loro, non amano sentirne parlare. Ma ora finisco.
Mio nonno fu tra i fortunati che riuscirono ad arrivare a piedi a Marsiglia e di là, non senza problemi, altri pericoli e molti mesi di paura e fame, fu rimpatriato e tornò a casa.
Pensi, dopo il massacro, il sindaco di Aigues Mortes ebbe a dire che si era fatto ciò che si doveva fare. E non fu nemmeno rimosso.-
Io avevo finito il quarto bicchiere. Chissà perché, ora il retrogusto non mi sembrava più di mela, ma ci sentivo qualcosa di molto simile al sale. E mi sentivo anche la testa che tentava di svolazzare per conto suo, leggera e piuttosto ondeggiante. Ma quello che avevo udito mi pareva orribile e mi venne spontaneo un commento, probabilmente molto più pseudofilosofico di quanto io non fossi solito fare:
- Roberto, io penso che nessuno, francese, italiano, o qualunque cosa sia, possa permettersi di dare lezioni di tolleranza. Tutti abbiamo scheletri negli armadi, e quegli armadi li apriamo spesso ma solo per continuare ad aggiungere ossa su ossa. Lei ha fatto benissimo a ricordare a quei signori questa storia, ma temo che a loro la lezione non servirà ad altro che a far cambiare albergo, ed è un peccato.-
Rifiutai, ringraziando, il bicchiere della staffa e ci augurammo la buonanotte; erano passate le due, e avviandomi all'ascensore mi resi conto che l'amato Calvados mi rendeva difficile arrivarci per la via più breve.
L'indomani avrei avuto un gran mal di testa, questo era certo, e altrettanto con certezza avrei dato una mancia generosa al ragazzo dei vetri.
Come se pochi euro potessero liberarmi la coscienza.
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Annamaria Giannini
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Annamaria Giannini


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MessaggioTitolo: Re: IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione)   IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione) Icon_minitime9/1/2010, 10:55

si...capisco la motivazione nel riproporre questo brano.
In trppi dimenticano che anche noi siamo un popolo di emigranti e che su motli bar in Germania veniva affisso il cartello: " Vietato l'ingresso ai cani e agli italiani"
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Nuccio Pepe
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MessaggioTitolo: Re: IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione)   IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione) Icon_minitime9/1/2010, 12:29

Avevo già letto il brano con piacere e con altrettanto piacere lo ritrovo.
Condivido la motivazione nel ri-postarlo.
Tempi troppo bui, speriamo in una ripresa delle coscienze.
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Giampiero Pieri
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MessaggioTitolo: Re: IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione)   IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione) Icon_minitime9/1/2010, 23:20

Le belle pagine rimangono sempre attuali, specialmente se parlano dei fatti veri della gente. Mi era piaciuta quando la presentasti la prima volta, mi piace anche adesso.
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Emma Bricola
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MessaggioTitolo: Re: IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione)   IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione) Icon_minitime10/1/2010, 10:33

condivido le parole degli esimi prima di me
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione)   IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione) Icon_minitime13/1/2010, 09:12

Ci puoi credere, Mario, che ho ricordato questa tua proprio in occasione di quanto accaduto a Rosarno? Che poi è stata l'identica che mi ha spinto a ripostare la mia Edizione straordinaria che ben poco ha, a differenza di questa tua, aderenza alla realtà. La storia che ci ha insegnato, Mario?
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Mario Malgieri
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MessaggioTitolo: Re: IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione)   IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione) Icon_minitime13/1/2010, 09:47

La storia insegna a scolari sordi, mia cara.
Sai la cosa che più mi ha fatto piacere in questo squallidissimo contesto? Che il quotidiano di Genova, il Secolo XIX, se ne è uscito Domenica scorsa, cioà dopo che io ho riproposto questa, con una pagina intera dedicata a rievocare proprio quei fatti francesi, facendo lo stesso parallelismo che ho fatto io... non pretendo che il Secolo abbia letto il mio piccolo racconto, ma che la mia riproposta fosse attinente è una bella conferma, non trovi?
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione)   IL SALE DELLA VITA (riproposta con motivazione) Icon_minitime13/1/2010, 09:50

ho letto, Mario, sono iscritta alle news ed è stato proprio quello che mi fece ricordare questa tua pagina, solo che non ricordavo il giornale specifico, tra i tanti.
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