Chi sono?
Che ore sono?
Dove sono?
Ora che riuscivo malapena a socchiudere gli occhi, sentivo la luce ferirmi, la testa come semplice contenitore di un cervello che sembrava galleggiare leggero in un fluido denso.
Una manciata di secondi persi lì per riuscire ad identificare una bottiglia di Rum, o quello che ne restava, ed i resti nemmeno fumanti, di una serata movimentata.
Anche il portacenere non l’aveva scampata.
I mozziconi erano arginati a stento dai bordi, spessi ed irregolari.
Nero di lava, con al centro scritto “saluti dalla Sicilia”, assumeva un aspetto mistico, grazie all’alone della cenere disposta ordinatamente a corona intorno ad esso.
“Cazzo, ma che ho fatto ieri sera?”.
Era un po’ che succedeva, mi alzavo, e mi ricordavo con molta difficoltà chi ero.
Eppure non facevo uso di droghe pesanti, sì, qualche canna, un po’ di marjuana che utilizzavo per uso terapeutico, e, diciamolo : un bell’uso terapeutico, ma non era questo il problema.
Ricordavo vagamente una donna. Fino a qui niente di nuovo o speciale.
Ricordavo una cena a base di pesce. Ed anche questo non mi sembrava così strano.
Eppure c’era qualcosa.
Ora che i sensi, ad uno ad uno, riprendevano le loro funzioni, percepivo un odore strano, mischiato al fumo stantio, all’alcool in vapore aleggiante nell’aire, al sudore, ma non riuscii ad identificarlo.
Faceva schifo. Questo era chiaro.
Dovevo areare il locale, anche dopo avervi soggiornato.
Alzai tutta la tapparella inondando di luce la stanza. Il primo effetto fu di mettere fine all’effetto “Madonnina fosforescente” con su scritto “Evviva Maria”, il secondo, molto più degno di nota, di notare a ridosso della porta un rigagnolo rossastro e denso.
Ketch-up non è, salsa neppure, al limite bossanova, ma… orca miseria, quello… è sangue.!
Lo specchio non mentì nemmeno quella volta, ero nudo come un verme vestito, ma coperto di sangue. Non mi azzardai ad assaggiare, anche perché ero a dieta.
Mi accorsi di non andare nemmeno troppo di fretta. Forse perché ero sanguinolento?
Rosse erano le lenzuola, il tappeto ai bordi del letto, i vestiti gettati alla rinfusa per la stanza e, soprattutto, rossa era la spada che tenevo normalmente appesa alla parete del salone, oltretutto il mio amico Koyu Ono, un giapponese esperto di arti marziali, mi avrebbe fatto due coglioni per aver sporcato la spada che dovevo custodirgli gelosamente.
Ora avevo paura.
Tirai così forte le lenzuola dal letto da strapparle. Erano della Bassetti con elastici angolari per una maggior tenuta, con su stampato un panorama calabrese con vista sullo stretto dal Monte Sant’Elia.
“Cazzo! E mò che je dico a mi socera?”.
Stavo peggiorando la mia situazione.
Frastornato mi alzai con un certo sforzo, riluttante.
Andai in cucina e fu lì che la vidi.
Seduta a capotavola, con un sorriso ebete, gli occhi spalancati ed un buco tra le tette, due belle tette.
L’assassino, dopo averle sparato aveva infierito sul suo corpo con la spada… “cazzo, una cosa del genere a me può succedere solo se qualcuna mi avesse chiesto di accompagnarla ad IKEA di domenica pomeriggio”
Ma chi poteva essere stato? Io?
Mi venivano in mente quelle scene tipo CSI, Maigret, Montalbano o Basettoni, qui mi davano l’ergastolo. Mia suocera non avrebbe testimoniato a mio favore, nemmeno in cambio di 15 piantine di vero peperoncino di Soverato originali.
Presi la salma, che come sapete è la virtù dei morti, e la trascinai in bagno.
Mi era rimasto un po’ di idraulico liquido, magari potevo liquefarla e farla passare per lo scarico.
Non funzionò.
Mi maledii pensando alla motosega che avevo prestato due anni or sono al mio amico Sandro e a quella volta che non volli comprare un congelatore orizzontale classe A+ che poteva contenere una mandria di Karibù, 7/8 mammuth e l’uomo di Similaun.
Oltretutto era pure scaricabile dal 730 e caricabile come la 7 e 64.
Che stupido! Il tappeto Afghano del salone.
Scartai la cinta di cuoio con la fibbia “effigiata” da Tex Willer e l’arrotolai a mò di spinello assicurando l’umano involtino optando per una cinta di El Charro (In Saldo Alla Coin 8,90 Euri).
Aspettai l’ora propizia, e caricai il tragico fardello sull’ascensore.
Stavo invecchiando. Ma ero ancora in gamba.
Nel Garage caricai il corpo estraneo nel SUV.
Un po’ mi dispiaceva per il tappeto, frutto di estenuanti trattative con un Senegalese sulla spiaggia di Fregene, ed un po’ avevo paura di macchiare i sedili con le nuove copertine del SUV.
Ero a cavallo.
Cioè ero sul SUV ma ero a cavallo.
Vabbè…stava andando tutto bene.
Imboccai via Roma (c’è sempre una via Roma, in tutte le città), svoltai per Via dei Licheni Appassiti, e giunto all’angolo con via Bettino Cra undicesimo, trovai ciò di cui avevo bisogno: uno snack bar aperto.
Ora la differenza tra un bar, ed uno snack bar è lampante, colossale, ovvia, evidente, lapalissiana e, diciamolo didattica. Lo snack bar è molto più grande, tanto da permettergli un insegna con l’aggiunta di “SNACK”.
Scesi furtivo camminando con il passo dell’oca selvaggia, gatton gattoni con gli stivali ed anche un po’ di sghembo traverso, aggiungendo il tipico fischiettio dell’uomo che , oltre a non chiedere mai, non ha nemmeno niente da nascondere.
Arrivai al bancone. Con il tipico verso dell’uomo che, oltre a non chiedere mai, non ha nemmeno niente da nascondere, ordinai un caffè. Che ovviamente bevvi con il cipiglio dell’uomo che non deve chiedere mai eccetera eccetera.
Sigaretta. Golden Virgina, Rizla e filtri OCB.
Mentre ero là a “rollare (con l’austero atteggiamento dell’uomo che, oltre a non chiedere mai… eccetera eccetera) pensai al mare di Fregene ed alla trattativa con Jami per il tappeto agfhano.
Iniziò a piovere. Ecco ora si bagna pure, pensai.
Mi riavviai al SUV.
Troppo tardi.
Incredibile, me lo avevano fregato.
Un uomo onesto non può nemmeno scendere dalla sua macchina presa a rate a prendere un caffè e fumarsi una sigaretta con il ridondante atteggiamento dell’uomo che, oltre a non chiedere mai non ha niente da nascondere, che tac, gli fregano il sudato SUV.
Era sudato è vero, ma lo lavavo tutti i giorni, e non si sentiva il tipico odore delle auto sudate.
Ero incazzato, ma anche no, un po’ sogghignavo (con il petulante atteggiamento dell’uomo che, oltre a non chiedere mai non ha niente da nascondere) nel pensare al povero ladruncolo che, attirato dal sudato SUV e dall’afghano tappeto, si era beccato anche il corpo estraneo.
“Pazienza!” pensai ridirigendomi verso casa col definitivo atteggiamento dell’uomo che, oltre a non chiedere mai, non ha niente da nascondere. Niente. Ormai.