TU ERI QUEL TITOLO ESATTO (TRA ME E SOPHIA) - ALKIMIAS

Io lo seguivo a qualche passo di distanza
Era così che accadeva spesso.
E’ così che camminavi. A testa bassa, reclinata.
Tu hai aspettato che le tue gambe tornassero agili, che i tuoi tendini si librassero di nuovo scattanti.  Correvi più del vento, prima che…….

E’ questo che vuoi dirmi adesso, Sophia?
Scendi da quel quadro, fatti donna una volta soltanto.
Una volta soltanto.

Ti vedi ?
Non hai più occhi; la vita ?
Tu ce l’avevi una vita, cazzo. Ce l’avevi e adesso sei tornata a dirmi del silenzio ?
Ti ha messo su questo quadro solo per testimonianza ma t’ha dipinto esattamente come eri.
Pavida, senza carattere, priva di emozioni…..oh, no, non priva. privata, vero Sophia?

Chi eri Sophia?
Tu eri quel titolo esatto – il silenzio di Sophia –
Eri tu quel titolo.

Eri la sua bambola privata. Privata come la stanza dei giochi proibiti, come il funerale a rintocco dei tuoi piccoli anni e lo vedo quel nero, lo vedo dietro le tue spalle.
Un nero così opaco che è pece e che allora era solo buio pesto, una girandola a labirinto dentro i gufi della notte.
E la notte aveva troppe ore da smaltire in silenzio fino all’alba. Vortici scoscesi attanagliati sulla bocca, la tua bocca dalle troppe grida irrisolte.

Ti aveva mai detto che le bambine come noi stavano rattrappite nel buio, che si attaccavano alle lenzuola sfidando le tenebre e il suono dei quei passi nel corridoio.
I ‘suoi’ passi che venivano a trovarti e ti obbligavano a seguirlo.  

Oh, c’è da ridere Sophia, mio dio.  
Da tanto non venivo quassù in soffitta a trovarti.
E tu non ridevi, no. Tu tacevi, lo hai fatto per anni, per tutti quegli anni in cui lui ti riempiva la pancia  e ti circondava di carezze affettuose perché lui era così bastardo che ti voleva bene davvero, non era solo per piacere. Era carne della tua carne. Era tuo padre…

Shhtt ! Ti metti l’indice sulle labbra, rabbrividendo adesso. Inorridisci, risenti l’orrore.
Taci ! Taci! Taci!
Mi  gridi questo, ancora ?  Ancora mi minacci, Sophia?

Smettila adesso perfavore, lasciami in pace.
il tuo segreto è racchiuso qui ed io lo conosco.
Non è una tela a dirmi dei tuoi occhi morti.
Li vedo, li ho veduti e li ho odiati i tuoi occhi. La tua incapacità di ribellione, la tua docilità alla bruttura, la tua sottomissione alla violenza, alla superiorità, alla paura, all’affetto.
Che donna saresti diventata ?
La donna di questo quadro.

Invece no,  sei riuscita ad uscire dalla tela. In una notte di follìa e di pianto, in una notte di temporale quando il cielo si schiantò nel cuore di una madre e tu nascesti e scappasti e parlasti finalmente….tu avevi di nuovo la tua lingua, quegli occhi spauriti ma vivi, quelle mani e quel cuore vergine che ti aveva salvaguardato dalla follia degli abissi senza più ritorno.
Avevi di nuovo le tue gambe a correre via nel vento.
Eri tornata.

Oh, eccoti qui, Sophia.

Eccomi qui Sophia.

Siamo di nuovo unite nel nostro intimo segreto e tu lo sai che ci divide solo questo quadro.
Questo quadro che come uno scrigno contiene la mia vita precedente.
Quella che ti ho lasciato e che ho dimenticato e crocefisso e risorto e poi dipinto
parlandoti di me.