Alice si guarda allo specchio., quello grande nella stanza dei genitori. L'immagine che le torna indietro è quella di una ragazzetta magra, senza alcun accenno di morbidezza femminile. Le spalle cadono in avanti e le gambe sono così esili da sembrare storte. Non si piace Alice, e a fatica riesce a guardarsi senza sentirsi oppressa da quel corpo sgraziato.
Accende il giradischi e posa sul piatto un disco di musica classica; un vecchio disco in vinile nero un po' rigato che ha trovato per caso un giorno, rovistando nel baule di sua madre. Con gesti lenti e misurati avvicina la puntina ai vecchi solchi grigiastri. Le note si propagano nell'aria all'improvviso, fluide e scivolose. Ad Alice sembra di poterle toccare ed il loro fluire cancella tutto quello che c'è intorno. Spariscono le crepe e l'umidità sui muri, tacciono le voci di sua madre e di suo padre che vomitano insulti. La stanza si trasforma in un mondo parallelo dove non esistono rumori. Restano soltanto i suoni, distese d'acqua dove si può galleggiare, sprofondare e riemergere senza sforzo.
Alice danza.
La sottoveste di naylon azzurro è il suo costume di ballerina. Si cimenta in un arabesque allongées, il corpo poggia su una gamba, lei tiene le braccia allargate come ali, poi porta dietro di sé l'altra gamba, si china avanti piegandosi con grazia. E' leggera adesso e vola in un plié. Poi gira, salta; i suoi piedi turbinano come ali di colibrì. Ricade a terra senza rumore e si allunga e diventa aria; poi si rialza , porta le braccia dietro la nuca, e in alto, sempre più su. Il corpo si tende: la musica è dentro. Non ha bisogno del grammofono. La melodia viaggia nelle sue fibre, nei suoi muscoli e nei suoi tendini. Le appartiene. E lei appartiene alla musica. Sono abbracciate, amalgamate. Sarà simbiosi indissolubile fino a quando dureranno le note, fino a quando volteggeranno insieme nello spazio angusto della stanza. Alice piroetta, si libra e ricade, poi si lancia, acchiappa le nuvole e finalmente precipita, ansante e sudata sul pavimento gelido. Appoggia il capo nell'incavo delle braccia, mentre la musica evapora in tiepido torpore.