L'ALTRA FACCIA DELL'AMORE - MARY CORBI

Ho sempre pensato che la gelosia fosse un segno di grande passione. Senza di essa il sentimento appare incompleto, quasi melenso. La gelosia è la manifestazione del possesso, appartenere all’altro: che c’è di più esaltante? Quando ne  scopri la prigionia è troppo tardi. Non puoi più rimediare, sei in trappola. L’amore cambia volto, una maschera crudele. E’ lui o non è lui?
Si affaccia lentamente. Inizialmente senti ancora i brividi del piacere di essere l’oggetto privilegiato del di lui interesse, poi avverti un vago disagio. Perché tutte queste domande? Perché sei uscita? Non mi hai avvertito…ti sei dimenticata di…hai una faccia strana…stai cambiando!
La nostra storia ha avuto un inizio infausto. Entrambi avevamo lasciato i rispettivi coniugi per andare a vivere insieme. Abbiamo lasciato i nostri figli ancora bambini.
Il rimorso ha creato mostri. La felicità è svaporata quasi subito. E’ nata una gelosia retrospettiva. Entrambi eravamo gelosi delle nostre vite passate.
Inizialmente sono stata io a tormentarmi, a fantasticare sulla prima moglie.
Avevo trovato alcune foto di lei e di loro insieme. Lei era bellissima; era stata la loro una storia quasi cinematografica. Sempre in giro per il mondo, lui reporter televisivo, lei hostess di una compagnia americana. Si erano conosciuti ad Acapulco. Naturalmente travolti da una irresistibile passione. Si incontravano nei vari aeroporti, perché lei viveva in America con il primo marito, poi lasciò tutto e lo seguì in Italia.
Nel vedere queste foto sono entrata nella loro sfera intima. Ho provato sensazioni che non erano le mie. Uno strano fenomeno. Io percepivo realmente le loro emozioni, il languore degli incontri, la passione di lui che conoscevo bene perché ora la viveva per me. Sconvolgente. Mi sentivo sdoppiata. Come scrutare la Rebecca di Du Maurier. Sapevo che era stata una donna ricca di fascino, una fortissima personalità. Mi sentivo orribilmente svantaggiata, anche se più giovane di lei, temevo di non poter competere.
Mi odiava alla follia.
Il loro matrimonio era naufragato da tempo, vivevano come estranei, civilmente e cordialmente, ma il fuoco si era spento. Quando scoprì che eravamo amanti fu presa da furia cieca. Mi perseguitava dovunque, perfino nel mio ambiente di lavoro.
Curiosamente incontrò in aereo, come passeggero, il mio direttore. Non so cosa si dissero, lo seppi anni dopo. Ma seminò a tal punto che dovetti cambiare ufficio.
Di colpo capì di amarlo ancora, riaffiorarono improvvisamente i ricordi, la loro lunga storia d’amore, tutto quanto avevano condiviso insieme, i viaggi, gli interessi, gli amici comuni, famiglie, figli. Tutto il bagaglio di ricordi, di vita vissuta le veniva incontro come quando si squaderna la nostra vita durante il trapasso.
Rivedeva lui come allora, quando faceva follie per raggiungerla, un volo aereo per stare anche solo un giorno con lei. Tutto questo era finito da anni; non si era accorta che il tempo aveva cancellato ogni traccia di quelle emozioni.
Emozioni che riviveva ora sovrapposte al dolore pazzesco della gelosia: per quelle attenzioni ora dedicate ad un’altra.
Mi scriveva, maledicendomi, e una volta mi disse che lui apparteneva sempre a lei, comunque, e in alcuni momenti da lei tornava, la cercava nel suo letto.
Inutili furono le risate di scherno di lui, credevo solo a lei.
In realtà non era vero nulla. Lo scoprii più tardi, quando ormai era scomparsa  la mia gelosia. E contemporaneamente ero guarita dal mal d’amore. Sono sempre  più convinta che un sentimento alimenta l’altro. Quando svanisce la gelosia, svanito l’interesse, è perché svanito è l’amore. Cosi fu.
Non ero più ammaliata da lui. Lucida e desta, cessato l’effetto narcotico dalla fascinazione, lo vedevo nella sua luce reale. L’uomo d’azione, il pirata, così lo conobbi, impressionata da quello che esteriormente rappresentava, senza notare, perché ancora celati, risvolti brutali che avrebbero ucciso in me ogni traccia di sentimento.  
Sentiva che non l’amavo più, deducendo perciò che avevo altro per la testa.
Aveva sempre avuto un temperamento geloso e possessivo. Ero costretta a sotterfugi per andare a trovare mia figlia. Non potevo salire in casa. Avrei potuto incontrare il mio ex marito…cosa per lui intollerabile. Diventava talmente furibondo che per evitare baruffe mentivo ogni volta.
Era geloso di tutto. Perfino delle mie amiche. Delle nostre confidenze. Era convinto che loro “sapessero” tutto di me. Particolari intimi dai quali  si sentiva escluso.
Più aumentava la sua paranoia e più cercavo di sfuggirgli, più gli sfuggivo più mi odiava.
Ma al contrario di me, mi amava follemente. Mi amava di un amore malato, disperato, incontrollato. Ora lui non c’è più. Non concepiva di essersi ammalato. Stroncato, dopo quattro mesi di agonia. Improvvisamente capì che non l’avevo mai tradito. Passavo giornate intere in casa per assisterlo; di tanto in tanto sentivo la necessità di uscire, di recuperare forze fisiche e psichiche. Era lui che mi invitava a farlo, non sapeva dove andassi, ma mi aspettava fiducioso. Per la prima volta, dopo venti lunghissimi anni di supplizi, non temeva più nulla.
Un amore diverso, un amore cristico, l’àgape, che tutto riconcilia, tutto appiana, trasforma, questo è diventato il rapporto quando la malattia è comparsa all’improvviso nella nostra vita.
Questo epilogo dolorosissimo ha reso di colpo futile ogni cosa. Anni avvelenati per niente, aggrappati a convinzioni assurde, per giungere ad una  matura  consapevolezza;  riconoscere che avevamo girato vorticosamente, inutilmente attorno ad ectoplasmi creati ed alimentati dalla nostra stupida, ottusa, insensata gelosia.