Data di nascita 13 ottobre 1966
I
Oggi compio quarant’anni, devo decidermi, devo evadere da questa prigione, non sopporto più queste urla che aggrediscono i miei pensieri, e i miei secondini che arrivano di corsa e se la rifanno con me.
Trotterellano sino alla mia cella, poi mi abbracciano, mi coprono di parole dolci come glassa, non credendoci minimamente.
Qualcuno tira poi fuori la sua arma e mi colpisce. Tutte le volte è così ed io mi ritrovo steso nella branda intontito e sfatto. Ne approfitto per lasciarmi andare e recuperare le forze.
A volte arriva un secondino e a forza mi fa ingoiare un bicchiere di veleno, che forse veleno non è, dicendo che mi fa bene.
Non li capisco, non li ho mai capiti, prima mi riducono ad uno straccio sdraiato sulla branda e poi vogliono farmi credere che hanno a cuore la mia salute.
Ecco ricominciano le urla, sono così forti che mi rintronano nella testa, rimbalzano nelle mie cellule e creano quelle strane immagini che sembrano ricordi.
A volte penso che ad urlare così possano essere solo i morti che se ne sono andati prima di aver concluso qualcosa d’importante.
Sono riuscito persino a carpire qualche parola nel buio della mia cella: non li vedo, ma credo che siano almeno due a parlare ed uno chiede pietà. Dice che è piccolo, di non fargli più male, che non è colpa sua, che avrebbe fatto tutto ciò che lui voleva, “Non lo faccio più, papà.”
Quell’altro urla te l’avevo detto , ora te ne pentirai e poi le parole vengono superate da rumori che potrebbero essere frustate o qualcosa di simile . A volte sento un fruscio come di fiamme che divampano e odore di benzina, ma non ne sono sicuro. E’ lo stare qui dentro che altera le mie percezioni, probabilmente il cervello crea ricordi, pur di non andare alla deriva.
II
Chissà se anzichè dai morti, queste voci vengono dalla cella accanto.
Ma oggi ho deciso che scapperò, non voglio essere più prigioniero di questo ambiente di pazzi, schiavo di decisioni altrui, mi pare di avere passato tutta la vita qui. Anzi, non proprio qui, credo che mi abbiano cambiato palazzina diverse volte, lo so perché a volte dal finestrino ho visto tetti, a volte cortili. Tutte le volte mi hanno dato abiti e scarpe di un’altra taglia, mi dicevano che stavo crescendo, ma da quando in qua in cella si cresce. Credo piuttosto che si prenda la forma della cella, quando mi espando la riempio tutta e divento come lei: divento i suoi muri, le sue sbarre, il suo intonaco. E’ l’unico passatempo che qui mi viene concesso.
Mi sono organizzato come nei film, ho rubato il cucchiaio e l’ho limato sino a ridurlo ad una lama tagliente.
Questa sera evado.
13 ottobre 2006
Il rumore dei carrelli della colazione è la colonna sonora dell’inizio delle attività della giornata. Odore di caffè d’orzo, latte, e finta cioccolata si espande come vapore. Sembra una cosa normale in una casa normale.
Così però non è, l’arredamento è tutto bianco e le porte delle stanze si aprono tutte dallo stesso lato del corridoio, tutte in fila come le porte di un treno.
Mike e Paul si guardano negli occhi.
“Mike, non è oggi che Baby ha detto che sarebbe evaso? ”
“Tranquillo Paul, non è suonato nessun allarme, sarà sempre lì e come il solito dirà che ha sentito i morti urlare, lo dice tutti i giorni da quando è arrivato qui tre anni fa, da Gloweston”.
Arrivano all’ultima porta, la aprono con la chiave di sicurezza e rimangono pietrificati.
Paul sviene.
L’uomo è sempre lì, ma in realtà è evaso.
III
Mike trema come una foglia, non aveva mai visto una cosa così.
Vomita appoggiandosi alla porta.
Baby è evaso dal proprio corpo, rinunciando al primo prezioso confine verso il mondo esterno.
Si è levato la pelle a strisce quasi regolari, deponendole ordinatamente sulla branda accanto a sé ed ora giace immobile come un uomo nudo della propria vita.
Solo il viso è intatto e guarda i suoi carcerieri con un’espressione stupefatta, forse nemmeno lui credeva di riuscire a fuggire.
Un velo di sangue rappreso gli copre quasi pudicamente ciò che una volta era stata la cella della sua anima.
Con il cucchiaio in mano sembra aspettare una prima colazione, che ormai non gusterà più: è definitivamente fuggito dal suo corpo e dalle urla di suo padre.